Il ristorante Jim dell’Hotel Sassella a Grosio (Sondrio)
“E’ intorno al nome “Jim” che ruota tutta la storia dell’Albergo Sassella di Grosio. Il primo Jim fu Sassella Giacomo, detto “Strapazza”, fu lui a dare il nome all’albergo e a portare con sé dall’Australia il nomignolo “Jim” (da James, Giacomo in inglese)”: inizia così intorno agli anni ’60 la storia che porterà al Ristorante Jim dell’Hotel Sassella a Grosio (Sondrio). L’altro Jim che ne è protagonista è Giacomo Pini, pronipote del primo da cui ha ereditato il nomignolo.
Diverse le ragioni per cui si è parlato di Jim Pini negli anni, tra cui essere diventato uno dei primi sommelier professionisti in Italia e primo delegato AIS della provincia di Sondrio. Ma il “progressivo aumento della fama” si deve a quando, negli anni ’70, conquista il titolo di “ambasciatore della cucina valtellinese nel mondo”. Nel 1974 infatti segue la squadra italiana di sci alpino a St. Moritz, presentando le specialità valtellinesi al mondo che ruotava intorno alla cosiddetta “Valanga azzurra”.
Da qui la nascita del suo “ristorante itinerante” che ha seguito il circo bianco in vari spostamenti internazionali, fino ad assistere in prima persona ai trionfi di Alberto Tomba e Debora Compagnoni.
Il presente è un locale di antica eleganza la cui discrezione retrò ha disturbato qualche scribacchino digitale poco sensibile, ma che viene parecchio apprezzato da chi vuole concentrarsi soltanto sulla proposta gastronomica.
Proposta autenticamente territoriale, se si esclude qualche digressione giustificata dal dovere accontentare la variegata clientela del ristorante annesso. Sempre disponibili menu a tema aggiornati periodicamente.
Costante la presenza di selvaggina.
Carta dei vini ovviamente incentrata sul nettare identitario, la Chiavennasca valtellinese in tutte le sue declinazioni.
Ha una splendida mano il cuoco del ristorante, Diego Carnini: lo si evince da una prova del fuoco come la cottura del riso, da lui superata egregiamente con dei risotti al dente dai chicchi croccanti. Da applausi il suo risotto con zucca, culatello valtellinese e rosmarino. La cottura è perfetta quanto la mantecatura. Come chi davvero se ne intende di cucina, Carnini non fa diventare poltiglia la zucca, anzi, la mantiene gradevolmente ben croccante, ingolosendola con un buon aroma di rosmarino.
Intorno alla maestria del cuoco, il ristorante allestisce una sorta di tour della Valtellina nel piatto. Come quando presenta la tartare di capriolo, di splendida morbidezza, col suo gusto dolce e il sapore antico di carne naturale.
Saporitissime le lamelle di cervo, il cui gusto pulito rivaleggia con un delicato tocco di selvatico, ingentilito da un accompagnamento di frutta di stagione.
Giusta la chiusura con una grappa anch’essa territoriale come la Schenatti che ha sede in Tirano: di questa gloria locale della distillazione abbiamo provato la bianca di Nebbiolo, buona, ma con una simile storia aziendale ci saremmo aspettati un’emozione più forte nel gustarla.
Tuttavia accompagna bene i dolci che il locale cambia di stagione in stagione.
A fine pasto rimane il piacere per avere scoperto il talento dello chef Diego Carnini, pari alla gradevolezza della persona: ecco come ci ha spiegato il suo lavoro.
Info: www.hotelsassella.it