Le buchette del vino, antico spirito di Firenze
Nella Toscana patria dell’omologazione commerciale del vino, resiste qualche traccia di romanticismo enoico.
Sono le Buchette del vino che si trovano a Firenze, testimonianza del tempo in cui da piccole aperture sui muri di alcuni edifici della città veniva praticata la vendita del vino.
Fenomeno diffuso un tempo, di cui oggi rimangono pochissimi esempi.
Un sistema adottato secoli fa per saltare un passaggio commerciale, quello della vendita al dettaglio, procedendo allo smercio diretto di vino dal produttore al consumatore.
Uno di questi produttori è ricordato da una targa ancora presente in via del Giglio. Si tratta della Cantina Bartolini Salimbeni Vivai che informa su mesi e orari di apertura.
Curiosa forma di nemesi è invece rappresentata dalla buchetta che si trova affissa su Palazzo Antinori. Un crudele scherzo del destino vuole che una vestigia del vino territoriale come una buchetta si trovi sul palazzo della famiglia simbolo dell’industria commerciale enologica che pur di fare (legittimamente) fatturato ha rinunciato alla poesia dell’antico prodotto contadino toscano, snaturandolo con l’importazione di vitigni internazionali di provenienza francese.
Forse quella buchetta, situata a pochi centimetri dall’ingresso della Buca Lapi, locale nato nel 1880 nelle cantine di Palazzo Antinori, potrebbe ricordare all’antica famiglia cos’era l’autenticità del vino dei contadini, magari inducendoli un giorno a lasciar perdere gli enologi massificatori del gusto per ricongiungersi alle proprie radici culturali.
Oggi Buca Lapi è un locale costoso, in cui il cibo e il vino (sempre legittimamente) sono venduti a caro prezzo, mentre da quella buchetta proprio lì a fianco un tempo cibo e vino venivano offerti gratuitamente agli indigenti come forma di solidarietà.
Quanto sarebbe auspicabile che queste buchette non venissero ritenute semplici vecchie curiosità ornamentali, bensì luminosi esempi di una dignitosa anima cittadina che ci auguriamo venga recuperata e innalzata a stile di vita (anche) contemporaneo.
Per chi volesse approfondire questa storia, non rimane che recuperare il volume Le buchette del vino a Firenze di Lidia Casini Brogelli, pubblicato da SempeR nel 2004. Il libro “documenta fin dal XIII secolo l’abitudine tutta fiorentina di munirsi di fiasco o brocca ed andare nelle cantine per rifornirsi della prelibata bevanda che, spillata di fresco, avrebbe allietato le mense cittadine, dalle più ricche alle più umili” si racconta sul sito Toscanafolk.it.
“Sparse in tutto il centro storico sopravvivono ancora le “buchette” da cui il vino veniva venduto. Si tratta di piccoli elementi di architettura civile presenti in molte delle dimore signorili e che miracolosamente sono sfuggite alle ristrutturazioni di cui attraverso i secoli hanno avuto bisogno gli edifici. Attraverso quelle piccolissime aperture il nobile signore vendeva ai fiorentini i prodotti delle sue terre e, a giudicare da quante se ne sono conservate, questo piccolo commercio rendeva bene ed è stato attivo fino all’epoca moderna”
Viene anche riportata parte della prefazione dell’autrice: “l’attività del vinaio, cioè il venditore di vino alla Cella, (lo spaccio di vino al minuto) alla strada, ha animato la città per secoli, ed ha aiutato a conservare lo spirito fiorentino, nonché le forze e la vitalità di molta gente che lavorava, sia dalla parte di dentro, per il venditore, che dalla parte di fuori, per il cliente e fruitore, che volentieri vi si fermava e si ritemprava. Qualche volta anche troppo”.
Firenze avrebbe proprio bisogno di recuperare questo spirito.