Il Museo del Risorgimento nella casa natale di Mazzini a Genova, storia dell’identità di una nazione
Il racconto vibrante delle fondamenta socio-antropologiche del Paese attraverso la concretezza del reperto storico e la trepidazione della cronaca in tempo reale nella cristallizzazione del documento eternato: il Museo del Risorgimento ospitato da Casa Mazzini in via Lomellini 11 a Genova è un autentico servizio alla nazione, supporto alla coscienza civile quanto alla crescita culturale di ogni singolo visitatore che qui più che mai assume le vesti del cittadino consapevole.
Si tratta di un museo ormai secolare, essendo stato inaugurato il 5 maggio 1915 nel Palazzo Bianco per poi trasferirsi dal 1934 nell’attuale sede, perfettamente contestualizzata trattandosi della casa natale di Giuseppe Mazzini.
Il percorso espositivo ha il dichiarato intento di ripercorrere “le vicende storiche che hanno portato all’Unità d’Italia, dalla rivolta genovese anti austriaca del 1746 all’inaugurazione del Monumento ai Mille di Quarto nel 1915”.
Impressiona la ricchezza del materiale in mostra, un “cospicuo patrimonio storico, artistico e documentario” stratificatosi grazie a donazioni e acquisti fin dal XIX secolo, il quale comprende “dipinti, stampe, manifesti, sculture, documenti, fotografie, divise, armi, bandiere e cimeli”, coprendo un “arco temporale che travalica la stretta cronologia risorgimentale e dal XVIII secolo giunge fino al secondo conflitto mondiale e alla Liberazione”.
Molto dettagliata la progressione cronologica della narrazione, scandita da ricche didascalie dal chiaro intento didattico, con il pregio di associare la chiarezza e la sintesi alla puntualità delle informazioni.
La ricostruzione del fenomeno indagato vede così tappe fissate già nel XVIII secolo, riferendo le condizioni politiche e territoriali della Repubblica di Genova che allora comprendeva pure Liguria e Corsica, con le famiglie nobili al governo alle prese con difficoltà economiche e minacce d’invasione, condizioni alla base dell’esasperazione popolare sfociata nell’insurrezione del dicembre 1746, germe dal quale scaturirà l’affermazione del vento libertario scatenato dalla rivoluzione francese, arrivando alla caduta dell’oligarchia.
Fin da questo punto si afferma l’idea più forte dell’esposizione, quella di commentare gli eventi storici con l’ausilio della pittura coeva, quasi in guisa di anticipazione delle testimonianze fotografiche e audiovisive ancora non esistenti.
Si apprezzano così le opere di Felice Guascone quale “interprete dello spirito dell’opinione pubblica genovese”, il quale agisce come cronista “mescolato con la gente comune protagonista dei suoi quadri”, tra i quali spiccano La libertà. Allegoria del 1797, interpretazione appunto allegorica della caduta del governo aristocratico genovese…
… e ancora Entrata di Vittorio Emanuele I a Genova dopo l’annessione della Liguria al Piemonte 8 febbraio 1815, realizzato nel 1818, entrambi caratterizzati da una patina anticata tesa a rendere soffusa l’atmosfera, come volesse mutarla in ricordo collettivo attraverso il velo dell’istante fissato.
Notevole anche il lavoro di Giuseppe Comotto, di cui colpisce Assalto e presa della Porta di San Tommaso per opera del popolo 10 dicembre 1746 dipinta nel 1747.
Tanti i cimeli che fanno vibrare la corda dell’emozione, a partire dal “primo tricolore sventolato a simboleggiare l’Italia unita e repubblicana”, come i due apparsi nella processione di Oregina del 10 dicembre 1847 svoltasi a Genova per ricordare la cacciate degli austriaci del 1746, uno dei quali impugnato da Goffredo Mameli.
Di bandiera importante però ce n’è anche un’altra, quella garibaldina all’insegna del motto Libertà o morte, 1854, appartenuta al capitano marittimo Francesco Devoto che Garibaldi incontrò durante il secondo esilio.
Garibaldi è protagonista di un’ampia sezione dell’allestimento, la quale sovente si sofferma intelligentemente sui dettagli del suo mito e la potenza di comunicazione ancora intatta, a partire dall’iconico abbigliamento capace di renderlo personaggio oltre i propri connotati storici, come la celeberrima Camicia Rossa adottata nel 1843, contribuendo alla formazione di una divisa che comprendeva pure i blu jeans, di riscoperta origine genovese…
… o la testimonianza ancora più privata di una camicia in lino bianco e di un panciotto appartenuti a lui personalmente, inseriti in una teca accanto a un ritratto di Anita.
Di estremo interesse la parte riservata ai Manifesti del periodo 1930-1945 selezionati da un’ampia collezione comprendente quelli propagandistici del periodo fascista della Repubblica Sociale Italiana e gli altri post-bellici dell’appena nata Italia repubblicana…
… senza dimenticare esemplari che veicolano combattivi messaggi del Comitato di Liberazione Nazionale…
… e illustrano fasi drammatiche della lotta che ha liberato la nazione.
Anche la Prima Guerra Mondiale è ricordata, nella sua cruda drammaticità, palesata dal livello rudimentale di armi e accessori usati in quel primo ventennio del XX secolo.
Tra gli angoli più commoventi, l’affresco materico della nascita del nostro Inno Nazionale, con la musica scritta dal poco citato Michele Novaro e i testi immortali di Mameli che qui si possono osservare nel manoscritto autografo della prima stesura di Fratelli d’Italia, contenuta in un quaderno appartenuto al poeta…
… insieme a scritti con firme originali dei due realizzatori del canto identitario degli italiani, affiancati da una delle sue prime edizioni a stampa.
Il culmine lo si raggiunge al secondo piano del Museo dove è stato “ricostruito lo studio di Mazzini, con la sua scrivania ed alcuni oggetti che gli appartennero (occhiali, portacarte, cassetta con l’occorrente per scrivere, scacchiera con pezzi e portapezzi)”, tra cui “la sua amatissima chitarra che portò con sé in esilio e con la quale, esperto di musica qual era, soleva accompagnarsi”.
Tanti i documenti a lui riferiti…
… e i quadri che lo raffigurano, come quello di Giuseppe Pennasilico commissionato dal comune di Genova nel 1905 per celebrarne il primo centenario dalla nascita…
… e quello straziante che lo vede sul letto di morte…
… mentre i pannelli si confermano opulenti nell’assolvere la missione pedagogica a essi affidata, precisando ogni passaggio della vita di Mazzini.
Una lunga e accurata visita al Museo del Risorgimento di Genova assume così i connotati del tragitto interiore, fornendo risposte alle interrogazioni della coscienza e infondendo nella maniera più efficace il senso di appartenenza a una comunità, per la quale sono state immolate vite ed elevati principi e pensieri.
Un’esperienza obbligatoria per chiunque voglia sentirsi italiano o meritare di esserlo.
Info: https://www.museidigenova.it/it/museo-del-risorgimento