Museo Civico Archeologico di Verucchio, sorprendente esposizione in provincia di Rimini
Tremila anni di storia, con protagonisti illustri come la celeberrima comunità villanoviano-etrusca e al centro la straordinaria epopea del commercio dell’affascinante ambra, con il puntello di una serie di reperti impressionanti per qualità, quantità e stato di conservazione, il tutto in uno splendido borgo di soli diecimila abitanti: sono dati che spiegano la monumentale importanza del Museo Civico Archeologico di Verucchio in provincia di Rimini in Emilia-Romagna, gioiello che merita molta più fama sotto ogni aspetto.
Il museo ha sede dal 1985 nell’ex monastero di Sant’Agostino che già per la sua imponenza architettonica pari alla grazia estetica meriterebbe la visita, con l’intera struttura rivestita dal caratteristico cotto come gli altri edifici storici locali, dalla perfetta manutenzione.
L’esposizione attuale è frutto di un profondo ragionamento sul valore archeologico delle collezioni, di raro livello soprattutto per un centro così piccolo, la cui importanza è vettore di narrazioni di grande fascino e di quadri storici di enorme pregnanza divulgativa.
La consapevolezza di avere a disposizione un patrimonio culturale superiore alla media ha spinto ad alzare l’ambizione pedagogica, portando dal 1995 a un riordinamento e ampliamento delle sezioni al fine di giungere a “una nuova e più aggiornata rappresentazione della civiltà verucchiese, anche grazie a un esauriente apparato documentario e didattico e ad accorgimenti allestitivi che consentono una percezione davvero completa di questa articolata e complessa realtà archeologica”.
Come le vivide ricostruzioni grafiche degli oggetti nelle loro completezza antica con l’uso di un efficace stile fumettistico…
… o le articolate spiegazioni scritte con linguaggio accessibile nelle didascalie dei pannelli, sempre con ricchezza di illustrazioni…
… e non ultime la accurate ricostruzione scenografiche sospese tra i dettami dell’efficacia teatrale e la rapidità induttiva dell’infografica.
Complessità che parte dalla longevità della materia museale, fin dai “primi squarci su questa straordinaria realtà locale dell’età del Ferro” che attestano come “circa 3000 anni fa sulla rupe di Verucchio sorgeva un centro di cultura villanoviana, popolato da famiglie aristocratico-gentilizie che dalla sua posizione tra rotte adriatiche e percorsi terrestri per gli scambi in più direzioni derivava ricchezza e sviluppo culturale”.
Ne sono lampante testimonianza “oggetti straordinari riferiti alla prima età del ferro (IX-VII secolo a.C.)”.
Viene sottolineato come “storicamente il centro villanoviano di Verucchio ebbe un ruolo importante nell’area dell’Adriatico centro-settentrionale, favorito in particolare dal commercio dell’ambra, resina fossile molto ricercata per la sua rarità per realizzare gioielli ed altri oggetti preziosi”.
L’ambra era così importante all’epoca da riversare a sua volta potenza e ricchezza nelle località o comunità in grado di essere snodo del suo lungo percorso che iniziava in terre lontane verso oriente, come nel caso di Fratta Polesine in provincia di Rovigo, a sua volta depositaria di memoria legate all’ambra nel proprio museo archeologico nazionale.
Qui il prezioso materiale non era solamente terra di passaggio per il materiale grezzo, bensì in parte vi permaneva per essere lavorato da artigiani altamente specializzati in possesso di notevoli competenze tecnologiche e perfino di capacità di innovazione, con peculiarità realizzative uniche nel mondo di allora, come si può osservare dalla fattura degli spilloni esposti che venivano usati per la chiusura dei mantelli.
La prosperità della comunità locale del tempo e soprattutto delle famiglie aristocratiche di Verucchio “si riflette nelle sepolture scoperte, finora 600 distribuite in 4 necropoli, che contengono ricchissimi corredi con oggetti di varia forma e funzione, riflesso di un artigianato molto sofisticato che era attivo anche nel territorio”.
La natura stessa si è messa a contribuire alla vocazione archeologica di tale territorio, creando le condizioni pedoclimatiche per proteggerne i giacimenti, facendo in modo che “nelle tombe, realizzate come pozzetti scavati nel terreno argilloso, si sono conservati oggetti realizzati in materiale organico che difficilmente il tempo mantiene integri se non in particolari condizioni e che rappresentano un punto di riferimento importante per conoscere molti aspetti della cultura materiale dell’epoca, altrimenti sconosciuti”.
Si tratta di “abiti in lana, arredi in legno (troni, poggiapiedi, tavolini), contenitori ed elmi in vimini, cibi di natura animale o vegetale, i quali, insieme ai preziosissimi gioielli in ambra e agli altri oggetti che componevano i corredi funerari, formano una raccolta unica al mondo per il periodo storico cui appartiene”.
Basti osservare la teca con i resti di un trono scampato addirittura al fuoco, per comprendere la straordinaria resilienza dei reperti qui conservati, quasi avessero avuto una loro precisa volontà di trasmettersi ai posteri.
Tra tanti tesori, destano emozione quelli di formidabile valenza antropologica che consentono di comprendere alcune abitudini alimentari delle popolazioni del posto, poiché da ciò che mangiavano si può risalire ad abitudini della vita sociale, a partire dall’importanza della pesca nelle acque un tempo più voluminose e generose di quel fiume Marecchia fondamentale per lo sviluppo delle civiltà da qui allo sbocco in mare dove fino a poco tempo fa ancora si recavano le persone in cerca di risorse e scambi.
Per organizzare tutto il racconto di questo villaggio villanoviano il percorso di visita si appoggia sulla ricostruzione di alcuni corredi funerari più significativi e “si snoda su tre piani attraverso tre tematiche principali: Piano terra (Sala degli Antenati), Distinzione di genere maschile e femminile; Seminterrato (Sala degli Armati, Sala del Mantello), ruoli di guerrieri e filatrici/tessitrici; Primo piano (Sala della Tessitrice, Sala delle Ambre, Sala del Trono), rango e i corredi principeschi”.
Completano il percorso “la Sala dell’Area sacra, dedicata alle scoperte provenienti dall’area abitativa villanoviano-etrusca e la Sala tattile, allestita per scoprire in modo multisensoriale la ricostruzione di una tomba principesca femminile con il suo ricco corredo”.
Fino all’epilogo carico di mistero e meraviglia dell’appartata Sala del Mantello, la più evidenziata fin dall’ingresso squillante…
… dove si rimane a bocca aperta per la qualità tessile dei materiali espositi e ancora una volta dalla loro capacità fuori dall’ordinario di resistere pervicacemente alle ingiurie del tempo trascorso per mettersi in mostra nel tempo in fieri.
La scansione del tragitto privilegia criteri toponomastici e la catalogazione archeologica più rigidamente scientifica, così da legare le varie tappe cognitive a precisi luoghi o singole tombe, facendo in modo che fosse la stessa organizzazione degli scavi di provenienza a dettare il ritmo epistemologico.
Un museo a dir poco necessario che tutti avremmo il dovere di visitare per indagare a fondo un tassello decisivo della nostra stessa identità.
Info: https://www.museoarcheologicoverucchio.it/