Il Gran Moravia: un formaggio dell’altro mondo
LA MORAVIA
La Moravia nella Storia ha visto transitare diversi popoli sul proprio suolo. Assume una forte identità nella seconda metà del primo millennio, quando diventa la Grande Moravia, entità creata dagli Slavi, da cui prenderanno forma di popolo i Moravi e gli Slovacchi.
Un impero, attraversato dal fiume Morava, ben più esteso dell’attuale bipartizione tra Slovacchia e Repubblica Ceca. Una memoria di cui i cechi sono giustamente orgogliosi, per la sua portata culturale.
Cechi protagonisti negli ultimi anni di una significativa crescita economica, la quale ha attinto ai vantaggi della modernità senza abbandonare quanto di buono c’è stato in passato: come uno stato sociale rimasto forte, molto solidale per esempio con le mamme, le quali vengono messe in condizione di stare a casa con i propri nascituri e crescerli fino all’età di tre anni, mantenendo entrate e posto di lavoro. La stessa agricoltura è viva, considerata un lavoro di prestigio, al contrario di quanto accade in altri Stati europei.
Grande attenzione è riservata alla cura dei beni culturali, a partire dai numerosi castelli presenti nella regione, spesso visitabili e dotati di guide competenti ed efficienti.
Siamo nella zona sud-orientale della Repubblica Ceca. La nostra visita si concentra sui due centri maggiori, entrambi in passato investiti del ruolo di capitale della Moravia: Olomouc che lo è stata fino al 1641, quindi quella storica, Brno.
Città pulite, ordinate, le quali puntualmente si svuotano prima di cena, qui fissata piuttosto presto, tanto che alle 19 può capitarti di essere solo a passeggio per le piazze principali.
A ogni angolo, una targa ricorda il passaggio di qualche personalità, quasi a voler dichiarare al mondo un lignaggio che non corrisponde alla modesta importanza odierna: ecco per esempio ricordato più volte sui muri di Olomouc il maestro Gustav Mahler, boemo di nascita, il quale ha esercitato il proprio genio in vari luoghi della città.
In Moravia tutti sono pronti a ricordarvi che qui hanno avuto i natali i padri di diverse discipline: Sigmund Freud per la psicoanalisi, Gregor Johann Mendel per la genetica, Alfons Mucha per la corrente artistica dell’Art Nouveau. Di questo stile, noto anche come Liberty, diverse applicazioni sono ancora significativamente visibili nelle città morave. Ne è un esempio Villa Primavesi a Olomouc, gioiello del periodo secessionista voluto da un’antica famiglia italiana, edificio di grande pregio la cui gestione è stata da poco rilevata dalla famiglia Brazzale.
Al suo interno, un ristorante, orientato sulla cucina italiana, sulle cui pareti si fanno notare diverse immagini frutto dell’estro di Gustav Klimt, di cui i Primavesi furono mecenati, commissionandogli diversi lavori, realizzati proprio negli ambienti che adesso accolgono il locale.
L’enogastronomia di queste zone è segnata da carne, qualche pesce di fiume e zuppe, mentre tra vini internazionali radicati da tempo fanno capolino alcuni pregevoli autoctoni.
Andiamo a provare cucina e vini della Moravia al Moravská Restaurace, in Horní náměstí 23, a Olomouc.
Tra i piatti della tradizione e fughe nella cucina internazionale, colpiscono alcune preparazioni.
Per esempio la loro versione del paté de foie gras, qui chiamato paštika z husích jater: quasi brutale rispetto al modello francese, ma proprio per questo in grado di regalare sensazioni inedite. L’aggressività del sapore della carne viene mitigata da una salsa al ribes che crea una distonica armonia molto gradevole.
Lo chef del Moravská poi ci ricorda che questa è terra di selvaggina, servendoci un petto d’anatra particolarmente succulento.
La vetta però la toccano le zuppe. In questo ristorante abbiamo provato un’ostica ma appagante zuppa di crauti con salsa casalinga, acidissima come si conviene alla materia prima.
Più delicata la zuppa di verdure che ci serviranno in un altro rustico locale dell’interno della Moravia: ma l’affiorare di carote e patate è stata come la quiete che annuncia la tempesta gastronomica che sta per irrompere…
… ovvero un intero maiale di quaranta chili cotto allo spiedo per ore a fuoco lento! La morbidezza delle carni ricorda la cremosità del maialino da latte preparato alla maniera sarda, compresa la croccantezza irresistibile della cotenna.
Se vi sentite intrigati da questa cucina, vi suggeriamo allora di completare la panoramica della gastronomia ceca spingendovi duecento chilometri circa più in là, direzione Praga, per raggiungere il ristorante Stará Myslivna.
Fondato dall’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, si trova all’interno del Castello di Konopiště, vicino Benešov, a circa 40 chilometri dalla capitale (www.staramyslivna.com).
E’ specializzato in cacciagione (tra cui la carne di daino), oltre che in piatti tradizionali del territorio.
Noi abbiamo provato un ottimo brodo di fagiano che loro servono con ovetto di quaglia e sherry. Inevitabile poi la strepitosa zuppa di gulash.
Un piatto su tutti poi si staglia nella memoria, gli straordinari gnocchi di Karlovy Vary: potrebbero essere un accompagnamento, ma svettano facendoti dimenticare tutto quanto hanno intorno.
I diffusissimi knedlik, simili ai canederli altoatesini ma con gusto tutto loro, si ritrovano nel piatto ceco più popolare, il vepro knedlo zelo, tenerissimo arrosto di maiale accompagnato da sale o croccanti crauti.
Per i dolci, consigliabile un ritorno in Moravia: qui si fanno delle deliziose focacce farcite con la celebre buonissima (anche da sola) ricotta di Olomouc, città che da sempre si fa apprezzare per la produzione di formaggi.