La Grigliata Omerica, mitologica antica ricetta di carne: come si fa
Non è un nome evocativo, bensì filologico: la Grigliata omerica si chiama così perché la sua preparazione è descritta in un passo dell’Odissea. A (ri)scoprire, divulgare e riportare in tavola questa ricetta millenaria è stato Annunziato Riggio che nel suo agriturismo Agririggio a Lazzaro di Motta San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria, da anni intreccia la Storia con la culinaria.
La tecnica è elementare, come ovvio riferendosi a tempi remoti: la carne, quando è già a buon punto sulla brace, viene spolverata di farina su una sola superficie, fino al completamento della cottura. La farina, una volta assorbita, rende la carne più tenera e al tempo stesso più golosa.
La prova del palato conferma questa esaltazione del gusto, soprattutto se, come nel caso di questo agriturismo, viene utilizzata carne di Suino Nero di Calabria, tra le più succulente del mondo.
Abbiamo documentato la realizzazione della pietanza e ve la offriamo nel dettaglio nel video che segue.
L’intuizione di Riggio, è indirettamente suffragata più scientificamente da un testo del professor Giovanni Ballarini intitolato Zootecnodissea, IX secolo a.C. pubblicato sul portale dei Musei del Cibo (storage.aicod.it), in cui, parlando di “Macellazione ed uso delle carni”, redige un’esegesi delle fonti che possono essere riferite alla pratica di cottura in oggetto. In particolare, parlando dei suinetti (Libro XIV, vv. 73-78), riporta di Eumeo che “si diresse ai porcili dove le stirpi dei porchetti erano chiuse; ne scelse due, li portò a casa, li uccise, li scottò, li fece a pezzi e li infilzò negli spiedi e, cotti che li ebbe, li mise davanti a Odisseo, caldi, sui loro spiedi, e li cosparse di bianca farina; poi nel boccale di legno versò il vino profumo di miele”. E ancora, “la tecnica di preparazione è descritta nel Libro XIV (vv. 425-438): “poi accoppò il porco con un pezzo di quercia, che non aveva spaccato; la vita lo abbandonò. Lo scannarono, lo scottarono gli altri, lo squartarono subito; offriva i bocconi il porcaio, primizia di tutte le membra, su grasso abbondante, e li buttava sul fuoco, spargendo fior di farina”.
E’ lo stesso Riggio a suggerire questo appiglio alle sue tesi, da sempre rivolte a una magniloquente celebrazione della Calabria Greca, l’area ellenofona della provincia reggina, la quale si concentra in un tratto dell’inizio della costa ionica calabrese che si proietta verso l’Aspromonte, detto Bovesìa, dal borgo di Bova che ne rappresenta la capitale ideale.
Studioso autodidatta indefesso, Riggio ha acquisito rudimenti culturali che lo fanno esprimere da archeologo, semiologo, storico, con un tale impegno da essere preso sul serio anche da alcuni esperti accreditati degli ambiti citati. Tuttavia non difetterebbe una maggiore prudenza nell’esposizione delle sue conclusioni: non avendo titoli che lo rendano automaticamente autorevole agli occhi della comunità scientifica e accademica, sarebbe congruo che egli definisse le sue idee come mere supposizioni e non quali verità incontrovertibili. E’ prezioso il suo scovare resti arcaici e reperti antichi, ma l’ansia anche di volerne decifrare l’attribuzione e la datazione appare spericolata.
Tuttavia la sua rimane un’opera meritoria, perché contribuisce a diffondere conoscenza di un’area effettivamente di immenso fascino, anche se occorre segnalare qualche altro eccesso quando sembra che tutto il mondo antico debba essere ricondotto a questo angolo di Magna Grecia, in un’interpretazione calabro-centrica decisamente forzata, ai limiti del campanilismo provinciale.
In particolare lascia molto perplessi l’affermazione roboante secondo la quale l’Odissea non sarebbe stata scritta da Omero, bensì da un antico poeta calabrese di nome Appa: Riggio espone questa tesi ai suoi avventori, facendo intendere che sia sua quando invece ha altra paternità, quindi senza riportarne la vera fonte, come sarebbe corretto fare. Soltanto approfondendo la questione noi siamo infatti riusciti a individuare che si tratta di una tesi dello scomparso grecista locale Franco Mosino: un’asserzione che tuttavia non risulta essere stata mai accolta né accreditata dagli studiosi del settore e che quindi rimane una mera ipotesi, una curiosità suggestiva ma che si aggiunge ai mille tentativi di fare propri luoghi e temi omerici in tante parti del Meridione d’Italia e del Mediterraneo.
La validità dell’opera di Riggio è invece più valida e molto attendibile quando abbandona ambiti da riservare agli studiosi e si concentra invece sul suo lavoro quotidiano, eccelso, di allevatore e ristoratore, nonché di divulgatore di buone pratiche agroalimentari. Convince quando in un sito scrive che “alcuni prodotti dell’Area Grecanica affondano le loro radici nella Magna Grecia: come alcune testimonianze mostrano, già nell’Odissea d’Omero, dove sono descritti i vari procedimenti di preparazione dei vini, dei formaggi caprini e le tecniche di cottura delle carni; queste già allora erano salate e insaporite con aromi naturali che crescevano sulle colline dell’antica Magna Grecia”. E ancora: “questi aromi tuttora noi li possiamo trovare sulle colline dell’area greco calabra dove addirittura una volta come adesso nascono spontanee o vengono reimpiantate dall’uomo”.
Rimane il dato di fatto che l’opera di Riggio trova massima applicazione sulla tavola, quella del suo agriturismo dove si mangia magnificamente il meglio del territorio, magari provando anche qualche antica ricetta, a patto di prenotarla. Pure in questo caso l’appassionato Riggio eccede con le vanterie autocelebrative, sciorinando premi ai suoi salumi come si trattasse di attestati istituzionali, quando invece si tratta dei molteplici riconoscimenti di associazioni di ogni tipo che non hanno alcun valore oggettivo, ma che spesso vengono assegnati da volenterosi appassionati o gruppi di categoria la cui autorevolezza non sempre è acclarata.
Basterebbe lasciar parlare i suoi prodotti, per ciò che sono: buoni, senza dubbio, anche se in zona abbiamo mangiato un capicollo ben superiore a quello suo celebratissimo chiamato Capicoddho Azze Anca Grecanico, insignito del Presidio Slow Food: provare per credere quello strepitoso di una vicina salumeria di Annà di Melito (RC) chiamata L’angolo della Carne, senza titoli né suini neri, ma con una qualità molto più elevata.
Rimane intatto il fascino del contesto di Agririggio, dove, una volta messi a tavola con una grigliata omerica sotto il naso, non starete più lì a pensare a quanto ci sia di reale e quanto di fantasioso nei racconti del titolare, perché vi abbandonerete alla magia del desco, come Odisseo.
Info: 3450567144