Iginio Massari ci fa scoprire i dolci della tradizione bresciana
Bossolà, Persicata, Biscotto Bresciano: sono i tre cateti su cui poggia il teorema di Massari sulla cultura dolciaria della città della Vittoria Alata.
Tre dolci della tradizione povera, nati spesso da una povertà antica difficile da immaginare nella ricca Brescia di oggi. Stupisce e ammalia che a ricordarsene sia una star mondiale dell’enogastronomia, quel premiatissimo Iginio Massari che tra i tanti allori ha ricevuto anche quello di miglior pasticcere d’Italia.
Abituato agli onori dei media e alle luci della ribalta televisiva, Masterchef di Sky in testa, non lo immagini impegnato strenuamente in difesa dei prodotti più semplici, poveri ma identitari della sua amatissima città, nella quale è sempre rimasto.
La città in cui nel 1971 ha aperto la Pasticceria Veneto: da qui è partito alla conquista del mondo e qui ritorna sempre.
Lo puoi trovare alle 8 della sera che sistema i tavolini esterni del locale sotto una pioggia battente. Un locale dove, pur in mezzo a un trionfo di quell’altissima pasticceria artistica che fa svenire influenti critici e sofisticati gourmand, troneggiano comunque loro, i prodotti che si porta dietro dalla memoria di bambino, quando rappresentavano una delle rare gioie zuccherate di chi poco o nulla aveva.
Lo abbiamo visto in tv sicuro e imponente sciorinare la sua autorevolezza, dicendo la sua sui massimi sistemi dell’arte pasticcera.
Lo vediamo di persona con un’altra luce nello sguardo. Sarà perché non gli chiediamo di creme raffinate o di prodezze caramellate, ma dei dolci della sua città. Pur nel suo rigoroso aplomb, sembra affacciarsi in quello stesso sguardo un’emozione diversa.
Allora ci tira fuori alcune delle ponderose pubblicazioni e ce le fa leggere a voce alta: seduti in un tavolino del suo locale, al ripario dal diluvio, ci impartisce una lezione di Storia da Master universitario. Dice parole definitive sull’influenza decisiva delle abitudini alimentari nelle vicende antropologiche. Erige un monumento a chi le vicende dell’Umanità le ha decise alla luce fioca di un tinello anziché tra i bagliori di una battaglia epocale.
Ci commuove senza usare un filo di retorica. La potenza la lascia ai fatti: parlano di una tradizione semplice, di storie quotidiane.
Eccone un sunto.
Ah, abbiamo dimenticato di dire che le cose di cui parla Massari sono buone, tanto buone da mangiare: quasi ce ne dimenticavamo, irretiti nell’intelletto.
La sofficità burrosa del Bossolà sbalordisce: è leggera come una carezza della nonna, come quella mano familiare dispensa una bontà senza indelebile nella memoria.
La Persicata è di un gusto talmente esagerato che non puoi credere nella estrema semplicità dei suoi ingredienti: le pesche del bresciano diventano più potenti del peyote, tanto è allucinante quella concentrazione di sapore.
Il Biscotto Bresciano è buono così, ma lo senti che ti chiede con forza di essere tuffato nel latte per esaltarsi. Un consiglio: evitate di offenderlo con latti globalizzati, cercategliene uno munto nella vostra zona e che sia intero. Oppure un latte di capra, naturalmente dolce di suo, il massimo dell’incontro.
Come il massimo dell’incontro è stato il tempo trascorso con Iginio Massari.