La carne e l’uomo: un legame che va oltre l’alimentazione
Le recenti notizie in ambito alimentare riguardanti la carne mi hanno spinto a fare alcune riflessioni sulla sua presenza nell’alimentazione e nella cultura umana. La carne è presente nella storia dell’uomo da molto tempo, a partire dalle prime comunità di cacciatori e agricoltori durante la Preistoria. All’interno delle società antiche essa fu presente in misura assai diversa: nelle civiltà del Mediterraneo ricopriva un ruolo marginale nel campo alimentare e culturale, viceversa presso le popolazioni nordiche aveva un ruolo centrale non solo nei modelli di consumo ma anche e soprattutto culturali e religiosi.
Il modello carneo fu esportato, come tutti sappiamo, alla società medievale (soprattutto dei primi secoli) di stampo fortemente carnivoro. Proprio qui essa assunse un forte aspetto sociale e culturale: mangiarla voleva dire appartenere ad un ceto sociale elevato e avere disponibilità economiche. Non solo, il consumo di carne e le pratiche di caccia erano direttamente associate all’ideale del guerriero forte e valoroso e unite dal punto di vista sociale alla “legittimazione del potere”. Per capire quanto appena affermato bisogna anche comprendere i canoni della società dell’epoca, un sistema forte, fondato su valori alimentari e culturali prettamente carnivori. Non è un caso se non consumarla voleva dire essere ai margini della società; il rifiuto poteva essere imposto o volontario. Per il primo caso occorre considerare che la sua proibizione nei confronti di un soggetto era considerata una pena molto grave; nei capitolari franchi era associata all’abbandono delle armi. Lotario infatti nel IX secolo prescrisse queste due punizioni per quel cavaliere che si fosse macchiato del grave reato di omicidio di un vescovo. Il rifiuto volontario invece era praticato in ambito monastico o dagli eremiti che rigettavano la società con i suoi piaceri e vedevano nella carne una fonte potente di stimolazione della sessualità, caratteristica che mal si conciliava con la vita religiosa.
Nei secoli successivi poi, e in forma assai diversa, essa fu per molto tempo un mezzo di distinzione sociale, cibarsene voleva dire avere disponibilità economiche e occupare i livelli alti della società. Il ragionamento fatto è rimasto valido fino a gran parte del secolo scorso: nella società rurale italiana di inizio Novecento mangiarla era un evento più unico che raro per i ceti bassi!. E oggi? A seguito di numerosi fattori quali gli scandali sulle carni contaminate o dannose per la salute, l’assenza (in passato) di tracciabilità ovvero della possibilità di stabilire il percorso di lavorazione della carne, e alcune teorie mediche o ideologiche, il suo rifiuto è diventato un aspetto importante dell’alimentazione.
Credo tuttavia che conoscere e comprendere la sua importanza nel sistema culturale, sociale e, non da ultimo, alimentare dei secoli scorsi sia un mezzo valido per capire che il dilemma legato al suo consumo in realtà non sussiste e che i numerosi dubbi associati ai possibili effetti dannosi sulla salute debbano in realtà essere spostati su altri generi alimentari che oggi, ahimè, imperano nel nostro sistema culturale.