La Chimera, 20 anni di viticoltura eroica in Val di Susa: tutela del territorio e rarità valorizzate
Venti anni trascorsi nell’impegno solitario per salvare dall’abbandono il patrimonio ampelografico di un territorio che vanta gemme rare e ben due preziosi autoctoni da favola, fronteggiando anche altre questioni madornali sospese tra politica, finanza e sostenibilità, nel segno di un approccio sereno accanto allo spirito combattivo, senza mai perdere l’aplomb piemontese e mettendo sempre in vetta agli interessi salvaguardia della biodiversità, tutela della civiltà contadina e valorizzazione della cultura materiale: si comprende da tutto ciò perché il ventennale della cantina La Chimera di Chiomonte in Val di Susa rappresenta una ricorrenza di enorme importanza per tutto il Paese, poiché dimostra clamorosamente come in Italia si possa avere successo pure mantenendo un rigore assoluto e non cedendo alle lusinghe del becero mercato, dove di eroico non c’è soltanto la pratica vitivinicola adottata ma anche l’impegno deontologico quotidiano del titolare Stefano Turbil.
Della strenua lotta di resistenza per evitare la devastazione di questa zona del torinese minacciata dall’arrogante furia distruttiva della TAV avevamo già parlato già anni fa quando temevamo per la sorte dell’autoctono Avanà (https://www.storienogastronomiche.it/avana-raro-vitigno-piemontese-poesia-contro-larroganza-tav/), ma in tutto questo tempo la missione di Turbil iniziata nel 2005 è proseguita con passione indefessa passando dall’azione di difesa in trincea a una grandissima opera di divulgazione sociale e intellettuale, veicolata dal gusto sopraffino di rara unicità di vini sempre più precisi nei valori organolettici e ancor più fieri del loro portato identitario.
A sostenere da tempo l’attività della cantina è il suo distributore Proposta Vini che nella scheda a essa dedicata sottolinea come “l’azienda si trova in Val di Susa dove, da sempre, si coltiva la vite e ora alla ribalta della cronaca per altre questioni: Stefano Turbil lavora i suoi vigneti, ricavati in vecchi terrazzamenti oltre i 700 m/slm e a rischio di abbandono, con cura e dedizione; fa parte a pieno titolo del ristretto numero di produttori presenti nel progetto Vini Estremi” che raccoglie “vini eroici, figli della fatica, del sudore e della laboriosità dell’uomo, prodotti in zone ubicate oltre il limite estremo della coltivazione della vite”, dando spazio e visibilità in questo modo “a piccoli-grandi vignaioli italiani che, in zone sconosciute e impervie, spesso in minuscoli fazzoletti di terra strappati alla montagna, alla roccia e al mare, sanno produrre vini unici e preziosi”.
Tra gli effetti meritori, quello di avere “salvato dall’estinzione due uve storiche della zona: l’Avanà e il Becuet”.
Il meraviglioso vitigno Avanà è uno scrigno di gioie sensoriali che La Chimera propone in diverse referenze, consentendo di apprezzarne tutte le sfumature.
A partire dal Finiere dove si palesa in purezza in un rosso fermo che si presenta in tutta la sua commovente immediatezza agreste con profumi di mosto ancora intatti innervati di riferimenti a mostarda di fichi e saba.
Acidità e tannini rivaleggiano per primeggiare, mentre un’intensa impronta zuccherina si fonde con toni erbacei: è in questo scenario che il gusto riceve mora di rovo, barbabietola, prugna, carruba e dulce de membrillo.
Il finale si carica di rigogliosa aromaticità e conquista senza scampo.
L’Avanà si presta magnificamente alla vinificazione frizzante dove forse dà il meglio di sé, come dimostra l’Eos Frizzante sui lieviti, il quale, sebbene non riporti in etichetta l’uva utilizzata, la esalta nella maniera più romantica ed efficace possibile, ovvero facendole generare le bollicine con il più degno e coraggioso dei sistemi, il metodo familiare: “pigiadiraspatura delle uve e poi, il pigiato, direttamente in pressa; la macerazione ha la durata del solo ciclo di pressatura (circa 2,5 ore), a seguire ha iniziato la fermentazione e, poi, il vino viene imbottigliato a fermentazione non ultimata: in questo modo ha una presa di spuma naturale e una sovrappressione di circa 2 bar”.
Il vignaiolo spiega così tale scelta: “questo tipo di vinificazione, a mio avviso, esalta le caratteristiche dell’Avanà quali la spiccata acidità e i profumi floreali che lo rendono un vino fresco di buona beva e il colore che tende al ramato dato proprio dalla veloce macerazione delle uve”.
Il risultato per quanto atteso sbalordisce comunque, mettendo in rilievo il carattere selvaggio del vitigno e rivelandone lo spirito indomito.
Il naso sente vorticare al suo interno i frutti di bosco, mentre la tempesta emotiva si sposta sulla lingua dove irradia lampone, rabarbaro, melagrana, corbezzolo, sciroppo di rosa, karkadè e il tocco terroso del tè Pu-her.
L’amaricante rappresenta un sottofondo costante, poggiato su una robusta acidità.
Il finale estrae zuccheri portando a una irresistibile amabilità.
Molto eclettico a tavola.
La Chimera però sa ben maneggiare anche il metodo classico ed ecco allora lo sfavillante Rosé Brut Nature che ghermisce il naso con la fragola e inebria la bocca con lampone, papaya, olivello spinoso, rosa canina, azzeruolo, fino a un cenno di pompelmo rosa.
Un caleidoscopio preceduto da un approccio erbaceo e amaricante in armonia con una leggera screziatura dolce.
Cremoso, persistente, straordinario a tutto pasto, incanta con la sua acidità bilanciata e l’assenza di ruffianeria.
L’Avanà però ama pure la compagnia e così eccolo insieme a Barbera e Dolcetto dar vita al rosso fermo Azazel capace di donare al naso suggestioni di cotognata che ritroviamo al palato insieme a sorbo, radicchio, liquirizia e Ramassin.
L’approccio ripropone la caratteristica associazione di zuccheri, tannini e aromi, con il forte segno di una fibrillante acidità.
L’alcol fa tuonare la propria presenza ma si pone in empatia con una suadente aromaticità.
Il finale persistente conduce verso un’amabilità meditativa.
Il Carcajrun si porta dietro un’altra interessante storia territoriale: “è così che in Valle chiamiamo le uve Gamay, con cui facciamo questo vino”, sapendo benissimo che “non ha, chiaramente, origine in Valle di Susa ma storicamente qui, è sempre stato coltivato e noi abbiamo continuato questa tradizione”.
Il naso sognante pensa ai mostaccioli, mentre sulla lingua si rotolano gelso americano, mirtillo, fico dottato, ravanello e savor.
Fresco, con un tannino che concorre a impreziosire il retrogusto, goloso, dalla beva incredibilmente scorrevole, procede danzando fino a un finale delicato ma al tempo stesso reso memorabile dallo sprint zuccherino.
L’altro recupero prodigioso di una perla di biodiversità coltivata da sempre quasi esclusivamente qui in Val di Susa è il Becuet (chiamato anche Biquét in termini popolari), da godere nel Bau il cui bouquet accarezza con una composta di frutti rossi, mentre il palato viene avviluppato da susina, gelso nero maturo, fico essiccato e cioccolato bianco.
Una divina ambrosia dal sorso lieve, morbido, setoso, di inarrivabile freschezza fruttata, dove il degustatore rimane irretito dall’osmosi di mineralità, sapidità e acidità
Il possente impatto aromatico è tale da stemperare l’alcolicità, disegnando un corpo elegante.
A tavola offre una sinfonia di possibili accostamenti.
Avrete notato come sulle etichette campeggi, stagliata sul profilo di un’ostica montagna, l’immagine di un contadino che porta sulle spalle il grave peso dei suoi sforzi, una cesta ricolma di uva, nell’atto di gettare il piede in avanti per affrontare una salita, certamente l’ennesima del suo perenne faticare, mantenendo però la schiena dritta, segno di orgoglio e onestà, mentre lo sguardo è ben diretto in avanti, ad altezza d’uomo, come fosse puntato su un futuro migliore, da costruire con le proprie mani…
… la perfetta icona per rappresentare La Chimera e chi ci lavora, a partire da Stefano e dalla moglie Mariangela Calcagnile.
Anche per questo è importante quello che ha da dirci Stefano Turbil nel video che segue.
Info: https://www.facebook.com/lachimeraviticolturaeroica/?locale=it_IT
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/la-chimera/