Lo slow food veneziano, alla Trattoria Antico Calice
Che si debba varcare l’uscio di questo locale in Calle degli Stagneri 5228 con un robusto appetito è un consiglio che ti danno in partenza gli stessi gestori della Trattoria Antico Calice. Tuttavia è la qualità e non (soltanto) la pur ragguardevole quantità dei piatti, la vera ragione per andare in quella che una volta era nota come Osteria alla Botte.
Di essere nel posto giusto lo capisci già sedendoti al tavolo, sul quale campeggia una bottiglia di ottimo olio extravergine di oliva del veronese, prodotto dal frantoio della famiglia Salvagno, la quale, forse non a caso, vanta proprio antiche origini veneziane: è erbaceo e piccante come pretende la sua tipologia, la quale meriterebbe maggior notorietà. Non fate i timidi: chiedete subito al gestore Marco Costantini un piattino pulito e lui capirà che volete fare un’autarchica degustazione di olio sul pane.
In questo modo resisterete ai morsi della fame che vi prenderanno alla sola lettura del menu. Già sulla carta capisci quanto sia meritato l’inserimento nell’unica guida gastronomica che abbia un senso consultare se si cerca la gastronomia tipica, quella delle Osterie d’Italia di Slow Food: infatti, all’Antico Calice, prodotti, vini e antiche ricette parlano rigorosamente del territorio.
Prima di scegliere dalla carta, chiedete quale sia il fuori menu del giorno: può riservare belle sorprese. Tra i tanti classici, alcuni must. A partire dal folpetto, gloria lagunare: una volta sotto i denti, ne benedici la fama meritata. Tenerissimo, semplice, ha proprio il sapore di questo tratto di mare ingabbiato.
L’assaggio di baccalà prima o poi a Venezia vi toccherà, quindi tanto vale provarlo dalla mano concreta dello chef Matteo Manao: la versione mantecata è rigorosa come da manuale, quella in salsa rossa è invece spregiudicata ma vincente. Il coraggio di questo cuoco sincero come la sua cucina eccelle quanto l’umiltà della persona.
Gli antipasti sono il momento giusto per accostarvi a una chicca enologica ancora poco conosciuta dal consumo di massa: il Prosecco spento. Dove spento sta a indicare l’assenza di bollicine. Autentica gloria trevigiana.
All’Antico Calice scelgono di servire questo Valdobbiadene Prosecco spento nella versione di Barichel: più profumato rispetto alla media degli epigoni corregionali, ti lascia con un velo di dolcezza sul palato. Ha un’acidità che invoglia a continuare a bere: qui si può farlo senza timori di incappare nell’etilometro, visto che a Venezia non ci si può muovere in auto, ma è bene fermarsi prima che si rischi un bagno fuori programma nel canale.
Intanto resistete a spazzolarvi tutti gli intingoli e affrontate con coraggio i primi. D’obbligo almeno un bis.
In primo luogo, i caperozzoli, come vengono chiamate le vongole veneziane doc. Preparati con gli spaghetti in bianco, accoglieranno tra loro anche delle telline, più grosse e carnose rispetto a quelle molto consumate a Catania. E’ tale il senso di mare che vi trasmetteranno che ogni forchettata sarà come una bracciata al largo in una liberatoria nuotata.
Poi il coraggio dovrà diventare ardimento, per affrontare il piatto dal gusto più forte di tutta la cucina veneziana: i bigoli in salsa. Non lasciatevi ingannare dal nome, perché di pomodoro non c’è traccia: la salsa è quella dominata dalle acciughe liquefatte insieme alle cipolle. Il candore della preparazione non lascia presagire cosa sta per arrivarvi in bocca, ovvero una mareggiata di sapidità, come quando a riva, con il mare mosso, vi precipitano addosso certe vigorose onde altissime: inizialmente stordiscono, ma dopo vi rimane un corroborante senso di freschezza.
Per i primi e, se non volete esagerare, anche per tutti gli altri piatti, fidatevi del vino sfuso della casa, un Pinot Grigio prodotto anch’esso nel trevigiano. Leggero, beverino, rinfresca anche i sapori più aggressivi e rispetta quelli più tenui. Se a questo punto non sarete ancora stesi, avrete davanti tutto il pescato del giorno per potervi soddisfare, con tante diverse preparazioni, senza possibilità di errore.
Ma lasciatevi un angolo recondito per il bussolà nella versione extra large ad anello del buranello più noto, da provare con la grappa Piave da loro arricchita con delle spezie: trasformerà la vostra bocca da un porto di mare in un profumato giardino orientale.
Quella del locale è tra le migliori interpretazioni in città del biscotto buranese, ma non sono da meno le altre declinazioni della pasticceria secca veneziana che offre.
Per capire a fondo l’atmosfera di questa cucina, nulla è meglio delle parole dirette di Matteo e Marco, alla guida dei posti chiave del locale insieme a Cristian Cardin.
Entrerete clienti, uscirete con degli amici in più.
Info: www.anticocalice.it