Il Pallagrello, memoria vitivinicola campana in Bianco e Nero, da il Verro
Potete scomodare la memoria audiovisiva, iconicamente legata al bianco e nero delle vecchie foto o ai primi vagiti della televisione. Oppure evocare il gioco degli opposti da sempre incentrato sul bianco che simboleggia l’unione di tutti i colori e il nero che ne è la totale assenza. O volare ancora più alto nei temi dello spirito e ricordare l’idea di yin (nero) e yang (bianco) radicata nell’antica filosofia cinese.
Sono davvero tante le suggestioni date dal contrasto cromatico assoluto, più che mai in campo enoico, se si considera quanto sia raro che un vitigno abbia entrambe le declinazioni. Accade con il Pallagrello che esiste sia come uva a bacca bianca che rossa. Per questo assume le denominazioni di Pallagrello Bianco e Pallagrello Nero, a indicare due vini ben diversi organoletticamente ma accomunati da forte fascino.
Si tratta di un autoctono strettamente territoriale, appartenente alla provincia di Caserta, in un’area di antichissima vocazione vitivinicola.
Non è un caso che a curare e a valorizzare questo vitigno sia anche la cantina locale più sensibile in assoluto, Il Verro, la quale si è già distinta per avere salvato dall’estinzione e rilanciato l’atavico Coda di Pecora, quando era ormai stato dimenticato.
Il suo Pallagrello Bianco in purezza si chiama Verginiano e si presenta con intensi profumi floreali e uno spettacolare ingresso al palato, traducendosi in un nettare denso, succoso, materico, dai sublimi toni di albicocca matura.
Il Pallagrello Nero, anch’esso in purezza, coraggiosamente maturato in acciaio e bottiglia, quindi senza alcun apporto del legno, dà vita al vino omonimo, dall’intenso bouquet balsamico con sentori di pepe nero: il tannino ti abbraccia subito, saettando tra acidità e profondità di sottobosco, mantenendo fresca la beva.
Abbiamo chiesto a Cesare Avenia di raccontarci la storia del vitigno e le caratteristiche di questi suoi due cloni.
Info: www.ilverro.it