Marca, il Museo delle Arti di Catanzaro, polo di irradiazione estetica
Se oggi è una moda dilagante porre opere d’arte dai linguaggi contemporanei in dialogo con altre di concezione classica, per il Marca di Catanzaro è invece una vocazione identitaria e istitutiva che lo accompagna con afflato pionieristico ed esplorativo fin dalla sua fondazione nel marzo del 2008.
Infatti il Museo delle Arti Catanzaro vive ben oltre i limiti fisici della sua sede di via Alessandro Turco 63 nel capoluogo calabrese, portando bellezza e ragionamento anche in altri contesti della città e del territorio, come nel caso delle esondazioni allestitive nel Parco Internazionale della Scultura o del Parco Archeologico di Scolacium, acquisendo fama di sperimentazione brillante al di là dei confini geografici della sua allocazione.
E’ coerente dunque che sul proprio sito si definisca “un polo museale multifunzionale dove possono convivere situazioni artistiche differenti, dall’arte antica al linguaggio contemporaneo”, caratteristica che “emerge anche dalle collezioni”.
Al piano terra del museo, subito dopo essere stati colpiti dall’iconica presenza della Moneta di Catanzaro del 1528, con il suo carico di gloriosa storia locale, memoria della facoltà di battere moneta conquistata dalla città in seguito all’eroica resistenza della sua comunità a un assedio.…
… le emozioni cominciano a scorrere con l’esposizione permanente delle “raccolte di arte pittorica e plastica entrate a far parte del patrimonio della Provincia di Catanzaro a partire da un nucleo collezionistico già costituito tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento con opere di Antonello de Saliba, Battistello Caracciolo, Mattia Preti, Andrea Cefaly e Francesco Jerace”.
Programmatico la filosofia espositiva in base alla quale “le mostre dei maestri del dopoguerra si affiancano a quelle degli artisti dell’ultima generazione”.
Tra tante opere apprezzabili, colpiscono le finestre sulla creatività territoriale, come quella dedicata alla Pittura calabrese tra XVII e XVIII secolo, la quale si inserisce nel dibattito tra chi ipotizza una produzione d’arte in Calabria “quasi del tutto subordinata e che vive di riflessi dei centri di irradiazione come Napoli, Roma e Venezia”, contrapposto a chi invece evidenzia “per il Seicento e il Settecento la presenza di una forte produzione artistica locale che trova sfogo in svariate industrie artistiche”, comprese scultura e pittura, la quale si distingue “per una elaborazione artistica originale e autoctona”.
Molto interessante l’analisi che evidenzia i Temi antropologici e sociali nella pittura di Andrea Cefaly, mentre sul piano personale ci è rimasta nel cuore la poesia indolente di Antonio Palmieri (1850-1920), con Il riposo rappresentato da un uomo anziano e presumibilmente poco abbiente, trasportato tra le braccia di Morfeo sulla spinta del nettare di Bacco: una deviazione tematica per questo artista nativo di Nicastro (oggi quartiere di Lamezia Terme, sempre nel catanzarese), più noto per le tele a soggetto religioso.
Ed è ancora il soggetto antropologico a irretire l’osservatore, grazie a opere che portano dentro il museo una realtà che pur attingendo dalla miseria riesce a elevarsi verso la serenità di una figurazione dall’afflato lirico.
Da sottolineare il fondamentale valore aggiunto delle mostre temporanee, delle quali si ricordano “le personali dedicate a Alex Katz, Antoni Tàpies, Alessandro Mendini, Enzo Cucchi o la rassegna di fotografia e video Community”.
Il Marca si pone così quale tappa imprescindibile nel percorso di conoscenza di Catanzaro, splendida città tra le più sorprendenti in Italia per qualità e quantità di arte diffusa nel tessuto urbano.
Nel video che segue, una serie di sensazioni visive raccolte durante il percorso di visita al Marca.