La Vrille, sapori e profumi della Valle d’Aosta dalla vigna al calice
La Valle d’Aosta già è piccola, ma c’è chi circoscrive in maniera ancora più ristretta il suo pur esiguo territorio per concentrare in vini meravigliosi tutta la più succosa identità locale, come accade con la cantina La Vrille che da spazi ridotti ricava infiniti universi culturali e ludici che concentra prodigiosamente in ogni goccia versata nel calice.
La struttura si trova “lungo la Via Francigena nel comune di Verrayes in Valle d’Aosta a 670 mt slm, ben esposto e con vista sui monti Avic ed Emilius”.
La fondazione scaturisce nel 2002 da un progetto “sognato e pensato da Luciana e Hervé, due pionieri della vita all’insegna della semplicità”.
Lui “ex marinaio e bisnipote di valdostani emigrati decide di ritornare in Valle e reinventare la sua vita” cominciando dal “rimettere a coltura i terreni dei suoi antenati”, sostenendo di dovere “lavorare la terra per appartenere definitivamente a questa valle”.
Nel mondo del vino Hervé si fa inizialmente notare come conferitore e vinificatore dell’ottima cantina Crotta di Chambave (dal 1991 al 2005), per mettere poi a frutto nel 2005 ciò che ha imparato, vinificando in proprio per la prima volta Cornalin e Fumin.
Per l’azienda Hervé sceglie come nome La Vrille che in italiano indica il viticcio, individuato come simbolo della sua attività perché anch’esso è “piccolo, molto discreto, ma decisamente tenace e essenziale per il percorso vegetativo della vite”.
La collocazione naturale dei vigneti alimenta il fascino di questo percorso, poiché la “maggior parte dei suoi vigneti sono posti in un anfiteatro naturale con esposizione sud/sud-est in una zona xerotermica dove crescono naturalmente diverse piante del bacino del mediterraneo (ottimo il timo)”.
Oggi sui quasi due ettari dell’azienda sono coltivati i vitigni Vuillermin, Petit Rouge, Cornalin, Fumin, Muscat e Pinot Noir, “tutti autoctoni eccetto il Pinot Noir che ha origine nella regione francese Bourgogne e il Muscat che è un vitigno storico della tradizione valdostana”.
La metodologia di lavoro parte dalla vigna, cui viene riservata una cura particolare “per evitare trattamenti superflui al vigneto, arrivando alla vendemmia con un grappolo sano e maturo”.
La cura “che si riserva alla coltivazione della vigna continua poi in cantina dove vengono assecondati i naturali processi per la vinificazione senza inutili ed eccessive manipolazioni del vino”, in un ambiente scavato nella roccia che ospita pure una sala degustazione e un locale per l’affinamento e l’imbottigliamento del vino, tutto questo per una produzione annua limitata di circa 18.000 bottiglie.
Le tre glorie locali della cantina sono clamorosamente imperdibili, sfoderando personalità fortissime grazie a un rigore estrattivo talmente estremo e intellettualmente onesto da lasciare intatte anche certe prerogative meno facilmente accessibili sul piano della degustazione.
L’esempio più clamoroso è il sublime quanto spigoloso Cornalin che si apre al naso con un anelito fruttato così fresco da richiamare perfino il mosto, mentre in bocca fin dal primo approccio produce un vibrante spiazzamento con il suo possente approccio erbaceo amaricante che richiama la maggiorana e la santoreggia, insieme a radici di liquirizia mitigate da cioccolato fondente oltre il 90%, corbezzolo e susine.
Ne scaturisce un vino da intenditori che bandisce ogni ruffianeria e non teme di conquistare nella maniera più difficile, con un carattere a tratti perfino ostico che chiede semplicemente l’attenzione e la pazienza per mettere insieme tutti gli elementi organolettici, donando alla fine un’esperienza sensoriale insolita e indimenticabile. Vino coraggioso come pochi.
Lascia il segno per una profonda originalità anche il Fumin a partire da un intenso bouquet erbaceo che ricorda anche il muschio: interessan
Il Vuillermin è più carezzevole e docile, con i suoi magnifici profumi di rose, ma non manca di stupire anch’esso, questa volta con una complessità gustativa che raccoglie amarena sotto spirito, succo di melagrana, cioccolato al latte e karkadè. Intrigano la pronunciata nota zuccherina intrisa di sapidità e la lunga persistenza.
I rossi si chiudono con le uve internazionali di Pinot Noir che ai classici descrittori del vitigno aggiungono spezie come cumino, curcuma e perfino un sospetto di cannella, distesi su un corredo di sottobosco con in evidenza mora e mirtillo.
I bianchi lasciano letteralmente di stucco. Fenomenale il modo in cui la cantina esalta un vitigno già prezioso di suo come il Muscat Petit Grain, facendolo ascendere a livelli siderali fino a porlo nell’Olimpo dei più grandi vini del pianeta.
L’incredibile, strepitoso Chambave Muscat che se ne ricava inebria già con un bouquet di gelsomino e camomilla di inarrivabile eleganza, facendo esplodere tutto lo spettro sensoriale di tale particolarissimo moscato nella sua fierezza di sconvolgente bontà, in un tripudio di crema pasticcera, mango, yuzu e tè verde. Un capolavoro assoluto che cattura inesorabilmente tutti i palati con ghiotta acidità, aromi esplosivi, sensazioni balsamiche e freschezza allietante.
Induce perfino a un’irrefrenabile commozione la versione passita del precedente vino, chiamata Chambave Muscat Flétri, la quale propone i medesimi frutti ma questa volta in versione candita, aggiungendo miele di Robinia, frutta secca ed erbe officinali. Da bere stilla per stilla a occhi chiusi, consapevoli di godere un nettare da sogno.
Con grande curiosità abbiamo chiesto più dettagli a Hervé Deguillame che ci ha risposto nel video che segue.
Info: https://www.lavrille.it/vini/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/la-vrille