Le erbe selvatiche in cucina: a crudo o da insalata
Con l’arrivo della primavera spuntano dal terreno i nuovi getti di erbe spontanee. E’ il periodo migliore per coglierli e degustarli: sono freschi, croccanti, ma soprattutto teneri. Il ciclo vegetativo di ogni erba detta al raccoglitore il tempo migliore per la raccolta: alcune vanno colte a marzo, altre arrivano a maggio, altre ancora hanno due periodi di “getto”, altre ancora sono a disposizione quasi tutto l’anno. Lo sfalcio dei prati ci può anche dare una mano: le erbe di cui si coglie il pollone (vale a dire il primo frutto della pianticella tenera, quando è ancora un virgulto), come ad esempio lo squisito Panace (Heracleum Sphondylium), dopo lo sfalcio sono ‘costrette’ a ripartire, dandoci così un’occasione ghiotta per una rinnovata raccolta.
La primavera naturalmente è la stagione più ricca e interessante per i raccoglitori. Di conseguenza ci soffermeremo sulle principali erbe da insalata, quelle da mangiare a crudo dopo opportuni trattamenti. Ai neofiti si consiglia di “allungare” le prime insalate con delle lattughe coltivate, così da abituare il palato poco alla volta.
Molte di queste erbe si prestano anche a utilizzi dopo la cottura, così come alcune possono anche venir mangiate crude. Con la pratica e un po’ di gusto, le scelte di ogni raccoglitore potranno via via personalizzarsi.
1. Tarassaco (Taraxacum Officinale)
Il Tarassaco in Valtaleggio, in provincia di Bergamo, è praticamente infestante. E’ una strana forma di benedizione divina: pianta amara edibile in ogni sua parte (radici, pianta, infiorescenze, fiori, persino i tubicini che li sostengono), è un toccasana per tutti i processi digestivi, lassativi, diuretici e altro ancora. Tostando le radici si potrebbe fare un surrogato del caffè; sono squisite le infiorescenze chiuse, saltate e insaporite in padella, come fossero capperi freschi; i vistosi fiori gialli sono ottimi infarinati e fritti. Per le insalate, consiglio di usare le foglie giovani, pure grosse ma ancora morbide, scartando la parte bassa con la nervatura più rigida. Opportuno lavarle, poi cumularle e farle a striscioline molto sottili con un coltello ben affilato. Erba indispensabile per digerire ogni pranzo impegnativo, si trova per tutto l’anno in ogni prato della valle, inverno escluso. Per attenuare il forte sapore amaro basta seguire semplici regole: compensarlo con forte acido, forte salato, forte dolce, o salse dense. Di conseguenza, condite allora con olio, aceto, o succo di limone, o senape, salsa di soia, cipolle, mele, arance, carote, aglio o quel che vi piace di più.
2. Leontodo (Leontodon Hispidus)
Il Leontodo è una sorta di clone del Tarassaco. Assai simile, stesso habitat, stessi utilizzi, stesso sapore; peraltro non l’unico clone, data la vastità e l’eterogeneità della specie. Inizialmente confonderli è inevitabile, ma solitamente innocuo: i cloni sono tutti edibili. Il Leontodo si distingue per i bordi delle foglie, meno solcati e dalle punte più arrotondate del Tarassaco; per le foglie, solitamente più sottili e nervate; per la mancanza del tubicino che sostiene il fiore (è un gambo pieno); per il fiore, che è simile ma più piccolo e spelacchiato, e talvolta ramificato (come la Radicchiella, Crespis capillaris & crespis biennis, altro clone ben gustoso).
3. Plantaggine (Plantago Major, Plantago Lanceolata)
Altra pianta valtaleggina, presente con foglia tonda oppure lanceolata, sfrutta i pascoli ricchi di letame della valle. Assai consigliato e salutare aggiungerla nelle insalate: è un portentoso antibatterico, lo sanno i nostri nonni che mettevano una foglia sulla parte tagliata del salame, che così rimane miracolosamente chiara. Persino le foglie giovani e tenere sono in realtà abbastanza spesse e durette, perciò vanno affettate sottilmente. La cottura “spegne” il suo bel verde; lo stesso effetto lo provoca l’ossidazione, consiglio quindi di usare un coltello di ceramica. Sa tirar fuori qualità gustative inaspettate se utilizzata nel pesto.
4. Aglio Orsino (Allium Ursinum)
Una considerazione fondamentale: questa delizia della natura condivide habitat e fattezze con il Colchico (Colchicum Autumnale), pianta mortale. Se ne distingue per alcuni elementi, il più evidente dei quali è l’odore: uno profuma di aglio e cipolla, l’altro no. Strofinatevi una foglia sul polso e lo appurerete. Inoltre, se lo trovate e non ne eradicate i bulbi (lasciateli lì!), lo ritroverete la primavera successiva nello stesso posto. L’aglio orsino si trova nei limitari dei boschi ampi, ed è strepitosamente buono in ogni sua espressione e utilizzo, cotto e crudo. In insalata va lavato a affettato sottilmente, ma soprattutto utilizzatene le infiorescenze: sono piccanti, delle vere bombe di sapore. Diventerà un appuntamento fisso delle vostre primavere.
5. Stellaria o Centocchio (Stellaria Media)
La Stellaria è diffusa ovunque in primavera, eppure non l’ho trovata così frequentemente in valle. Ed è un peccato, perché ha molte doti: diffondendosi anche per via radicale, diventa inestirpabile (la si trova qua e là persino nelle buste d’insalata dei supermercati, resiste pure ai diserbanti…). La qualità migliore è che il suo sapore fresco, vegetale, lievemente aromatico e quasi neutrale fa da sostituto “selvatico” alla valeriana “domestica” coltivata dall’uomo. In mezzo a tante erbe dal sapore deciso e amaro, la croccante Stellaria diventa perciò componente assai utile delle insalate miste; si colgono gli apici delle piante, nei prati umidi e marginali.
6. Borsapastore (Capsella Bursa-pastoris)
Altra pianta da prato, si riproduce tutto l’anno, ma va colta quando inizia a intravedersi il gambo che porta in alto i fiori (edibili), costellato lateralmente di piccoli frutti cuoriformi (le “borse dei pastori”, appunto). E’ una pianta preziosa e fragile, ha virtù antiemorragiche, ma si può cogliere senza timore tutta la piantina con la rosetta basale, proprio perché infestante. Ha sapore delicato, quindi nelle insalate miste si corre il rischio di smarrirne il sapore; a ciascuno le sue scelte!
7. Acetosa (Rumex Acetosa, Rumex Scudatus)
Non va confusa con altri tipi di Rumex, assai diffusi e non tossici, ma di scarso interesse culinario. Come tutte le piante della famiglia contiene ossalati, perciò è sconsigliata a chi soffre di calcoli. E’ ghiotta perché ha sapore acidulo, rinfrescante (ottimo per pulirsi il palato quando si fatica): può fare da sostituto dell’aceto nelle insalate miste. Come per la plantaggine, viene decolorata dalla cottura.
8. Veronica (Veronica Beccabunga, Veronica Acquatica)
La Veronica cresce nei rigagnoli e nelle acque stagne o reflue. Per esempio, se ne trova una grossa colonia alla fontana del Fraggio. Va lavata bene e tenuta a mollo con amuchina o bicarbonato, come il Crescione (Nasturtium Officinalis), pianta dal sapore quasi violento, piccante e affumicato, con cui condivide gli habitat (ma che per ora non ho incrociato in valle). Le foglioline delle Veronica conferiscono alle insalate una nota duretta e persistente al palato, che richiede l’utilizzo dei denti. Ne consiglio quindi un utilizzo attento: una certa variabilità di consistenze rende le insalate interessanti, un eccesso invece coriacee e poco piacevoli.
9. Malva (Malva Silvestris, Malva Neglecta)
Un’insalata mista che comprenda Tarassaco, Plantaggine e Malva è un atto di amore e di sostegno verso il nostro apparato digerente. Se Tarassaco e Plantaggine intervengono sulla digestione e sulla disinfezione, la Malva interviene sul transito delle feci per via delle mucillagini che contiene, di conseguenza è assai consigliata alle persone che soffrono di stitichezza. Aggiungete i graziosissimi ed edibili fiori color lilla a ingentilire il piatto.
10. Castalda o Podagraria (Aegopodium Podagraria)
La Castalda, altra infestante che attecchisce solitamente ai margini delle stalle, ha un sapore davvero delizioso che ricorda sedano, carota, prezzemolo e mandarino. Per distinguerla, basta ricercare il suo sapore e ricordarsi che i rametti teneri con le foglie si tripartiscono sempre. Si presta a molti utilizzi anche cotta, ad esempio aggiungendo foglie e gambi affettati nei risotti a fine cottura. Nelle insalate è meglio aggiungere le foglie, e utilizzare i gambi sottili nel pinzimonio.
11. Pimpinella (Sanguisorba Minor, Sanguisorba Officinalis)
Se alcune delle erbe sopra citate sono di conoscenza e utilizzo comune in valle, lo stesso non mi pare sia per questa pur diffusissima pianticella dagli aromi assai particolari, un po’ nocciola e un po’ cetriolo. L’ho vista persino dall’auto, sul ciglio della carreggiata, prima di arrivare a Sottochiesa dagli orridi, sempre in provincia di Bergamo. E’ chiaro che foglioline dagli aromi così particolari non possono che arricchire le nostre misticanza.