Manolo Blahník in mostra a Milano: l’arte entra in una scarpetta
Milano, Palazzo Morando: un’esposizione che ha letteralmente le dimensioni di una scarpetta. Curata da Cristina Carrillo de Albornoz, Manolo Blahník. The Art of Shoes è la prima grande mostra in Italia dedicata all’iconico couturier spagnolo, le cui creazioni sono oggi considerate vere e proprie icone cult.
Titolo che appare dunque pienamente legittimo per comunicare la profonda importanza culturale, artistica ed estetica del lavoro e della ricerca di uno stilista che ha contribuito a scrivere la moda influendo e condizionando le tendenze artistiche contemporanee in settori come il cinema, anche lontani dalla couture in senso stretto: il creare scarpe è considerato, oggi, vera operazione artistica.
Si tratta di una retrospettiva personale che illustra le migliori creazioni dei quarantacinque anni di attività artigianale del maestro, con una forte relazione con l’Italia, dal momento che tuttora, nonostante il marchio sia noto in tutto il mondo, continua a produrre nell’hinterland milanese dove ha iniziato. L’obiettivo? Raccontare la profonda influenza che l’arte e la cultura Made in Italy hanno avuto e hanno ancora sulle sue collezioni.
Il percorso creativo si sviluppa attraverso le sale dell’antico Palazzo dove sono esposti 80 disegni e 212 scarpe, poste in diretta relazione con le Raccolte Storiche.
Attraverso il dialogo con quadri e oggetti d’epoca, si viene immersi in un clima di alto impatto culturale ed estetico che comunica un senso di estremo lusso ed esclusività che si riflette direttamente sulle calzature della collezione: l’aura di cui si tingono assume attraverso la singolare collocazione un connotato la cui raffinatezza e cultura può essere solo italiana.
Ogni scarpetta è accompagnata da una didascalia che ne illustra titolo, periodo storico o anno specifico di creazione, materiali e lavorazione. Viene inoltre sottolineato l’oggetto, il personaggio, l’edificio da cui lo stilista ha tratto ispirazione. Notevoli i riferimenti ad artisti come Picasso e Matisse, ma anche a veri e propri edifici come il Guggenheim Museum.
Le vetrine d’esposizione sono affiancate da un filmato audiovisivo in cui lo stilista elenca sinteticamente in prima persona i principali valori e obiettivi che accompagnano la sua ricerca estetica e il suo metodo di approccio alla creazione.
Il catalogo della mostra, pubblicato da Skira, è reperibile online sul sito ufficiale www.costumemodaimmagine.mi.it: si parte dalla Prefazione di Rafael Moneo, segue poi l’introduzione della curatrice per procedere in seguito a un’analisi in ordine alfabetico che corre parallela tra figure di personaggi storici, pezzi della collezione e tematiche di ispirazione.
La grafica è chiara ed essenziale, dando l’impressione di un lavoro organizzato e curato nei suoi aspetti anche più minimi: le immagini che fanno da corredo ai testi sono di alta qualità e non disturbano ma integrano la narrazione, offrendo una panoramica della collezione in mostra.
Sono anche reperibili materiali di approfondimento online in formato Dropbox e divisi per cartelle: fotografie, storia del brand, biografia dello stilista, storia della mostra.
L’illuminazione è discreta e piuttosto soffusa, a tutti gli effetti in linea e rispetto con l’ambiente: gli oggetti rimangono ben visibili, con l’ulteriore vantaggio di non venir danneggiati da un’eccessiva esposizione ai raggi. Anche la temperatura è costante e piacevole: la visita è gradevole e consente un’ottimale condizione di conservazione dei materiali.
Nel complesso, è da notare però che la visita risulta piuttosto confusionaria e dispersiva: ciò è sicuramente dovuto a fattori relativi alla costituzione stessa del Palazzo antico in cui ci si trova, il quale appare talvolta eccessivamente labirintico. Nonostante ciò, il percorso attraverso le sale non viene reso sufficientemente chiaro, portando lo spettatore a disperdersi e ripercorrere più volte le stesse stanze, spesso senza trovare un nesso specifico che accomuni le scarpe esposte in vetrine che appaiono in alcuni casi eccessivamente piene.
Particolarmente interessante l’accostamento di disegni e oggetti: il processo creativo e la figura dello stilista sembrano però essere trattati in maniera marginale, lasciando poco spazio a strutture audiovisive e multimediali che possano interagire maggiormente con il visitatore.
La mostra risulta infine pensata in primo luogo per un’osservazione passiva, totalmente priva di uno storytelling che sia avvincente e stimolante: una mostra di target sicuramente molto alto, ma poco efficace dal punto di vista della comunicazione empatica che, oggi, appare fondamentale soprattutto nel campo della moda.
In mostra fino al 17 aprile.
Info: www.costumemodaimmagine.mi.it