La Casa del Cous Cous più buono del mondo è a San Vito lo Capo
Certo, un nome simile per un locale potrebbe sembrare ardito, ai limiti della supponenza, ma dopo averlo provato non puoi che concordare: sì, è proprio questa la Casa del Cous Cous. Non soltanto di quello sanvitese, ma di tutto il mondo.
Questa casa è stata costruita a San Vito lo Capo (e dove, sennò?), in via Principe Tommaso 8, da Enzo Battaglia, personaggio ormai prossimo alla leggenda intorno al quale ruota tutta la rinascita e l’esplosione popolare della città.
Perché lui qui ha fatto il sindaco per anni, vantando di avere impedito la cementificazione selvaggia e contribuito alla creazione delle riserve naturali. Perché lui qui ha creato il nucleo di quel Cous Cous Fest di cui parla tutto il mondo. Perché lui, soprattutto, ha dato vita a questo ristorante che rappresenta una delle mete imperdibili dell’arte culinaria italiana.
Lui, sanvitese doc, affiancato da un eccelso cuoco maghrebino in cucina: così l’intero Mediterraneo si riflette in un menu già bello a leggersi, ricco com’è di racconti e spiegazioni letterarie. Perché qui davvero la cucina è narrazione, Storia, memoria, in una parola, Cultura.
Tra le righe dei cibi infatti il dialetto siciliano si fa lingua autonoma e nobilissima, insostituibile per spiegare l’autenticità di profumi e sapori annunciati dal menu.
In attesa delle portate, dopo uno sguardo alla carta dei vini, ricca di proposte territoriali, scegliamo un Alcamo bianco Il Baglio, delle tenute Matranga, prodotto nella non distante Buseto Palizzolo: molto vinoso, acidità spiccata, introduce dolcezza aromatica, tra la nespola e una punta di ananas.
L’introduzione del pasto qui si chiama Rapipitittu, metafora sicula per indicare gli antipasti, i quali, scrive Battaglia, “nella storia del Popolo Siciliano non sono mai esistiti, perché mai è esistita la necessità di aprire un appetito caratterizzato dallo sconfinamento cronico […]; ciò che ora viene presentato come antipasto, era, pertanto, l’unico pasto di cui disponeva la gran parte delle famiglie siciliane”.
Apertura consona con frittelli ri nunnata (frittate di bianchetto), un trionfale impasto di pesce ghiaccio, uova, formaggio, aglio, prezzemolo, sale e pepe, fragrante e profumato.
Accanto, la cipuddrata ri tunnu, tonno con cipolla in agrodolce, dalla rara consistenza che dà gioia. Stesso condimento per la golosa caponata di spatola. Inevitabili quindi l’antipastu ri tunnata (antipasto di tonnara), sapide delizie tra cui svettano le interiora, la ficazza e le uova.
Completano il piatto delle acciughe marinate inscritte in un pomodoro, incontro di tenerezza e freschezza.
Discorso a parte merita un miracolo chiamato tunnu e mataroccu, “tonno fresco con una salsetta tipica dei pescatori a base di pomodoro maturo, aglio di Nubia, origano selvatico, aceto bianco di vino, olio, sale e pepe, tutto a crudo”: una sconvolgente delizia che ti ricongiunge con la natura, in cui si distingue ogni singolo sapore, a partire da un tonno rosso del Mediterraneo di rara consistenza e un pomodoro fresco a pezzetti che pare appena colto, mentre troneggia l’aglio identitario del trapanese, rosso come il sole che brucia la frazione di Paceco da cui proviene, aromatico come pochi altri al mondo. La sincerità di questo piatto commuove a lungo.
Il racconto diventa epica con le Linguini Signuruzzu, ovvero alla maniera del nonno di Battaglia, Vicenzu Signuruzzu, “un pugno di cipolla affettata, olio d’oliva, peperoncino, pomodorini di Pachino, sale, una foglia di alloro e buon pesce fresco filettatto e spinato, il tutto leggermente saltato in padella con un pugno di pasta”: risultato, un trionfo di sapore antico quanto semplice. Ti godi il pesce nella sua purezza, appena accarezzato dall’acidità del pomodoro. E’ il piatto della memoria familiare di Battaglia, si sente dall’amore con cui viene servito.
Se si vuole capire cosa voglia dire la cura della materia prima, basta prendere del tonno cotto nella maniera più semplice e addentarlo: vi sentirete tuffati a mare, in acque cristalline, beati.
Ovvio l’assaggio del cous cous della Casa. Altrettanto ovvio che sia, innegabilmente, il cous cous più buono del mondo.
La qualità dei suoi grani, incocciati a mano, è inaudita: tale la bontà che mangeresti questo cous cous anche scondito.
Poi però addenti il condimento e scopri una qualità del pesce senza eguali, con la grande eleganza del fantastico brodo di pesce servito a tavola ma a parte. Non si può dire di avere vissuto senza averlo provato.
Ma non finisce qui. Pensi di averle già viste (e assaggiate) tutte e invece ecco sopraggiungere un altro primato: il sorbetto più buono della Terra. E’ fatto con limoni interi lavorati grezzi al naturale, utilizzando anche la buccia! Significa che nel sorbetto ritrovi tutti gli oli essenziali del limone, con un profumo che stordisce. Anche il sapore sconvolge: l’assenza di zucchero rende l’essenza del limone.
Da questo sorbetto radicale e unico non si torna indietro: non potremo mai più prenderne uno in un altro ristorante, perché ogni confronto sarebbe insostenibile.
Nota di merito per tutti i collaboratori del locale: dalla cucina al servizio, tutti estremamente competenti e consapevoli della materia preziosa che trattano, oltre che gentilissimi nel porgerla al commensale.
Intontiti da tanta meraviglia, abbiamo chiesto a Enzo Battaglia di raccontare il suo locale: altro spettacolo, visto l’eloquio affascinante di un uomo che nelle sue mille vite precedenti è stato anche un docente di Lettere, intriso di classicismo e raffinatezza.
A rendere unica la figura di Battaglia è quel suo mischiare l’orgoglio delle umili origini da famiglia di pescatori al vezzo della citazione da uomo coltissimo che spazia dai classici latini al pensiero orientale. Un apertura al mondo di cui è intriso il suo locale, perfino nelle bellissime ceramiche dei piatti provenienti dalla Tunisia.
Un’altezza intellettuale quella di Battaglia che fa assumere maggiore valore al suo attaccamento a un passato di povertà estrema, durante il quale una zuppa di pesce di basso valore commerciale rappresentava l’unico sostentamento, tanto da sostituire perfino il latte nella prima colazione. Un pezzo di memoria che tutti dovrebbero conoscere, nella società dell’opulenza colpita dalla crisi, per dare il giusto valore al momento che stiamo vivendo.
Eccovi il racconto della ghiotta di muzzuna nella vivida reminiscenza di Enzo Battaglia.
Info: www.casadelcouscous.com