La Rotonda di Rovigo, il monumento più noto della città
In accordo con la sua genesi spirituale e la dedica religiosa, la visita alla Rotonda di Rovigo assume connotati di mistica stendhaliana.
La retta via che taglia la piazza XX Settembre in cui è allocato crea una concentrazione ottica verso il monumento che si traduce in attesa interiore, come se il visitatore si ponesse in attesa di una rivelazione…
… la quale arriva facendo ingresso nella struttura, quando l’occhio viene rapito dalla pianta ottagonale, la quale induce a una visione circolare panottica che trascina il corpo in un vortice su se stesso, all’inseguimento di dipinti, decori e pregi architettonici, con un’attrazione verso l’alto.
E’ questa forma che irretisce ad avere fatto conoscere il monumento come la Rotonda, quando in realtà si chiamerebbe Tempio della Beata Vergine del Soccorso.
Sul sito ufficiale apprendiamo che “risale agli anni a cavallo fra Cinquecento e Seicento”, quando Rovigo “da oltre un secolo era parte della Repubblica di Venezia”, con lo scopo di “conservare degnamente e onorare un’immagine della Madonna su cui si era concentrata la devozione popolare e che era affrescata in un piccolo oratorio costruito lungo la recinzione dell’orto dei frati Minori Conventuali di S. Francesco nella zona orientale della città”.
Tale rappresentazione della Madonna con Bambino, ritenuta miracolosa, è anche memoria del superamento di una pestilenza.
Il tempio eretto in suo onore “è tutt’oggi costituito da un corpo ottagonale illuminato in alto da tre finestroni per lato e terminante con un cornicione in pietra a modiglioni, intorno al quale gira nella parte inferiore un portico con colonne di ordine tuscanico senza base e unite da balaustra”.
E’ ritenuto “il monumento artistico più noto” di Rovigo, merito anche delle opere che ne coprono interamente le pareti, con soggetti che raccontano anche episodi storici locali, con un afflato simbolico e un’organizzazione tematica dall’evidente spirito pedagogico.
Tra figure sacre e ritratti di mortali non comuni (spesso esponenti del potere locale, anche clericale), trionfano le figure allegoriche, i moniti morali, le cronache terrene, le astrazioni eterne, gli eventi miracolosi …
… in un’alternanza di stili e visioni che passano da scene affollatissime a costruzioni estetiche più ieratiche, come nella rassegnata indolenza della Glorificazione di Scipione Boldù attribuita a Giovanni Battista Rossi, opera del 1648 in cui il podestà inginocchiato è raffigurato con i patroni delle due parrocchie di Rovigo, Stefano papa e Giustina, mentre due statue “alludono alle virtù della Fede e della Speranza”.
Le opere secentesche sono di autori come Pietro Negri, Pietro Ricchi, Pietro Liberi, Francesco Maffei, Antonio Randa, Giovanni Brunelli, Giovanni Coli e Filippo Gherardi, Antonio Zanchi, Andrea Celesti, Giulio Cirelli, Antonio Triva, Giovanni Carboncino, Antonio Servi.
Una tappa imperdibile nel processo di conoscenza della città: ve ne offriamo alcune immagini nel video che segue.
Info: http://www.tempiolarotonda.it/
Realizzato con il sostegno di C.I.F.I.R. – Consorzio Industriale Formazione e Innovazione Rovigo S.c.a.r.l.