Lunarossa, vini e passione dal salernitano tra anfore e stimoli culturali
Ispirare il nome di una cantina alla magia della luna e alla sua influenza sui fluidi e quindi sui vini è già indice di un afflato poetico di rara profondità, se poi si aggiunge l’audacia di mettersi a produrre in un territorio ancora poco noto e in più di sperimentare l’affinamento in anfora di classici come Fiano, Aglianico e Piedirosso, ecco allora che ci troviamo davanti a una delle realtà più originali, coraggiose e sorprendenti dell’intero panorama vitivinicolo: tanto da sembrare perfino logico che la cantina Lunarossa di Giffoni Valle Piana in provincia di Salerno leghi inscindibilmente il proprio nome a uno slogan che è anche e soprattutto un progetto di vita, “vini e passione”.
E’ la miracolosa e commovente esperienza condotta da Mario Mazzitelli e Francesca Salvatore in una collocazione insolita in termini di popolarità per la geografia del vino italiano, poiché i loro vigneti “sorgono a ridosso dei monti Picentini nell’enclave della igt dei Colli di Salerno e si protendono verso l’incantevole golfo di Salerno”.
La singolarità dipende dalla circostanza che soltanto da pochi anni “in questo areale si è riscoperta una spiccata vocazione vitivinicola che da molto tempo era ancorata ad un ruolo subalterno nei confronti dei territori limitrofi dell’Irpinia, del Cilento e della Costiera Amalfitana”. Un riscatto d’orgoglio dunque è stato lo stimolo per Lunarossa di “coniugare l’amore e il legame a questo territorio ancora poco conosciuto ma con forti potenzialità, con la passione di produrre vini di eccellenza”, legando “l’ispirazione, la passione e l’entusiasmo” agli “accattivanti paesaggi in cui sono immersi i nostri vigneti”.
Le vigne si trovano a dieci chilometri dal mare a un’altitudine che va dai 180 ai 300 metri, distribuite su cinque ettari in gestione diretta. Sono coltivate col sistema a guyot e “insistono su un terreno di natura calcarea-argillosa”, un terroir privilegiato in cui il clima è mite e soleggiato, “ben protetto alle spalle dalle vette picentine ed irpine”, influenzato dalle brezze marine “che favoriscono la crescita di uve perfettamente salubri”.
Vista la ricercatezza dei sistemi di vinificazione adottati, i quali vedono incrociarsi anche tre diverse metodologie nella creazione di un vino, l’azienda ha ben ragione di considerarsi un laboratorio, con l’obiettivo di “mettere in sinergia il tradizionale con il moderno”, al fine di “sorprendere, rischiare e mai produrre un vino scontato”.
Una sensibilità che ha portato la cantina a realizzare progetti di alta valenza culturale, come Fuorilinea “con gli occhi e le mani dei bambini”, il cui fine sociale è “sostenere un percorso partecipativo e responsabile” in cui i più piccoli decorano le etichette dando vita alle loro opere d’arte che contribuiscono così a finanziare iniziative rivolte al sostegno dell’infanzia.
Altra iniziativa sostenuta da Lunarossa è UVA, l’Unione Vignaioli Associati che offre ai proprietari di piccoli vigneti di realizzare il sogno di vedere imbottigliato il proprio vino in maniera professionale, ma coinvolge pure i consumatori e gli appassionati che possono a loro volta seguire da vicino le attività dell’intera filiera “dalla vigna alla bottiglia”.
L’azienda è perfino fautrice del concorso nazionale letterario Giallo in cantina, finalizzato a “stimolare la fantasia degli scrittori di storie brevi”, eleggendo a loro fonte di ispirazione il mondo del vino, nell’intento di mettere insieme fantasia e cultura.
Questa struttura così magnificamente ricca di stimoli ha esercitato il suo fascino potente anche nei confronti del cinema, tanto che i vini dell’azienda sono apparsi in diverse scene di film italiani, alcuni con firme di registi noti come Fausto Brizzi e Luca Lucini.
I nettari che scaturiscono da tutta questa pregevole complessità non potevano che rispecchiare la vivacità intellettuale dei titolari della cantina.
Esemplare in questo senso la Linea Costacielo, il cui nome deriva “dalla vista che si ha da un vigneto di Montecorvino Rovella, con terreno argilloso calcare, in collina” da cui “si può ammirare tutto il golfo di Salerno da punta Campanella (costiera amalfitana) a punta Licosa (costiera cilentana)”, tanto che “in giornate particolarmente terse si ha l’impressione il cielo si congiunga con la costa”.
Se non bastasse l’eleganza dello spunto lirico citato, ecco aggiungersi l’altrettanto colta attenzione per i dettagli rivolta perfino alla bottiglia, in cui “il colore dell’etichetta del bianco è la crema di nocciola, poiché siamo nel comprensorio della Nocciola Tonda di Giffoni IGP”.
Anche il gusto è altamente rispettato, offrendogli la possibilità di godere le tre referenze della linea tutte con vinificazione “in acciaio con il controllo della temperatura e affinati in anfora”, pertanto donando un’esperienza sensoriale fuori dal comune.
Il Costacielo Rosso, blend di Aglianico all’85% e Piedirosso al 15%, è affinato con la formula “anfora 50%, barrique 25%, steel tank 25%”: si presenta con un profumo pieno e rotondo di sottobosco, colpendo subito per la brillante acidità e il bel piglio zuccherino che trasportano fragola, marasca, ribes e melograno. Beva formidabile per amabilità e scorrevolezza.
Più radicale il Costacielo Rosato, con il suo Aglianico in purezza affinato per sei mesi interamente in anfora, portando rose al naso, mentre in bocca lascia avvertire uva fragola, ribes e susina, con cenno di idrocarburi. Corpo tenue, sorso pulitissimo, è fresco, perfino stuzzicante grazie alla sua irresistibile acidità.
Il Costacielo Fiano riserva a quest’uva a bacca bianca lo stesso trattamento del rosso, portando sentori boschivi al naso e note vegetali al palato, insieme ad agrumi e frutta a polpa bianca matura.
Fiano protagonista assoluto anche del Quartara, nome che è esplicito riferimento dialettale alla sua metodologia di produzione, visto che è “lavorato come facevano gli antichi nelle anfore chiamate Quartare, un contenitore vivo” in cui “la terra, ovvero l’argilla, è complice delle nostre fermentazioni da sempre”. In anfora avvengono fermentazione e macerazione, mentre l’affinamento di svolge per dodici mesi in botti di rovere di diverse capacità e tostature.
Il bouquet che ne scaturisce è di frutta unita a tracce ipogee, mentre l’approccio vegetale porta con sé erbe officinali, insieme ad avocado e nel finale una nota di cedro. A renderlo particolare, la serena sapidità ma ancor di più il forte sentore affumicato.
Aglianico ancora al centro delle altre referenze, in purezza nel Borgomastro il cui lungo affinamento in legno dona nerbo e muscoli che sorreggono spezie e frutti selvatici come la visciola, mentre nel Rossomarea spunta l’abbinamento con un saldo del 15% di Primitivo, la cui permanenza in barrique non toglie freschezza al frutto di provenienza boschiva.
A questo punto abbiamo voluto ascoltare dalla viva voce di Mario Mazzitelli il racconto di questo mondo così ampio e variegato: ci ha risposto nel video che trovate subito dopo.
Info pagina Facebook: lunarossavini
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