Musei San Domenico di Forlì, le opere d’arte delle collezioni permanenti
Sono meritatamente noti per ospitare alcune delle mostre temporanee più significative, intelligenti e ricercate del panorama culturale italiano i Musei San Domenico che prendono il nome dal complesso di alto valore architettonico e archeologico che li ospita in piazza Guido da Montefeltro a Forlì, la cui destinazione istituzionale “è quella di sede della Pinacoteca e dei musei civici (convento) e di spazio assembleare multifunzionale (chiesa)”, offrendo collezioni permanenti ricche di opere la cui realizzazione è storicamente legata alla città e al suo esteso circondario, divenendo volano pedagogico per una più profonda osservazione di quest’area del Paese che offre un’esperienza di visita complessa ed emozionante.
Il complesso conventuale di San Domenico ospita al piano terra la Collezione Pedriali, una raccolta “di dipinti che l’ingegnere forlivese Giuseppe Pedriali (1867-1932) raccolse lungo l’arco della sua vita e che lasciò in dono agli Istituti Culturali di Forlì” con il suo testamento del 1932…
… composta da ventotto opere “che coprono un arco temporale dal XVII al XIX secolo e che descrivono il gusto ed il costume culturale in voga in Europa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento”…
… mentre “al primo piano trova collocazione la sezione antica della Pinacoteca civica”, le cui opere esposte “coprono un arco temporale dal XII agli inizi del XIX sec.”.
E’ straordinario come tali raccolte riescano a tratteggiare una sorta di genius loci figurativo: raccogliendo infatti i talenti pittorici legati nei secoli all’ambito romagnolo, narrano l’evoluzione del gusto estetico nel territorio, un susseguirsi di stili, soggetti e tecniche che hanno costituito l’arredo visivo più pregiato del posto, goduto dalle iridi indigene negli edifici come nei luoghi sacri. Il loro assemblaggio in un comune assetto spaziale giunge così a definire un’autentica narrazione storica per immagini che permette di cogliere il rapporto tra una comunità e l’arte, un punto di vista originale di enorme valore introspettivo e interesse cognitivo.
In tal modo ci è consentito di percepire l’aulica visione della fede grazie al Trittico con storie della Vergine e Santi del Maestro di Forlì attivo dal 1280 al 1310 circa, con il suo abbacinante oro giottesco…
… seguito dal tenue misticismo umbratile di San Bartolomeo apostolo e San Bernardo di un anonimo pittore romagnolo della fine del XIV secolo…
… con i cromatismi che si accendono in pieno tripudio rinascimentale con la Comunione degli apostoli (1506) del forlivese Marco Palmezzano, il cui talento qui è impresso su tavole e pale…
… e la cui importanza è sancita da un suo ritratto di un Anonimo del XVI secolo…
… mentre propone contrasti più netti e dolenti La Madonna con il Bambino del concittadino coevo Giovan Battista Rosetti…
… diversamente dal classicismo dalla luminosità ascendente di un altro figlio di Forlì, Baldassarre Carrari, con L’Incoronazione della Vergine e i Santi Benedetto, Mercuriale, Giovanni Gualberto e Bernardo Uberti.
Vanno annoverati gli stimoli emotivi dei volti interrogativi con cui La Madonna con il Bambino incrociano gli sguardi nella visione di Nicolò Rondinelli che ebbe natali e sepoltura a Ravenna tra il 1450 e il 1510…
… tematica simile affrontata in maniera non meno problematica nell’opera La Madonna con il Bambino e san Francesco in cui gli sguardi invece rifuggono dallo specchiarsi, nell’interpretazione di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo dal luogo del ravennate in cui nacque alla fine del ’400…
… passando per il dolore rassegnato della Deposizione della Croce del cinquecentesco Giulio Avezuti detto il Ponteghino che nacque e spirò nella vicina Faenza…
… mentre si rientra a Forlì con il nativo Livio Agresti che ancora nel sesto decennio del XVI secolo sembra anticipare umori preraffaellitici e perfino decori liberty nel suo Crocifisso con due angeli…
…lo stesso autore che si è fatto notare per le pennellate dalle sfumature arcaiche delle sue Storie eucaristiche fissate in forma di affreschi.
Un plauso dunque all’acuta intuizione di allestire un percorso espositivo capace di legare l’espressione artistica alla raffigurazione di una Weltanschauung centripeta che rivolge l’attenzione verso il particolare di un microcosmo geo-localizzato, al fine di renderla sineddoche di una porzione di mondo in divenire fiero di rappresentarsi nella sedimentazione di pennellate intrise di metafora antropologica.