Il Cous Cous del futuro per la fame e i gourmet: a San Vito Lo Capo
La fame dei poveri ha trovato nei secoli e nei millenni il suo alimento base nel Sud del Mediterraneo. La semola di grano duro (tenero, miglio…) incocciata del cous cous, piatto migrante dal Nord Africa in Sicilia, comune a tutte le culture arabe (arrivato probabilmente dalle donne nere subsahariane).
San Vito Lo Capo da 18 anni ne fa un festival dell’incontro, di una condivisione gastroculturale che ci fa conoscere le tradizioni del mondo e le ricette globali di oggi.
Il sindaco Matteo Rizzo, ristoratore, ha cercato quest’anno un modello sostenibile, “che può fare a meno dei contributi pubblici grazie a decine di migliaia di degustazioni e gli sponsor tecnici (Bia, Electrolux, Conad) e non (Unicredit)”.
Con le Case tematiche, gli show cooking, la Gara Italiana e Internazionale con la giuria popolare pagante. Stefano De Gregorio ha vinto domenica il Campionato Italiano ed è in finale con Rocco Pace (Crick&Crock il Ristorantino), contro Vinobha Sookar (Mauritius) e Suede Barouz (Marocco).
Due proposte in evoluzione e fuga, una rivisitazione della tradizione. Claudio Sadler, due stelle a Milano, e Giancarlo Morelli, una a Seregno al Pomiroeu, hanno guidato la giuria tecnica con, tra gli altri, Sonia Peronaci (Giallo Zafferano). Perché quest’anno, per la prima volta, si è posto il problema di come superare le tradizioni madre, a San Vito quella trapanese, che ha radici in Tunisia, come quello carlofortino del resto, per entrare nella ricerca e nella sperimentazione dell’alta cucina.
Il cous cous con tutte le sue varianti, come il bulgur, può sfamare il mondo in modo sano, è mediterraneo e vegetariano (di base). La ricetta del Senegal, che ci ha fatto scoprire il miglio salato dell’isola di Fadiouth, Presidio Slow Food dove il miglio di sunnà viene setacciato e lavato in mare.
Il cous cous lo facevi con quello che c’era, orto, erbe, la carne di pollo, agnello e manzo nelle grandi occasioni, il pesce con l’idea povera della zuppa. Un trionfo di spezie, aglio (di Nubia), cipolla (di Giarratana e rossa), ogni tipo di pepe. Era il momento della convivialità e tutti mangiavano dal piatto centrale con tre dita, a San Vito trovate questo e il futuro.
Info: www.couscousfest.it
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 26 settembre 2015