Le basi per le altezze dei vini della Guido Berlucchi: assaggi esclusivi
Non se ne parla mai, eppure le basi dei vini, soprattutto di quelli a lunga maturazione e di complessa evoluzione, rappresentano un mondo di grande fascino e al tempo stesso un importante elemento di studio per comprendere l’anima più intima di un nettare vinicolo e, in generale, la sua mutevole capacità di trasformazione colta in divenire.
Per questo è stato estremamente interessante svolgere una degustazione esclusiva di alcune basi dei vini della Guido Berlucchi, alla presenza dell’amministratore delegato Arturo Ziliani e dei principali fautori dei vini della cantina, tra cui l’enologo Ferdinando Dell’Aquila e l’agronomo Diego Cortinovis, oltre a Francesco Ziliani, neo diplomato enologo e incarnazione del futuro dell’azienda.
Sei i vini base testati, a partire dalla prima vinificazione dell’autoctono Erbamat coltivato nel vigneto Castello di Borgonato, di cui vi abbiamo già parlato (http://www.storienogastronomiche.it/erbamat-nuova-vite-franciacorta-primo-assaggio-esclusivo-berlucchi/).
Lo Chardonnay del vigneto Ragnoli (Corte Franca) intriga con un profumo di alta pasticceria, mantenendo questo riferimento al palato, dove sviluppa aromi golosi e toni di cedro candito.
Lo Chardonnay del vigneto Monterotondo (Passirano) con grande eleganza si concentra su una netta sensazione di mela verde.
Il Pinot Nero del vigneto Brolo (Corte Franca), vinificato in bianco, ghermisce con un bouquet di erbe officinali, mentre in bocca è intensa la fragranza delle fragoline di bosco.
Il Pinot Nero del vigneto Gaspa (Borgonato), vinificato in rosato, seduce l’olfatto con una distesa di rose inebriante, mentre le papille gustative colgono chicchi di melograno e un curioso richiamo al fico d’India.
Il Vino di riserva 2013, assemblaggio di 50% Chardonnay e 50% Pinot Nero, vede prevalere l’apporto di quest’ultimo nel portare netta la sensazione di crosta di pane: è l’unica base ad avere oggi una destinazione certa, poiché entrerà nella cuvée di ’61 Brut, estraendo dal suo spettro aromatico la vena agrumata che contraddistingue questa creazione.
“Le altre basi, avendo punteggi molto alti, concorreranno sicuramente alla creazione di Millesimati e Riserve”, ci informa Francesca Facchetti, ineguagliabile responsabile delle Relazioni esterne e dell’Ufficio Stampa della Guido Berlucchi, nostra guida nella visita all’azienda, la quale sui vini in itinere aggiunge che “continueremo gli assaggi e le analisi fino a fine aprile, periodo in cui definiremo gli assemblaggi e inizieremo quindi l’imbottigliamento”.
Tutti i campioni sono stati fermentati e vinificati in acciaio, sotto il vigile controllo di strumenti di alta tecnologia enologica che non perdono di vista però il controllo umano e la sensibilità del vinificatore.
Il fascino della degustazione di un vino base risiede anche nella ricerca dei prodromi di caratteristiche organolettiche che si svilupperanno poi nel prodotto finito.
Per esempio, negli Chardonnay, abbiamo cercato alcune delle spiazzanti percezioni del ’61 Satèn che da questo vitigno in purezza tira fuori profumi sospesi tra la pesca e il cardo, note aromatiche vegetali con punte di amaro e un retrogusto esotico di avocado. Una complessità estratta dal tempo di maturazione e dagli assemblaggi di diversi terroir, laddove invece nei vini base si coglie l’esuberanza varietale in tutta la sua freschezza.
La degustazione di queste basi è stata l’occasione per farci raccontare la storia della Guido Berlucchi da chi la dirige, Arturo Ziliani, nel video che segue.
Info: http://www.berlucchi.it/