Le tipicità vinicole della Sicilia della cantina ragusana Terre di Giurfo
Avendo compreso il valore culturale del vino, le aziende vitivinicole più sensibili si stanno prendendo sempre più carico di una preziosa azione divulgativa, usando i mezzi di comunicazione per descrivere il proprio patrimonio ampelografico sotto ogni aspetto, attuando una narrazione valida non soltanto sul piano scientifico ma anche quale elemento di attrazione turistica: ne è un luminoso esempio la cantina ragusana Terre di Giurfo che sul proprio sito mette in grande evidenza già in home page l’invito “Conosci i vini di Sicilia”, ponendosi come strumento didattico anche empirico, visto che l’azienda produce buona parte dei classici enoici della Sicilia.
Un’azione meritoria accompagnata dal sostegno del suo distributore Proposta Vini, il quale presenta l’azienda come collocata “in una terra antica e vocata che si estende da Licodia Eubea e la provincia Iblea, lungo la Valle del fiume Dirillo: oggi è gestita da Achille che, assieme alla sua splendida famiglia, lavora con l’urgenza di fare sempre meglio in cantina e tra i filari”.
La cantina aggiunge di sentirsi parte di una “terra antica immersa in uno scenario suggestivo, uno tra i più sorprendenti della Sicilia sud orientale, lungo la valle Fiume Dirillo ai confini tra i comuni di Licodia Eubea e la provincia Iblea”, dove “si estende su una vasta area ricca di storia e tradizioni”.
Qui “grazie al clima generoso, all’eterogenea composizione del terreno e alla particolare esposizione solare, vengono sapientemente coltivati vigneti ed uliveti che riescono a dare prodotti ricchi di profumi e aromi tipici della zona”.
L’azienda rivendica con orgoglio di avere “sempre puntato sulla valorizzazione del territorio della tenuta e, soprattutto, all’ottimizzazione delle caratteristiche qualitative dei suoi prodotti”. Ogni vigneto, infatti, è “preventivamente selezionato, quindi seguito e controllato nelle tecniche di produzione secondo il sistema della cosiddetta agricoltura integrata, nel rispetto delle rese massime per ettaro stabilite dagli enologi con un impegno costante che richiede un continuo monitoraggio attraverso controlli sistematici sul prodotto, a partire dalla maturazione delle uve fino alla loro vendemmia”.
Proposta Vini aggiunge come un punto di forza sia “il terreno eterogeneo con altimetrie che vanno dai 500 m/slm per i vini della provincia di Iblea e i 600 m/slm per quelli ottenuti sull’Etna: le varietà tradizionali come Nero d’Avola, Frappato e Nerello Mascalese vengono prodotte attuando l’agricoltura Biologica già da diversi anni”.
Nella comunicazione l’esposizione maggiore viene data a due vitigni autoctoni.
Il primo è il Frappato che “potrebbe derivare dalla storpiatura dell’aggettivo fruttato, per indicare la caratteristica più evidente del vino ottenuto da questo vitigno” che è “coltivato prevalentemente nel Ragusano dove produce il Frappato di Vittoria e, insieme al Nero d’Avola, il Cerasuolo di Vittoria”: molto antico, le prime notizie certe “lo fanno risalire al XVIII secolo e sembra provenire dalla penisola iberica”.
Lo possiamo provare in purezza nel Belsito dove effettivamente il frutto è rigoglioso sotto tutti i sensi, a partire dall’olfatto che ne avverte i piccoli frutti rossi maturi, al gusto che percepisce mora di rovo, lampone e ribes rosso, con un tocco di cardamomo e una costante carezza tannica.
Il Cerasuolo di Vittoria nasce invece “da un nobile ed antico processo di vinificazione cui si uniscono e si mascherano in perfetta armonia due pregiate uve quali il Frappato e il Nero d’Avola”: il nome contiene già la città del ragusano in cui è nato, quando la “fondatrice Vittoria Conna Henriquez decise di regalare ai primi 75 coloni un ettaro di terreno a condizione che ne coltivassero un altro ettaro a vigneto”, favorendo così “un’espansione dei vigneti in questa splendida zona della Sicilia che è compresa tra le attuali province di Ragusa, Catania e Caltanissetta”. La recente storia del Cerasuolo di Vittoria “si arricchisce nel 2005 con la concessione, unica in Sicilia, della DOCG”.
La cantina lo esprime nella misura del 40% Frappato e 60% Nero d’Avola nel Maskarìa, il cui bouquet richiama il fogliame fresco e la composta di mirtilli, mentre in bocca si avvertono marasca, melagrana e carruba.
Intensamente minerale, dotato di buona acidità, conquista con un seducente finale zuccherino.
Sulla via dei rossi incontriamo anche un altro vessillo regionale come il Nero d’Avola.
Si presenta nudo e crudo nella referenza Alakì che fa soltanto acciaio, portando profumi di sottobosco e di muschio in particolare, per poi mettere insieme originali sapori di prugna, rabarbaro ed erbe officinali, oltre a un piglio libero quasi selvaggio. Orgogliosamente tannico alla vecchia maniera, caldo e avvolgente malgrado il basso tenore alcolico, è di beva talmente ecumenica da risultare universale, grazie a una golosa acidità che ne favorisce la facilità di fruizione.
Per una versione più complessa, c’è il Kudyah, il cui nome “ha origine arabe, così veniva infatti chiamata la città di Licodia Eubea: è il primo vino nato nelle cantine Terre di Giurfo, puro ed affinato in acciaio”. Rispetto al precedente, vira sulla dolcezza della visciola e del cioccolato di Modica aromatizzato alla cannella.
Ci si sposta sull’Etna per produrre il Nardalici, dal nome dell’azienda “dove sono coltivate le vigne di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio dalle quali si ottiene questo Etna Doc”, da vigneti d’età media di oltre 80 anni nei comuni di Viagrande e Aci Sant’Antonio, entrambi in provincia di Catania, “coltivati con il sistema di allevamento ad alberello su un terreno che si è formato dallo sgretolamento da tipi di lava di diversa epoca e da materiali eruttivi quali lapilli, ceneri e sabbie, con una capacità drenante molto elevata che ha una funzione equilibratrice nel processo di maturazione dell’uva e ciò con ottimi benefici sul tenore alcolico, sul colore e sulla qualità del vino”.
L’assemblaggio di 85% Nerello Mascalese e 15% Nerello Cappuccio regala note olfattive di tabacco ai caratteristici frutti di bosco, mentre il palato annota echi di mirtillo, gelso nero, corbezzolo e pepe di Sichuan.
Spazio anche per un internazionale come il Syrah chiamato Ronna per richiamare “la parola siciliana che tradotta significa donna”, in cui si incarnano “i profumi ed i caratteri femminili della donna ideale metafora magica della madre terra”: i frutti rossi al naso sono attesi, mentre regalano sorprese le diffuse note di susina Rapparina, fragola di Maletto e ciliegia candita.
Due classici isolani tra i bianchi.
Uve Insolia per quest’altra versione di Alakì da manuale dal bouquet di frutta matura che in bocca esprime albicocca, yuzu, frutta secca e limone candito.
Il Grillo del Suliccenti presenta invece il tipico bouquet di zagara e la consueta vibrante aromaticità che unisce mango, ananas, cedro, insieme a un corpo materico.
Gli approfondimenti sulla produzione li abbiamo chiesti a Francesca La Marca, nel video sottostante.
Info: https://www.terredigiurfo.it/?lang=it
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/terre-di-giurfo/