Lo Zimino, specialità di frattaglie di Sassari e Porto Torres
Malgrado l’omonimia, lo Zimino sassarese non c’entra nulla con la nota e saporita modalità di cottura riservata a pesci e legumi, perché in questo caso si tratta di un piatto tipico della sola Sassari in Sardegna, ritenuto identitario anche nella vicina Porto Torres: il termine farebbe riferimento ai tagli di frattaglie bovine di cui è composto, cotte alla brace.
Nasce come esaltazione delle parti meno nobili delle bestie, facendo affidamento sulla presenza di un mattatoio nella città di Sassari che consentiva l’approvvigionamento della materia prima fresca.
Esiste al riguardo in Rete perfino la pagina Internet di un’Accademia dello Zimino (https://accademicidellozimino.blogspot.com/) che sul filo di una sfrenata ironia dispensa informazioni a tutela della corretta esecuzione della ricetta.
A tal proposito ha emanato perfino un Decalogo dello Zimino e della Ziminata alla sassarese, al fine di mettere per iscritto quanto fino a oggi era stato tramandato con la sola tradizione orale.
Partendo dall’affermazione che lo Zimino per i sassaresi è “una vera e propria religione, un credo, un valore intoccabile, un fondamento dell’etica”, ricorda il periodo buio della mucca pazza che lo rese illegale vent’anni fa e ne fissa la definizione in “arrosto di frattaglie di vitello”, con la suddivisione in bianco e rosso: del primo fanno parte “tratti di intestino tenue (Riccioli in sassarese)”, “Timo (Primo Latte in sassarese; animelle per tutti gli altri)”, “Intestino retto (Cannaguru)”; del secondo “Fegato (figgaddu)”, “Cuore (gori)”, “Diaframma (Parasangu)”. Pulita accuratamente ogni parte, per la cottura “il fuoco (di carbone o di legna) dovrà essere sempre vivo e la grabiglia grande e a maglie fitte”. Andrebbe quindi mangiato con le mani.
Per documentarne la realizzazione così come prevede l’autentica tradizione siamo andati proprio a Porto Torres, alla storica Tenuta Li Lioni (http://www.tenutalilioni.it/) che lo serve in tavola da decenni e quindi ne conosce alla perfezione il metodo di preparazione.
Il suo coltissimo gestore Massimo Pintus, gastronomo intellettuale che ha fatto della propria cucina un presidio culturale di tutta la Sardegna, avverte che si tratta di una ricetta tanto popolare quanto da realizzare con il massimo scrupolo, a partire dal reperimento della materia prima che richiede diversi giorni di anticipo e il ricorso alla prenotazione di certi tagli.
Pintus opta per l’utilizzo di frattaglie di vitello da latte di circa dieci o undici mesi, divise in fegato, cuore, diaframma, rene, ricciolo o ventrame e la parte finale del retto chiamata in dialetto cannaguru.
Per mangiarlo Pintus spiega che occorre seguire il rito dei sassaresi, secondo il quale bisogna riunire in un sol boccone parti grasse e magre.
Un piatto favoloso, come conferma Pintus nel video sottostante girato nella sua cucina.