Museo Civico del Castello Ursino, arte e antichità per narrare Catania
Arte figurativa, architettura, numismatica, tradizione epigrafica, arredo urbano, araldica, archeologia, reperti naturalistici, arti decorative: sono molteplici le discipline messe a disposizione dei visitatori del Museo Civico del Castello Ursino per compiere un viaggio nella millenaria storia della splendida città di Catania con tutto il suo carico di elementi di immensa valenza antropologica tradotto in avvincente storytelling fatto di continui cambi di scena nella scansione dei capitoli che lo compongono.
La stratificazione del patrimonio espositivo inizia nel 1826 con la collezione di dipinti donata da Giovan Battista Finocchiaro comprendente tele di scuola napoletana, seguita nel 1866 la raccolta dei Benedettini “entrata in possesso del Comune di Catania a seguito dello scioglimento delle corporazioni religiose” composta da “materiali greci e romani scavati e rinvenuti in città o acquistati sul mercato antiquario di Napoli e Roma, e oggetti portati dai missionari al ritorno dalla Cina e dal Giappone”.
Coeva l’imponente raccolta formata a partire dal ’700 dal patrizio catanese Ignazio Paternò Castello, V principe di Biscari.
Entrambe queste due ultime collezioni sono citate in pagine di Goethe e Brydone.
Per quanto riguarda la raccolta Biscari, il nucleo principale è costituito “da materiali archeologici provenienti dagli scavi eseguiti a Catania e nei fondi di famiglia, nei pressi dell’antica Camarina, nonché da acquisti fatti a Napoli, Roma e Firenze: tra i pezzi più pregevoli della collezione alcuni splendidi vasi attici, terrecotte arcaiche, ed un cospicuo gruppo di bronzi”.
Nuovi arricchimenti sono derivati “con altri acquisti, donazioni e lasciti che incrementarono per lo più la pinacoteca; al periodo tra il 1934-38 risale il lascito del legato Mirone e al 1936-46 il legato Zappalà Asmundo, mentre è del 1947 il lascito Balsamo”.
Dagli anni ’60 del secolo scorso sono state anche acquistate diverse tele di pittori come Natale Attanasio e Giuseppe Sciuti, mentre “al 2013 risale il lascito Francesco Belfiore composto di 19 opere pittoriche dell’artista catanese Antonino Gandolfo”, tra cui il Ritratto di Mario Rapisardi, personaggio eccellente del capoluogo etneo.
Tra le opere esposte però vanno citate pure tavolette bizantine, quadri di Pietro Novelli e Matthias Stomer, fino ad autori di fama internazionale come El Greco con il suo Ritratto di Gentiluomo del 1575…
… Mattia Preti con il proprio proverbiale chiaroscuro nel San Luca Pittore del 1669…
… o la cerchia del maestro spagnolo Ribera di cui si espone il Compianto su Cristo deposto del 1618 con i potenti contrasti luministici che ne rappresentano la firma ideale.
Interessantissima la parte di percorso che consente di scoprire autori locali, come il notevole catanese Alessandro Abate che nel 1894 esprime con stile velato le dolenti figure che tratteggiano I Cantastorie…
… o il concittadino Pasquale Liotta che con virulenza figurativa mostra L’effetto dell’hashish in tempi non sospetti nel 1875…
… e ancora la mano struggente di Sebastiano Guzzone, di Militello Val di Catania, nell’impressionare il Pastorello malato del 1881…
… e la sensualità antica di Michele Rapisardi, pudica con L’Orientale del 1882…
… mentre era stata disinibita e perfino lasciva nella Venere su divano verde del 1858-’59.
Ulteriori percorsi museali riguardano la Numismatica, con diversi pezzi pregiati di ben oltre duemila anni…
… una pregiatissima Collezione epigrafica…
… e un interessante excursus negli Stemmi etnei, opere lapidee che narrano la storia urbana di Catania, dal patrimonio pubblico a quello delle famiglie nobiliari, passando per gli ordini religiosi.
Tutto questo in uno sfavillante contesto architettonico che spinge ad ammirare ambienti e decori di un edificio la cui costruzione fu avviata tra la fine del 1239 e l’inizio del 1240 da Federico II di Svevia.
Il castello è anche generoso scrigno di vicende storiche che hanno lasciato il segno pure sulla sua struttura, come nel caso dell’eruzione dell’Etna del 1669 la cui interminabile colata durata mesi arrivò fin qui “modificando il rapporto dell’edificio con il terreno e la sua posizione all’interno del tessuto cittadino”, con il fiume di lava che ha circondato il maniero come in un abbraccio incandescente ma lasciando miracolosamente “pressoché intatta la struttura”, distruggendone quasi simbolicamente la sola funzionalità militare.
Basta sporgersi su un lato del castello per osservare ancora le tracce pietrificate dell’evento.
Un modo vario, suggestivo ed eclettico per comprendere la millenaria storia della splendida Catania in tutta la sua potente complessità composta da infinite sfaccettature culturali, con il pregio di essere intellegibile anche in assenza di guida.