Moscato Reale di Trani, autoctono dell’Anno Mille che manda in Estasi
Esiste un solo lemma così assoluto e spregiudicato nella capacità semantica esclusiva di porre in coincidenza il fibrillante piacere terreno con la sua sublimazione spirituale, tale da condurre a una conciliazione degli opposti in grado di trascendere il conflitto manicheo tra anima e corpo, per proiettarsi alle massime vette delle sensazioni più potenti: è il termine, o meglio, il concetto stesso di Estasi, il medesimo evocato per descrivere il proprio progetto enoico dall’affascinante figura di un signore visionario che ama firmarsi Viticoltore Franco di Filippo, singolarissima autodefinizione che suona come professione di umiltà, in un’epoca in cui le sigle che precedono i nomi rombano invece altezzosamente titoli di studio accademici oppure onorificenze governative.
Di Filippo invece, nella sua illuminazione, dalla terra parte e a essa ritorna, pur dopo avere compiuto un vertiginoso passaggio oltre i confini del cielo, poiché ha trovato il proprio Sacro Graal nella medesima terra che cammina veronellianamente ogni giorno, la quale dà la sensazione di aver scelto lui per offrire un dono da trasmettere all’umanità: il Moscato Reale di Trani.
E’ il prezioso vitigno da cui si trae quel Moscato di Trani ritenuto “il vino D.O.C. più nobile e antico di Puglia”, la cui storia è autenticamente plurisecolare, dato che “già negli anni intorno al Mille i Veneziani presero a far commercio di questo vino, sino a firmare un accordo in proposito con la Dogana di Trane: il conte di Trani, Roberto d’Angiò (sec. XIV), se ne occupò tanto da porre un limite alle esportazioni del vino di qualità dai porti del Regno di Napoli, provocando così il malumore dei mercanti Veneziani”.
Nel ’500 il celebre viaggiatore Fra’ Leandro Alberti, autore di una monumentale Descrittione dell’Italia, ne aveva apprezzato la bontà definendolo “tanto eccellente ch’è cosa molto delicata da gustare”.
Di secolare c’è anche la cura di tale prodotto da parte della famiglia di Filippo, poiché fin da quando il Francesco nonno dell’attuale vignaiolo ha fondato l’azienda nel mese di marzo del 1887, essa già produceva e commercializzava l’uva Moscato Reale di Trani quale unico vitigno coltivato nei propri terreni.
Il traghettamento nel presente avviene invece dai primi anni 2000 “con l’avvento della terza generazione e nella fattispecie con il vignaiolo Franco di Filippo, mutando completamente la metodologia di lavoro sia del nonno Francesco che del papà Nicola; attraverso un’etica aziendale basata sull’artigianalità, unicità e qualità”.
Le uve “sono mature per la vendemmia nella prima decade di agosto, ma per scelta vengono raccolte tardivamente a fine ottobre, quando i grappoli sono appassiti naturalmente in pianta sino al raggiungimento di una concentrazione ideale di aromi e profumi intensi e persistenti; si attende che Madre Natura faccia il suo corso lento e naturale, totalmente diverso dagli appassimenti artificiali in serre chiamate più comunemente fruttai con aria calda artificiale per accelerare la maturazione oppure grappoli distesi su graticci al sole”.
La vendemmia avviene in maniera rigorosamente manuale, attraverso l’individuazione dei soli grappoli sani, mentre quelli con le muffe non vengono raccolti. A ciò si aggiunge il fattore Tempo, con il vino lasciato a riposare e maturare “in silos di acciaio e non in barrique per svariati anni affinché si possa affinare e sprigionare nella sua personalità fatta di profumi ed aromi intensi, persistenti ed eleganti derivanti dal vitigno autoctono e soprattutto dal suo territorio d’origine”.
Il distributore Proposta Vini che ne sostiene la diffusione sottolinea come Franco racconti il Moscato di Trani quale “prodotto di difficile realizzazione che richiede espedienti antichi, pazienza e speranza nella Divina Provvidenza oltre che materia di prima qualità”.
L’evocazione religiosa è autografa, in quanto è proprio Franco che verga in tutte le comunicazioni il suo credo: “ringrazio la Divina Provvidenza che m’ illumina e mi assiste nel lavoro che svolgo e in quello che non posso mai fare”.
Ed è qui che il concetto di Estasi si chiarisce nella sua pregnanza, in una teoria aggregante di significante e significato che – Enciclopedia Treccani dixit – mette insieme stupore della mente, mistica, rapimento dell’anima, perduta coscienza del mondo fisico, contemplazione del divino, emozione particolare, fino al “provare vivo godimento per cosa che riempia di sé tutta l’anima”.
Un quadro interpretativo al quale chi scrive aggiungerebbe, sul piano fideistico, la divorante metafora scultorea con cui nel cuore del ’600 il Bernini rappresenta L’Estasi di santa Teresa d’Avila come osmosi emotiva e carnale in cui la celebre monaca al contempo raffinata scrittrice si arrende plasticamente alla propria tempesta sensoriale, mentre dal punto di vista edonistico il pensiero corre a Estasi intesa come il titolo del film del 1933 in cui appare la più famosa tra le prime scene di nudo integrale nel cinema, liberatorio inno visivo all’abbandono epidermico, anche in quel caso con al centro una grandissima donna ricca di complessità come l’attrice Hedy Lamarr che saprà farsi apprezzare pure come inventrice.
Su queste monumentali basi ideali e motivazionali poggia l’Estasi qui trattato, spumante “ottenuto mediante un processo di lavorazione opposto a quello usuale fin dal momento della vendemmia: normalmente le uve si raccolgono ancora acerbe in modo da donare allo spumante unicamente acidità (freschezza)”, mentre in questo caso si tratta di una rifermentazione in bottiglia per 18 mesi sui propri lieviti del vino Moscato reale di Trani ottenuto da uve mature”.
Uve che sono mature per la vendemmia “nella prima decade di agosto, ma per nostra scelta vengono raccolte tardivamente nella seconda decade di ottobre quando i grappoli sono passiti” in pianta “sino al raggiungimento di una concentrazione ideale di aromi e profumi intensi e persistenti”.
Due le declinazioni, di cui la pietra angolare è il Pas Dosé Estasi in Armonia, spumante metodo classico da passito millesimato, autentico capolavoro di complessità.
Si presenta con profumi di alta pasticceria, tra canditi e panna fresca, traducendosi al palato in una corposa consistenza liquorosa dall’abbrivio zuccherino innervato di albicocca essiccata e fico caramellato, per lasciare poi emergere prepotente uno sconvolgente carattere amaricante che addensa Mandorla di Toritto, genziana, dulce de Membrillo (la cotognata spagnola), con un finale impreziosito dall’alloro.
Una formidabile girandola di suggestioni di una tale personalità da portarlo a prendersi la scena con ogni abbinamento possibile.
Estasi in Sinfonia è la versione brut del precedente, una variazione sul tema che conduce all’espressione di altre sfumature del vitigno, dalle note di zagara all’olfatto a quelle agrumate al gusto, introducendo aromi e spezie mediterranee che vanno dalla carruba al cardamomo.
Monumentale il Moscato Reale di Trani Passito Liberty 2013 che inebria con un bouquet che al noto descrittore di zagara associa cenni di melata.
In bocca è un nettare che immerge il sorso nel miele di Robinia, accostandolo alla Pompia sarda ovviamente candita, ma anche all’albicocca disidratata, lasciando cogliere pure una sfumatura di Cirmolo che ne bilancia la tentazione abboccata.
Il Moscato Secco in Ascesa, proposto come vino da pasto, in realtà non tradisce la nobiltà di schiatta e incanta a sua volta il naso con pera e cannella, mentre alla deglutizione è un trionfo di nespola, ananas, mango e cenni vanigliati.
L’acidità è esplosiva e in questo modo ingolosisce la beva, traducendosi in un’infinita carezza al palato.
Abbiamo chiesto a Franco di Filippo di riassumerci il profondo significato del suo lavoro quotidiano e di ciò che ne scaturisce: ci ha risposto nel video qui di seguito.
Info: http://www.moscatotrani.it/estasi-armonia.html
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/estasi-franco-di-filippo