Cosa vedere a Tindari, in provincia di Messina
Per chi arriva a Tindari da Est, il susseguirsi di colline digradanti che si gettano in mare formando capo Tindari sembra un grande drago placidamente addormentato con, posato sulla testa, il santuario, visibile fin da lontano. Ci si inerpica lungo la schiena godendo di begli scorci sul Golfo di Patti e sulle spiagge fino a Capo di Milazzo.
Il santuario
Il santuario, costruito recentemente, ospita una Vergine nera bizantina ed è meta di pellegrinaggi soprattutto in maggio, mese mariano, e 18 settembre. A picco sotto il santuario (visibili dalla terrazza antistante) si possono vedere i Laghetti di Marinello, piccoli specchi d’acqua che il mare crea insinuandosi nella baia sabbiosa, differenti ogni volta.
La nascita di questi laghetti è legata alla leggenda di una bimba caduta dall’alto del capo a causa della madre miscredente (la donna non voleva affidarsi a una Vergine nera) e miracolosamente salvata dall’improvviso ritirarsi delle acque impetuose che lasciarono il posto, per accoglierla ed attutire la caduta, ad una coltre di sabbia soffice. Nel 1982 uno dei laghetti assunse una forma simile ad una donna velata di profilo nella quale la gente ravvisò la Madonna del santuario.
L’area archeologica
Una delle ultime colonie greche, fondata nel 396 a.C. da Dionigi I, tiranno di Siracusa, come fortezza ed avamposto militare, fu dedicata ai Dioscuri, Castore e Polluce, figli di Leda e di Tindaro; da quest’ultimo personaggio la città prenderebbe il nome.
Il teatro greco-romano costruito con blocchi di pietra arenaria dai greci nel V secolo a.C., modificato dai romani per adattarlo ai giochi circensi.
L’Agorà (I sec. a.C.) percorsa da tre grandi arterie parallele (decumani), intersecate perpendicolarmente da diverse strade più strette (cardines).
L’agorà porticato, oltre la quale, nella zona più elevata (oggi occupata dal nuovo Santuario) era situata l’acropoli sacrale della città; i resti di due abitazioni (I secolo a.C.) del tipo a peristilio con tablinium.
Le terme composte di un cortile, un frigidarium con vasca da bagno, due tepidari, un calidarium; il propileo monumentale che è un edificio costituito da quattro archi (ma di un quinto mancante si intuisce la presenza), costruito dai romani con grosse pietre arenarie e destinato a Basilica per le pubbliche riunioni, o a Ginnasio per lo svolgimento di esercizi atletici.
I resti delle mura ciclopiche, fatte costruire da Dionigi; una torre (XVI – XVII sec.), situata nei pressi del teatro.
Antiquarium
All’interno dell’Antiquarium, situato all’ingresso degli scavi, sono esposti statue marmoree di personaggi togati, una testa dell’imperatore Augusto, un capitello corinzio, ceramiche dell’età del bronzo, lucerne romane di età repubblicano-imperiale, attrezzi da lavoro e tanti altri reperti storici ritrovati in loco.
Laghetti di Marinello
La riserva è nata nel 1998 ed è affidata alla Provincia Regionale di Messina. Si estende su una superficie di circa 378 ettari ed è una delle poche aree costiere della Sicilia nord-orientale ancora in buono stato di conservazione.
Si passa dalle sabbie marine costiere agli ambienti lacustri salmastri, ai ripidi pendii e alle rupi a strapiombo sul mare. Ove il territorio lo consente, ci sono anche coltivazioni di viti ed ulivi, che ben si integrano nel paesaggio della Riserva.
Particolare valore naturalistico hanno i laghetti salmastri che caratterizzano il litorale sabbioso situato sotto le rupi di Capo Tindari, che costituiscono insieme ai laghi di Ganzirri gli ultimi esempi di ambiente salmastro costiero tuttora presenti nella Sicilia nord-orientale.
(testi sul territorio di Tindari tratti da: www.anticatindari.it).
I laghetti sono ambiti dai turisti anche per le spiagge pulite e i fondali trasparenti. I volenterosi possono raggiungerle a piedi camminando sulla battigia: affascinante, ma un po’ impegnativo in estate col sole a picco. Altrimenti si può ricorrere ai battelli che fanno la spola tra una sponda e l’altra.
Potrebbe anche capitare di imbattervi in un curiosa bar galleggiante…
Nel caso doveste avere ancora qualche dubbio sull’incanto di questi luoghi, a fugarlo ci penserà uno dei più grandi poeti che l’Italia abbia avuto, Salvatore Quasimodo, il quale a Tindari ha voluto dedicare delle liriche meritevoli di essere scolpite sul marmo come nella memoria.