Il Museo d’Arte Medievale e Moderna di Palazzo Lanfranchi a Matera
Spirali di spiritualità scultorea, eco-dagherrotipia cristallizzata dell’anima, figurazione monumentale del divenire antropico, ci sono proprio tutte le infinite trame dell’estro che ha attraversato la Lucania, in mostra al Museo d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata che si trova nel Palazzo Lanfranchi a Matera.
La statuaria di cartapesta racconta la spiritualità secolare della Basilicata quanto la tradizione creativa con materie povere delle botteghe meridionali…
… affiancandosi a scatti fotografici di ieratico incanto metafisico, come nei Paesaggi probabili di Nico Colucci…
… mentre il classicismo si fa identitario quando è memoria tangibile di affreschi strappati alle pareti originarie…
… o di vestigia rupestri rimosse dalle sedi litiche natie…
… passando per l’inevitabile influenza stilistica mutuata dai cangianti stili imperanti…
… o da qualche lampo di intrigante esternazione fisiognomica…
… fino a iconici simbolismi che esercitano un sincretismo tra credenza religiosa e rifugio apotropaico.
In questo ordito eclettico si può annidare un’opera polimaterica di Jannis Kounellis (lastra di ferro, bottiglie, panno nero e cavo di metallo)…
… o il realismo toponomastico in rilievo del Plastico dei Rioni Sassi, opera incompiuta di Franceschino Montemurro, creativo materano che lo ha lavorato per diciotto anni in plastilina bianca fino alla sua scomparsa nel 1998.
Lo abbiamo sorvolato con la nostra telecamera nel video che segue.
Il massimo pregio dell’esposizione risiede però nella declinazione pittorica dell’immensa sensibilità di Carlo Levi.
Se come scrittore aveva sollevato la questione Matera, nell’opera Cristo si è fermato a Eboli, come pittore Levi tratteggia il respiro psico-somatico della Basilicata nel dipinto Lucania ’61.
Un’opera-mondo, gigantesco intreccio di affresco, telero e murale, sviluppato in orizzontale come fluviale tumulto cromatico che incrocia lo storytelling pedagogico di impianto medievale con la modernità di una strip fumettistica.
Il dipinto si può definire un’opera cinetica immobile, ossimoro che vuole spiegarne la fruizione, poiché per coglierla nella sua interezza bisogna percorrerla lungo tutto il suo sviluppo, camminandole accanto lungo la linea del suo perimetro, entrando in una visione che assume connotati cinematografici.
Procedendo da un capo all’altro dell’opera, la scansione visiva sembra infatti riprodurre lo scorrimento dei fotogrammi di una pellicola, come nella visione primitiva del kinetoscopio di Thomas Edison, mentre allo stesso tempo la camminata speculativa mutua il ritmo di una lunga carrellata filmica.
Nel video sottostante, abbiamo cercato di cogliere questa sensazione…
E’ un capolavoro di verismo poetico quello che filtra dalle iridi dell’osservatore del dipinto, per puntare al suo cuore, emozionandolo.
L’umanità, indolente, porta sui volti l’arsura degli stenti e la delusione delle speranze disattese, mentre i colori immergono le sagome dei personaggi nel perenne umbratile inverno del loro scontento.
Un’ode tragica, dolorosa, ma che lascia avvertire il covare del fuoco del riscatto, forse, da qualche parte.
Originale la genesi dell’opera: prima di prendere in mano i pennelli, Levi volle tornare in quella Basilicata dove era stato confinato dal regime fascista, ma questa volta da uomo libero e in compagnia del documentarista Mario Carbone, affinché questi traducesse in scatti fotografici le suggestioni mnemoniche dello scrittore pittore.
Quegli scatti si trovano esposti specularmente al dipinto, creando un gioco di riflessi ideali tra la realtà fenomenica oggettivata da una foto e la sua raffigurazione filtrata dall’interpretazione pittorica.
L’opera fu commissionata dal Comitato per le Celebrazioni del Centenario dell’Unità d’Italia, per rappresentare la Basilicata in una mostra legata all’evento, caduto nel 1961.
A scegliere Levi fu un altro gigante della cultura italiana, Mario Soldati, non a caso anch’egli talento multidisciplinare come Levi.
L’autore ha dedicato il dipinto a uno degli intellettuali lucani più luminosi e influenti, Rocco Scotellaro, scrittore col tarlo della politica buona e giusta, proprio come Levi.
Nel Museo, ancora Levi è protagonista di un’altra sala, la quale riunisce i suoi numerosi ritratti…
… dedicati alle figure più significative per il respiro intellettivo dell’autore…
… tra cui spicca lo sguardo corrucciato di Giorgio Amendola, cinto da pennellate spesse, grasse, nervose, facendosi paradigma dell’indole figurativa di Levi, spudoratamente ingenuo e quasi fauve nel tratto, ma di stratificata complessità nel pensiero che muove la mano.
La visita al museo vale anche per godere della grazia di Palazzo Lanfranchi, “massima espressione dell’architettura del Seicento a Matera” nelle note del Polo Museale della Basilicata, in cui si elenca anche la presenza di centro documentazione, biblioteca, fototeca e spazi destinati a mostre e manifestazioni culturali.
Nel video che segue, abbiamo raccolto appunti visivi di questa esposizione suddivisa tra arte sacra, collezionismo e arte contemporanea.