MAU, il Museo Arte Urbana di Torino: la libertà creativa per strada che riqualifica un quartiere
L’arte contemporanea che esonda dal suo letto ortodosso per tracimare come effluvio iconico tra le strade di una grande città, risalendo palazzi e inondando interi quartieri, portando come unica distruzione soltanto quella del senso comune mentre di fatto riqualifica borgate storiche non più di moda ma di enorme lignaggio: avviene a Torino con il MAU, il Museo Arte Urbana che splende di intelligenza e sprigiona emozioni nella zona nord-occidentale del capoluogo piemontese.
Il MAU dichiara nel proprio sito ufficiale di essere “il primo progetto in fase di concreta realizzazione, in Italia, avente come scopo il dar vita ad un insediamento artistico permanente all’aperto collocato all’interno di un grande centro metropolitano, con in più il valore aggiunto di essere iniziativa partita non dall’alto ma dalla base, complice il consenso ed il contributo fondamentale degli abitanti”.
Infatti il “nucleo originario del MAU è sito nel Borgo Vecchio Campidoglio, un quartiere operaio di fine ’800, collocato tra i corsi Svizzera, Appio Claudio e Tassoni e le vie Fabrizi e Cibrario, non distante dal centro cittadino”, una porzione di spazio urbano “che ha mantenuto pressoché intatta la sua struttura a reticolo costituita da case basse con ampi cortili interni dotati di aree verdi, suddivise da vie strette, ed una forte presenza di attività artigianali, commerciali, artistiche, sociali e di intrattenimento, il tutto a favorire il rapporto di comunanza tra gli abitanti ed una tipologia di insediamento, in una zona semicentrale di Torino, tale da farne un paese nella città”.
A partire dal 1991 inizia “un lavoro di rivalutazione delle peculiarità sociali, urbanistiche ed architettoniche del Borgo” e nel 1995 “si valuta di allargare la sfera di intervento all’arte, coinvolgendo i cittadini nelle scelte, stante la disponibilità iniziale di alcuni proprietari di immobili a concedere le proprie pareti per la realizzazione di opere d’arte condivise e permanenti, poi proseguita nel tempo fino agli esiti attuali”, con la direzione artistica fin dall’esordio di Edoardo Di Mauro.
Dal 1995 a oggi sono state prodotte centinaia di opere murarie ed ambientali all’interno del Borgo Vecchio, alle quali si sono affiancate installazioni e interventi collocati permanentemente sulle pareti tra i negozi di via Nicola Fabrizi e corso Svizzera, con la protezione di teche di plexiglas dotate di illuminazione permanente.
La visita viene favorita da una mappa che indica la presenza delle opere lungo percorsi che attraversano più vie ma tutte contigue.
Durante il percorso si incontra anche una piccola sede espositiva al chiuso che ospita mostre permanenti ed è un continuo fermento di iniziative.
Colpisce subito il modo in cui gli interventi pittorici si inseriscono nel contesto dell’arredo urbano, armonizzandosi con pareti…
… finestre…
… porte…
… fino a entrare nella decorazione di attività commerciali.
Tra le sensazioni che maggiormente rimangono nella memoria, la circolarità cromatica del Campidoglius di Antonio Mascia (2011)…
… la ritrattistica scomposta di Max Petrone in The soul alive puppet (2013)…
… il gigantesco pavone senza titolo di Alessandro Rivoir (1995)…
… l’austerità del lettering di Roberta Fanti in Cor iesu (2009) come rinnovo delle iscrizioni dedicatorie d’epoca classica…
… senza dimenticare le sculture, come i Coleotteri di Matteo Ceccarelli (2005).
Al termine della visita si consolida l’idea di trovarsi davanti a un esempio luminoso che si spera possa essere recepito e applicato da tante altre nostre città, poiché non vediamo un modo più illuminato di restituire luce e centralità a periferie, zone decentrate e aree dimenticate.
Il progetto esprime così una forma nuova e spuria di pedagogia dalla formidabile capacità di penetrazione sociale, poiché entra nelle vene di una comunità e la rende parte attiva, realizzando concretamente con semplicità partecipativa ciò che un tempo appariva come utopia quasi populista, quella dell’arte per tutti o l’arte di tutti, ma qui è anche un’arte libera dalle maglie dello stesso sistema a cui appartiene, quella che esce da gallerie e musei per andare incontro al suo pubblico.
Info: https://www.museoarteurbana.it/