La Sibilla, vini campani dai Campi Flegrei: meno quantità, più qualità
A nord del golfo di Napoli, su una terra sottile come lo stelo di un calice, tra le viti sulla collina si intravede l’azzurro del mare da entrambi i lati. Sono circa dieci gli ettari di vigneto curati con dedizione dalla famiglia Di Meo, che da diverse generazioni è titolare dell’azienda agricola La Sibilla (Pagina Facebook).
In passato, nell’area flegrea si puntava più sulla quantità che sulla qualità; i vigneti erano promiscui, composti da alberi da frutto e agrumi e nel terreno si seminava anche; le viti, quindi, venivano indirizzate in altezza con risultati abbondanti ma non eccelsi.
Dagli anni ‘70, invece, si è cominciato a razionalizzare i vigneti e dalla potatura a tre palchetti della spalliera puteolana si è giunti, progressivamente, ad un solo tralcio, con una produzione per ettaro di circa settanta quintali, la metà di quella degli anni precedenti.
Custodi di un patrimonio antico, la famiglia Di Meo adesso produce, ogni anno, circa settanta mila bottiglie di piedirosso, vigna madre, marsiliano, ma il prodotto di punta è certamente la falanghina dei Campi Flegrei, lavorata in modi diversi: oltre alla versione di base, dai vigneti più vecchi, che si trovano più in alto, viene realizzato il cruna delago; il domus giulii, che prevede una lunga macerazione delle bucce della falanghina; e, infine, un passito da fine pasto.
di Francesco Aiello