Il Paradiso (della Pizza) esiste… è a Vimercate (MI)
Hanno provato a immaginarlo in tanti, qualche poeta lo ha idealizzato o lo ha ritenuto “perduto”, i pittori lo hanno riempito di cherubini e i credenti di speranze, mentre i laici si sono affannati a trovarlo sulla Terra, segnalandone magari la presenza in terre esotiche. Tra visioni e farneticazioni, finalmente una certezza: sì, il Paradiso esiste, non sulle nuvole né tra le palme, bensì in una periferia brianzola.
In questo Paradiso non ci si nutre di beatitudine, ma di pizza, soltanto quella. Ma che pizza. Tra le più buone d’Italia, come minimo. Certamente quella frutto della ricerca più spasmodica per la sua base, le farine. Nonché per la sua cultura. Un intero menu di pizze che hanno lo stesso valore di una biblioteca prestigiosa. Perché al Paradiso della Pizza di via Passirano 20 a Vimercate hanno preso molto sul serio l’impasto lievitato identitario del nostro Paese.
Mentre tante, troppe altre pizzerie pensano a come rimbambire i clienti con i condimenti, qui si impegnano invece a educarli al culto dell’impasto. Ti insegnano così che non di sola farina, acqua e lievito, si tratta. Il gestore Marco Locatelli sale in cattedra per spiegarti di quante diverse farine può essere composta la base di una pizza, trasformando un’allegra mangiata anche in un master di Cultura agricola, incentrato sul patrimonio dei grani italiani, a partire da quelli antichi. Con annesso seminario su tutte le possibili forme di lievitazione naturale.
Soltanto che la cattedra qui è sostituita da un crepitante forno a legna, mentre al posto della bacchetta Locatelli impugna ogni giorno la pala per infornare: l’umiltà dell’uomo gli fa credere di essere soltanto un artigiano, invece è un filosofo agro-pastorale e insieme un esploratore di gusti ancestrali. Ci sarebbe da aggiungere una laurea honoris causa in chimica, per la continua ricerca sulle forme di lievitazione e lo studio delle cotture, tra fuoco e materia.
Ah, dimenticavamo di parlare dei sapori: be’, diciamo pure che da Napoli in su, facciamo fatica a trovare una pizza così buona. E probabilmente non ce n’è. Che amiate o meno la pizza, venire in questo locale dovrebbe essere garantito dalla legge del (buon) gusto come un obbligo scolastico, perché questa è tra le poche università pratiche al Nord in cui si possa imparare a mangiare la pizza. L’importante è che non badiate all’estetica del locale: superate questo scoglio e vi si schiuderanno le porte del Paradiso.
Il suo ingresso è effettivamente spiazzante, vista la collocazione dentro un centro commerciale che non brilla certamente per l’estetica. Fuori non c’è nemmeno l’insegna che segnali la presenza di una pizzeria. Fate come noi, vincete le remore superficiali e tuffatevi nella sostanza.
Perché quando si mette piede dentro la pizzeria, si avverte la stessa sacralità di un luogo di studio. Si passa mezz’ora buona a leggere avidamente cartelli che descrivono la filosofia del locale, dalla materia prima alla lavorazione, passando dallo stordimento davanti alla lista degli ingredienti usati all’eccitazione per la scoperta dei birrifici artigianali che il banco frigo propone in maniera ordinata in tutto il loro catalogo.
Già fare un giro dei pochissimi metri quadrati del locale appaga talmente tanto l’intelletto che quasi ti scordi che sei lì per divorarti delle pizze che profumano di leggenda.
A riportarci verso la nostra missione golosa è l’apparire della prima pizza, una Margherita classica che chiarisce già tutto: a prima vista sembra uscita dal forno di Starita a Napoli, perché alta ma croccante, non soffice e ariosa come quella magistrale di Michele sempre nel capoluogo partenopeo.
Se la mente corre alla patria di questa pietanza, il palato ti manda un altro segnale: la pizza di Locatelli ha una personalità accecante, con quel profumo di campagna dovuto alla naturalezza del lievito madre e alla ricercatezza delle farine. Così una semplice Margherita brilla per la sontuosa lievitazione, il perfetto equilibrio organolettico, le eccellenti materie prime.
E’ soltanto l’inizio. Capisci di essere veramente in Paradiso quando ti arriva la prima delle loro pizze speciali caldamente consigliate, sormontata da un condimento che sembra una ricetta gourmet: tre tipi di cavolo – cappuccio, rosso e nero – spadellati con pecorino di fossa.
Non un pecorino qualsiasi, ma quello prodotto dal maestro affinatore Vittorio Beltrami a Cartoceto, in provincia di Pesaro e Urbino. “Noi siamo produttori e affinatori di formaggi, siamo in terra di pecorini, nelle Marche e il nostro mestiere ci chiama a lavorare con grande passione e grande artigianalità”: così si presenta l’azienda…
… specificando di essere “una realtà che trova le sue fondamenta nella famiglia che lavora tutta affondando i piedi nella Terra e in agricoltura e lì troviamo i valori che guidano la nostra filosofia di produzione; abbiamo ormai coniato una parola che funge da lume alla nostra traiettoria: retroinnovazione. Essere capaci sempre di guardare indietro, alle radici, alla storia, ai punti di partenza […]. Questo facciamo con i nostri formaggi, con il nostro olio, con il nostro lavoro”.
Il loro lavoro dà vita a un pecorino la cui maturazione in fossa potenzia l’impatto al naso senza pregiudicare l’eleganza al palato: veri complimenti.
La pizza con tutte queste meraviglie sopra presenta un impasto speciale così corposo da rendere esaltante la masticazione: merito anche delle farine e dei grani di provenienza, per il 25% Senatore Cappelli integrale e per il rimanente 75% grano tenero tipo 2 del Podere Pereto.
Impasto ingentilito dalla freschezza degli ortaggi, a loro volta resi maliziosi dal contributo del formaggio. E pensare che la propongono letteralmente come una “pizza del cavolo”…
Passiamo alla pizza “consiglio”: è con fette di zucca, blu di capra dell’azienda agricola Il Boscasso e pancetta salamata della Vecchia Bottega di Borghetto. Il formaggio di capra del Boscasso naturalmente si prende subito la scena, ma viene subito insidiato dalla succulenza della pancetta e dalla fragranza dell’impasto. Quest’ultimo è di farro integrale e sembra provenire dall’alba dell’Uomo, tanto sviluppa piaceri ancestrali. In fondo ti accorgi della discreta presenza della zucca, lasciata croccante, facendo scattare l’appaluso a Locatelli.
La commozione deflagra quando arriva la quarta pizza, con impasto chiamato Trebbie, tra i più particolari finora mai provati in tutta Italia. Qui siamo davanti a un miracolo, quindi per descriverlo meglio far parlare la loro bibbia, la quale descrive l’impasto Trebbie come “la filosofia del riciclo applicata alla pizza; le trebbie non sono altro che il mix di cereali che resta dopo la fase di filtraggio nella produzione di birra. Di solito vengono considerate scarto ma, dopo averle assaporate in biscotti e pane, ecco che ci è venuto in mente di metterle nella nostra pizza. Per renderle durevoli le asciughiamo nel forno a legna, passaggio che dona loro anche una particolare nota di tostato, e, dopo averle reidratate, le impastiamo con un mix di due farine: una tipo 2 per valorizzarne la rusticità e una di orzo per richiamare il cereale utilizzato nella birra”.
Il risultato è un impasto rugoso che sarebbe di una bontà esagerata anche senza alcun condimento. Immaginate poi cosa accade se, su nostra richiesta, viene arricchito con i prodotti del territorio vimercatese e dintorni. La pancetta dell’azienda Micheli Morris di Sotto il Monte Giovanni XXIII (Bergamo) è nervosa e coriacea. Il caprino freschissimo di pochi giorni della Capriccio di Cernusco Lombardone è speciale per delicatezza e sentori. Perfino la cipolla è straordinaria, gradevolmente irsuta al naso e dolce in bocca: la produce Il Gelso di Mezzago.
A questo punto non ci rimane che vedere come lavora concretamente Marco Locatelli, assistito da Giulia Battafarano. Sarebbe dovuta essere la spiegazione pratica di come fanno la pizza, si è trasformata in una vera lezione d’arte che vi invitiamo a seguire dall’inizio alla fine.
Info: www.ilparadisodellapizza.it
La birra artigianale lombarda al Paradiso della Pizza di Vimercate
Come nei locali radicali dove si serve soltanto la vera pizza, al Paradiso della Pizza di Vimercate non troverete né vino né dolci. Potete però trovare dell’ottima birra artigianale lombarda a chilometro zero. Le aziende scelte sono infatti in buona parte del territorio.
Già in pizzeria vi suggeriscono abbinamenti tra ogni tipo di pizza e una birra, noi abbiamo voluto fare un diverso percorso. Nel corso del quale siamo incappati in una sola delusione, proveniente dalle sopravvalutate birre di Carrobiolo: troppo attente alla forma, puntano a una pulizia eccessiva che non si trasforma in eccellenza, rimanendo delle birre di buona qualità, ma incapaci di emozionare. Vale certamente per l’aurea mediocritas della loro Fermentum.
Si sale di qualità con il brianzolo Birrificio Rurale di Desio. La premiata Birra 3° Miglio è una American Pale Ale “dedicata alle varietà di luppolo americane”, delicatamente amara e molto elegante.
Della stessa casa è però più convincente la Reset con i suoi malti prepotenti che lasciano il segno, grazie alla “abbondante luppolatura con le migliori varietà aromatiche americane”, infatti è “ispirata allo stile American Amber Ale”.
La migliore in assoluto provata nel locale è la Rebelde del “micro-birrificio artigianale” Orso Verde di Busto Arsizio: profumo di fieno appena reciso, con sentori di frutta molto matura, è decisamente amara e restituisce un senso di pulito; dolce e cremosa la spuma. E’ una Strong Ale Ambrata “di grande personalità, ottenuta miscelando malti belga e luppoli aromatici americani”: concordiamo con i produttori quando la definiscono “profumata e pericolosa”, entrambe caratteristiche positive, per chi ama la vita intensa.
Info: www.ilparadisodellapizza.it