Il Museo Archeologico Nazionale di Atene, magniloquente summa della civiltà dell’antica Grecia
Se vale la metafora letteraria secondo la quale il viaggio in Grecia equivale a un ritorno, a maggior ragione si può affermare che una visita al Museo Archeologico Nazionale di Atene ha lo spessore di una potente riflessione sul nostro Essere, portando il visitatore al cospetto delle proprie radici paniche, spostandolo dal proprio piedistallo solipsistico per ricollocarlo opportunamente nell’ambito di una collettività sorretta dalla millenaria lezione di un popolo in grado di infondere la spinta primordiale più compiuta e influente al Pensiero e ogni sua applicazione: in questo modo l’allestimento assume l’aura di percorso sacro e l’esposizione si fa rituale, spogliando per una volta da ogni retorica il concetto di Tempio della Cultura.
Il Museo Archeologico Nazionale di Atene, ospitato in un edificio neoclassico costruito alla fine dell’Ottocento che conta una superficie di 8.000 metri quadrati, si presenta come “il più grande museo della Grecia e uno dei più importanti al mondo: originariamente destinato a ricevere tutti i reperti degli scavi ottocenteschi, principalmente dall’Attica, ma anche da altre regioni del Paese, assunse gradualmente la forma di un Museo Archeologico Nazionale centrale e si arricchì di reperti provenienti da tutte le parti del mondo greco; le sue ricche collezioni che contano più di 11.000 reperti offrono al visitatore un panorama dell’antica civiltà greca dall’inizio della preistoria alla tarda antichità”.
Le Mostre permanenti contemplano la Collezione di antichità egizie che copre tutti i periodi di tempo di tale civiltà, la Raccolta statica che cattura la passione per il salvataggio dei tesori del nostro patrimonio culturale antico e moderno, la Collezione di opere frutto della lavorazione dei metalli con molti reperti originali unici, tra statue, figurine e opere in miniatura.
Molto dettagliata la narrazione delle civiltà che hanno composto il mosaico sociale della Grecia antica, attraverso la Collezione di antichità micenee con le sue irradiazioni verso l’Asia meridionale, in un peregrinare dal Vicino Oriente e dall’Egitto al Mediterraneo occidentale e all’Europa nordoccidentale, quindi la Collezione di antichità neolitiche le cui opere colpiscono così tanto per la loro diversità, tanto da indurre il visitatore a indagare il mistero dell’ispirazione e della polisemia.
Di stupefacente grazia la Collezione di antichità delle Cicladi che include reperti unici di tutti i suoi periodi, in cui emergono le più armoniose forme muliebri mai concepite.
E’ quindi la volta della Collezione di sculture che presenta l’evoluzione di tale antica forma d’espressione greca dal VII al V secolo d.C., mentre la Collezione di antichità cipriote evidenzia vari aspetti della vita di un tempo nell’isola, toccando ambiti quali la religione, l’arte e il commercio.
La sezione dedicata al vetro sintetizza la lunga storia della sua lavorazione, così come l’Esposizione di gioielli impressiona per la ricchezza dei monili.
Di sterminato valore antropologico la Mostra di idoli con le sue circa 550 figurine di creta presentate in due sale in base alla loro evoluzione cronologica.
La Collezione Vlastou-Serpieri offre 776 oggetti tra vasi ellenistici e in vetro, statuette, utensili e gioielli in oro e argento, mentre per quella di Vasi e Piccoli Mestieri è necessario percorrere quindici locali dislocati lungo 2.000 mq. di spazio espositivo che comprendono più di 250 vetrine e 5.500 reperti, fino alla Collezione di antichità di Thera che cattura il visitatore soprattutto con i celebri affreschi, tra cui quello della Primavera.
Tanti gli incontri emozionanti, a partire dallo stupore suscitato dalla capacità di lavorazione dei metalli preziosi, tanto per la prodigiosa tecnica quanto per l’elevato livello estetico…
… la potenza ancora vivida di icone della ritualità religiosa e le sagomate affermazioni materiche dell’esigenza apotropaica…
… l’affermazione atavica di un segno pittorico testimone sì del suo Tempo ma che quello stesso tempo è riuscito a sublimare attraverso la creazione di universi cromatici in grado di sfidare l’eternità…
… lo spudorato attingere alle misure della monumentalità senza mai temere eccessi figurativi urlati, bensì con la consapevole funzione di spingere l’osservatore a sollevare il proprio sguardo anche in senso metaforico…
… utilizzando l’imponenza spaziale per affermare in maniera apodittica i canoni della perfezione, come affermato dalle geometrie muscolari del Giove di Poseidone…
… abbassando subito dopo la voce per ascoltare il sommesso sussurro del mistero dell’oltretomba indotto dalla visione di lekythos funerari che sembrano proiettarsi verso il cielo nello slancio verso un assoluto consolatorio…
… con il conforto allo sgomento che giunge dall’ineguagliabile materializzazione della Bellezza in ogni sua declinazione incarnata dalle cangianti Muse pronte a mutare in musica, poesia e danza, traducendosi nella complessa dinamicità di quella Choreia in grado di assorbire ogni espressione artistica per restituirla in forma di sinestesia, ancora un parto dell’antico idioma per il quale syn significava insieme e aisthànesthai equivaleva a percepire, ma al tempo stesso una porta spalancata sulla modernità della percezione.
Tra la potenza dei messaggi lanciati, l’urgenza del viaggio come necessità non soltanto dell’epica omerica ma anche di quella quotidiana di ogni essere vivente…
… e l’inevitabile ammonimento del memento mori espresso senza morbosità lugubre tramite il continuo divenire dell’esplorazione archeologica nel suo necessario scavo perennemente in fieri.
La visita richiede impegno tanto all’intelletto quanto al fisico, alla stregua di certe funzioni religiose, non per esigenze di espiazione ma perché l’immensità dell’antica civiltà greca pretende rispetto e considerazione come nessun’altra, chiedendo al visitatore di compiere pure materialmente qualche passo in più in omaggio a una Cultura che di passi significativi a sua volta ne ha fatti compiere tantissimi all’Umanità intera.
Il Museo è consapevole di tale sua inarrivabile superiorità morale, tanto da non cedere alle sirene della moderna museologia con il loro salmodiante invito a ridurre il numero dei reperti esposti rinunciando alla magniloquenza muscolare per rifugiarsi nella più snella accessibilità popolare dell’oggetto elevato a sineddoche: un luogo speculativo così sacro lo si incontra una volta nella vita, deve quindi lasciare il segno in ogni senso, pertanto la presunta ridondanza delle sollecitazioni gnoseologiche muta in eterna eco nella sensibilità del visitatore.
Info: https://www.namuseum.gr/