Milano 2015 di Sadler, il nuovo Panino Giusto è sbagliato: meglio i classici
Il Panino Giusto vuole celebrare l’Expo con un “iconico ambasciatore della qualità alimentare italiana”, ma l’appena presentato panino Milano 2015 creato dallo chef stellato Claudio Sadler non ha convinto. E’ funestato da un eccesso di aceto balsamico che Sadler non è riuscito a tenere a freno solidificandolo abbattendo la temperatura e aggiungendo agar-agar: grattugiato in misura eccessiva, sottopone il palato a un’abrasione organolettica che cancella il prosciutto crudo di Langhirano, malgrado sia di buona qualità, stagionato ventiquattro mesi e affettato al momento.
Stessa sparizione sensoriale per il parmigiano reggiano di ventisette mesi ridotto a spuma, i cui grumi soltanto a tratti riescono a farsi strada nell’accidentato percorso gustativo. La dolcezza vegetale della crema di carciofini non riesce ad assestarsi nella composizione. L’anonima lattuga è soltanto croccante scenografia. Ha invece ragione lo chef sulla presenza di sensazioni umami.
Nel complesso Sadler conferma di non avere mano felice con le ricette dei panini: anche il precedente Tra i Due per Panino Giusto infatti non ci era sembrato all’altezza della fama dello chef. Esiste pertanto un problema di approccio di questo cuoco, il quale non ha manifestato fino ad adesso la giusta attitudine per dare vita a panini memorabili: troppi svolazzi evanescenti da chef-star e un’ambizione legittima che però porta a perdere la bussola della concretezza. Probabilmente il risultato migliorerebbe se Sadler, anziché adottare gli stilemi creativi del suo ristorante principale, attingesse invece allo spirito con cui gestisce il suo Chic’n Quick Trattoria Moderna, ricco di piatti della tradizione fatti a regola d’arte e con una carta minimale di efficace semplicità sposata all’alta qualità. Dimostrazione che Sadler dà il meglio di sé quando ricorre all’understatement culinario.
Da rivedere pure il nuovo tipo di pane introdotto per la prima volta dopo decenni da Panino Giusto: vanno bene lievito madre, due tipi di farine biologiche e cottura a legna, ma non presenta la giusta umidità. Manca il tocco del grande panificatore, visto che, per esempio, con ingredienti e lavorazione simili si trova l’eccelso Brutto ma buono nello store alimentare sotterraneo della stazione metro di Loreto a Milano. Sbagliata anche la proposta di abbinamento al panino Milano 2015 di un vino omonimo, creato da Cabanon: è un buon uvaggio classico dell’Oltrepo pavese (Croatina, Barbera, Uva Rara), una riserva di sette anni i cui tannini profondi però si sposano male con la freschezza scomposta del panino.
Non entusiasma dunque il nuovo corso gourmet voluto da una dirigenza che ancora non sta dimostrando il talento gastronomico dei fondatori, come dimostra l’impietoso confronto con gli squisiti classici di Panino Giusto, superiori a quelli nuovi per equilibrio e golosità. Nei vecchi panini tutti gli ingredienti sono in primo piano e i condimenti mai invadenti: infatti puntano sulla semplicità, rispettando la materia prima invece di torturarla come fanno gli stellati. Panini che rimangono ancora i migliori in assoluto che si possano provare in una catena di ristorazione: pochi ingredienti ma abbinati in maniera sensata, elevata qualità delle materie prime, fornitori di eccellenza fidelizzati da decenni, tutto affettato al momento e utilizzo soltanto di ingredienti freschissimi. Senza dimenticare una carta dei vini che eccelle rispetto all’offerta degli altri locali di ristorazione popolare veloce.
Il problema sembra allora risiedere nelle nuove scelte dei vertici dell’azienda, a partire da quella infelice di affidarsi a Sadler invece di proseguire sulla strada del pragmatismo meneghino che ne ha fatto la fortuna in precedenza. Problemi che toccano anche la parte riguardante organizzazione di eventi e comunicazione, come palesato proprio dalla presentazione del nuovo panino Milano 2015, decisamente non riuscita.
Conduzione inutilmente sopra le righe, guest apparsi inadeguati, incidenti organizzativi ammessi dallo stesso staff e un altissimo dirigente dalla prossemica insicura che ha regalato anche una piccola gaffe, come quando ha dimostrato di non sapere esattamente da quanti anni lavorino per Panino Giusto i fornitori storici: “venti anni” ha detto lui, “trenta” lo ha prontamente corretto qualcuno dalla prima fila. Dimostrare una non precisa conoscenza di tutto il proprio asset aziendale, soprattutto quando si parla in pubblico e si deve invece essere perfettamente preparati, non è un buon servizio alla brand image della propria società.
Se dal punto di vista finanziario e commerciale tutto va a gonfie vele per Panino Giusto, con aperture a raffica in mezzo mondo e fatturato in crescita, ciò non toglie che una maggiore attenzione a certi dettagli nelle pubbliche relazioni farebbe molto bene a una reputazione aziendale che altrimenti rischia di appannarsi. Forse non è un caso che il competitor McDonald’s abbia avuto la spudoratezza di impostare la nuova campagna mediatica attribuendosi la qualità di produttore di panini gourmet: dimostrazione che se non si presidia adeguatamente questo campo, si rischia di perdere terreno. Non sarebbe male dunque se Panino Giusto recuperasse qualcosa dell’antico spirito aziendale e soprattutto di quella sensibilità verso il (buon) gusto che ha reso grande il marchio.
Info: www.paninogiusto.it