La tragedia degli ulivi morenti della Puglia: c’è la mano dell’uomo?
Vedere un ulivo ammalato, ferisce già di suo, ma se si tratta di un albero radicato nella terra di Puglia, allora rappresenta un colpo al cuore, perché in tale contesto l’ulivagione non è un mero elemento agronomico, bensì un fondamentale elemento identitario, una sedimentazione storica millenaria, una radice antropologica imprescindibile.
Un ulivo in sofferenza fa soffrire anche chi lo osserva, soprattutto se da vicino, perché tra le sue piaghe senti urlare gli anni di lavoro in fumo di un agricoltore, insieme a un pezzo della memoria locale che sbiadisce.
E’ il dramma della Xylella fastidiosa, violento batterio che si introduce nella pianta inibendone l’alimentazione e conducendola quindi alla morte.
Un crimine dettato dalle spietate leggi della natura quando essa diviene assassina, aggravato dal cinismo di infliggere agli ulivi una fine lenta ed estenuante, soprattutto per chi ne osserva il progressivo decadimento linfatico e quindi la perdita di vigore, con le foglie che imbruniscono, i rami che avvizziscono, fino a una sorta di prolasso della struttura del fusto.
Una lenta agonia che innesta in un paesaggio lussureggiante degli spiazzanti elementi spettrali, in netto conflitto con la luminosità delle campagne pugliesi.
Se poi ti trovi tra le strette arterie viarie delle zone agresti del Salento, la vicinanza alle piante malate si fa più prossima e ti sembra di toccare fisicamente il male che attanaglia gli ulivi stortati dalla Bestia assassina.
Da quando il fenomeno è esploso, è stato tutto un fuoco incrociato di accuse (ci si è messa di mezzo pure l’Europa a darci addosso) e un rimbalzare di proclami, tra la scienza che si fa sempre più immaginifica nella ricerca di soluzioni spesso improbabili e cure che si rivelano inefficaci, mentre sono centinaia le piante abbattute nel tentativo di impedire la propagazione del batterio.
Tra tante voci ufficiali, noi ne abbiamo invece ascoltata una che rimane sottotraccia, quella di un piccolo produttore oleario del Salento che ci ha rivelato una notizia ritenuta certa ma mai ascoltata prima: il batterio-killer sarebbe stato introdotto da alcuni speculatori edilizi per fare crollare il valore di terreni coltivati a ulivo vicini alla costa ionica, in maniera tale da acquisirli a poco prezzo per realizzarvi insediamenti turistici balneari.
Verità nascosta o leggenda metropolitana? Scandalo sommerso o fake news?
La serietà della persona che ci ha fatto la rivelazione ci fa pensare che qualcosa di vero potrebbe anche esserci, tanto che forse un’indagine della magistratura sarebbe auspicabile.
Certo, pensare a gente senza scrupoli che avvelena la sua stessa terra, fa orrore, ma di episodi del genere è pieno il nostro Paese.
Del resto in Salento abbiamo visto alcuni agglomerati turistici orrendi che sfigurano la natura selvaggia di coste tra le più belle del mondo: già quelle sarebbero da condannare a prescindere, almeno per il buon gusto estetico.
Intanto, gonfi di dolore, vi restituiamo ciò che abbiamo visto incuneandoci tra gli uliveti pugliesi in difficoltà, nel video che segue, per darvi un’idea delle dimensioni di questa sciagura.