La Barbera autoctona del beneventano di Simone Giacomo
Un vero e proprio vitigno autoctono del beneventano, senza alcuna parentela con il più noto vitigno piemontese: la Barbera del Sannio non è soltanto un vanto enoico di Castelvenere, ma sempre più anche un suo elemento identitario.
Un vitigno dalle alterne vicende che ha anche rischiato di scomparire, prima di tornare a nuova vita grazie a produttori sensibili e consumatori sempre più attenti agli autoctoni.
Il nome ha stimolato storie e leggende, serissime ricerche e indagini di archeo-enologia, così lunghe da avere spinto in diversi a parlare di una sorta di mistero.
Gli storici hanno trovato citazioni ottocentesche del vitigno, i tecnici invece non hanno ravvisato familiarità con la vitis vinifera campana tanto da pensare possa “essere frutto di introduzioni recenti” (http://www.sanniodop.it/pagine/static.aspx?IdArticolo=648#.Wk63JLfibIU).
La tesi accolta da Simone Giacomo dell’omonima cantina è che negli anni passati questo vino servisse per rinforzare il cromatismo scarico della Berbera piemontese, tanto da mutuarne il nome. Ma a rendere importante l’azione di questa cantina, al di là del nome e dell’origine della Barbera, è la sua vinificazione in rosso e in rosato, mentre è in sperimentazione una versione passita.
Il Beneventano Barbera IGP rosso, da Barbera del Sannio in purezza, ha profumi densi e stuzzicanti, con un ingresso in bocca all’insegna dell’acidità, mentre tra i sentori emerge subito il pepe nero, attorniato da note di mirtillo. I tannini sono volatili e discreti, notevole il finale di Ribes.
Il Barberosa è la declinazione in rosato del precedente, con un saldo al 10% di uve a bacca rossa: il bouquet profuma di petali di rosa e manifesta una nota carbonica. Al palato, l’abbrivio è di melograno, tra acidità intrigante e un seducente sospetto di abboccato.
La cantina Simone Giacomo si trova proprio a Castelvenere, nel Sannio, “ai piedi dei Parchi Regionali del Matese e del Taburno, in un paesaggio morbido di poggi e piccole valli, ricoperto da vigneti e uliveti e attraversato da costoni tufacei vulcanici e piccoli torrenti”, in cui “la tradizione della coltivazione della vite è testimoniata sin dall’epoca sannitica e la produzione del vino ha assunto, a partire dal XVII secolo, un’importanza commerciale tale da necessitare di apposite strutture per la produzione vinicola”.
Da secoli caratteristiche della zona sono le grottole, “caratteristiche cantine ipogee scavate nella roccia tufacea e dotate di oculo superiore per il ricambio di aria, per l’illuminazione degli ambienti e per la caduta dell’uva pigiata”. A questa soluzione progettuale ipogea ha aderito anche la Cantina Simone Giacomo, aggiungendo sistemi per la riduzione dei consumi idrici ed energetici e ambienti per eventi culturali.
Abbiamo chiesto al giovane titolare di raccontarci il lavoro che c’è dietro il recupero e la valorizzazione della Barbera del beneventano.
Info: http://www.simonegiacomo.it/