Museo della Liquirizia Amarelli a Rossano, il racconto diventa prodotto
Uno dei massimi esempi di storytelling museale, capace di tradurre una vicenda privata in epopea collettiva, una narrazione d’impresa in Storia della civiltà, un manufatto in categoria dell’anima, un bene di consumo in orgoglio sociale, un prodotto internazionale in identità locale: il Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli è un’eccellenza del Paese da studiare in ogni minimo dettaglio, per la lezione che impartisce su come il Privato possa e anzi debba fare Cultura in Italia.
Il museo si trova nell’omonima Contrada Amarelli a Rossano, centro in provincia di Cosenza ricco di storia antica e di pregi ambientali. E’ collocato nel cuore della sede secolare della Amarelli, tra architetture di pregio contrassegnate da materiali edili caldi, sotto lo sguardo quasi affettuoso del Concio, “impianto proto-industriale per la trasformazione delle radici di liquirizia in succo”, concretizzazione dell’idea che nel 1731 trasformò l’azienda in leggenda.
La struttura espositiva narra “una storia nella storia, una saga, quella degli Amarelli, iniziata intorno all’anno Mille e proseguita nei secoli fra Crociate, impegno intellettuale e agricoltura” si legge sul sito del museo, spiegando che si tratta di “una storia da toccare con mano, da leggere, da ascoltare, da vivere nel Museo”.
Le visite sono guidate, con un’ottima organizzazione che riesce a cadenzarle a orari regolari anche nel momento di massimo afflusso, come l’estate, quando il museo viene letteralmente preso d’assalto da appassionati, curiosi e cultori del turismo industriale. Visite disponibili in più lingue, come francese, inglese, tedesco, russo, spagnolo e portoghese.
Le guide sono di rara preparazione e disponibilità: hanno capacità di catturare l’attenzione, efficacia divulgativa e sono sempre pronte a rispondere alla domande dei visitatori, anche dei più piccoli.
La narrazione delle assistenti museali si dipana lungo un percorso complesso che intreccia vari livelli: il filo cronologico permette di comprendere lo sviluppo dell’azienda Amarelli ma anche l’evoluzione del gusto, il criterio industriale illustra l’evoluzione tecnologica della produzione, mentre il focus sulla comunicazione passa in rassegna metodologie di advertising e trasformazioni del packaging, fino ai mutevoli stili grafici governati dal marketing.
La promessa, mantenuta, è di potere scoprire “i segreti della lavorazione della liquirizia, i covoni di radice pronta per essere lavorata, gli impianti moderni per l’estrazione, gli antichi cuocitori dove si addensa la pasta nera di liquirizia e le trafile in bronzo che le conferiscono forma e spessore”.
Infatti la visita viene introdotta simbolicamente dai rami ipogei delle piante di liquirizia “che crescono spontanee sulla costa ionica” della Calabria.
Affascina il passaggio dai primitivi strumenti di lavorazione alla meccanica più evoluta, spaccato dell’ingegno umano.
Interessante anche la ricostruzione degli ambienti del passato che evocano tanto gli uffici quanto i negozi
Da sottolineare il “dolce profumo di liquirizia” che accompagna la permanenza nel museo.
In esposizione incisioni ed elementi di botanica…
… documenti aziendali, libri e pubblicazioni tipici dell’editoria d’impresa…
… foto d’epoca, attrezzi agricoli, oggetti di vita quotidiana e “splendidi abiti antichi a testimoniare la vita di una famiglia”.
Emerge non soltanto la vicenda privata di una famiglia e quella pubblica di un’impresa di successo, bensì un sincero e attento spaccato dell’anima più profonda di un territorio, del quale il mondo della liquirizia rappresenta una delle più salde radici identitarie.
Intelligente e suggestiva la sezione in cui si mostrano altri ambiti semantici in cui il lemma “liquirizia” è stato protagonista, come il cinema con il celebre film intitolato proprio Liquirizia, diretto da Salvatore Samperi nel 1979, cult movie che vede tra i protagonisti Christian De Sica, Barbara Bouchet, Teo Teocoli, Jenny Tamburi, Eros Pagni, Giancarlo Magalli, Carmen Russo, Enzo Cannavale, Ricky Gianco.
Dovrebbero arrivare alla fine del percorso i passaggi nel Liquorice Shop e nel Museum Cafè, ma spesso rappresentano invece l’inizio dell’esperienza, nell’attesa di partire in gruppo per la propria visita guidata.
Il Liquorice Shop è un enciclopedico paradiso dei golosi, offrendo ogni possibile declinazione della materia prima, “dal bastoncino di legno grezzo alle liquirizie pure o con menta e anice, dalle gommose all’arancia, al limone, alla violetta, fino ai confetti delicatamente colorati”.
Impossibile resistere alla tentazione di un assaggio e poi di portarsi a casa diversi prodotti, fosse anche per la sola bellezza delle confezioni, piccoli capolavori di design.
Il Museum Cafè, posto all’esterno, in un curato giardino verdeggiante, vale decisamente per la possibilità di provare un’autentica squisitezza, il caffè alla liquirizia.
Non si tratta di una bevanda aromatizzata, bensì della sostituzione dello zucchero con una polvere di liquirizia, la quale, immersa nel caffè, va girata con il cucchiaino affinché si sciolga.
L’abbinamento tra le note sensoriali del caffè e lo spettro aromatico della liquirizia è straordinario, anche perché quest’ultima è un dolcificante naturale ricco di complessità organolettica.
La cura del museo riflette la profonda convinzione di Pina Amarelli sull’importanza e le potenzialità dei musei d’impresa, non soltanto per la comunicazione delle imprese stesse bensì per tutto il sistema culturale del Paese.
Da qui un indefesso impegno a sostegno di associazioni di musei d’impresa e continui contatti con ministeri e vertici istituzionali, affinché tale sistema museale possa godere di maggiore considerazione culturale e possa amplificare la sua incidenza nel settore turistico tout court e non soltanto nella nicchia di quello industriale.
Testimonianza di questo impegno per fare sistema, le collaborazioni con altre realtà museali d’impresa, come la Fondazione Pirelli, per la quale Amarelli ha realizzato delle creazioni ad hoc sia per il merchandising (alla fine della visita guidata della Pirelli viene donata una confezione di confetti di liquirizia Amarelli griffati con il marchio Pirelli) che per eventi particolari, come nel caso dell’enorme pneumatico di liquirizia oggi esposto nel museo rossanese.
Non è un caso quindi che nel 2001, anno di inaugurazione della sede museale, la Amarelli sia stata insignita del Premio Guggenheim impresa & cultura – Il Sole 24-Ore, mentre nel 2004 le Poste Italiane per celebrare il Museo hanno emesso un francobollo della serie Il patrimonio artistico e culturale Italiano.
Il lignaggio del luogo e di chi lo gestisce è evidenziato anche da altri aspetti, come un archivio storico che custodisce quasi sei secoli di documentazione delle attività di famiglia, il cui interesse è stato riconosciuto dal Ministero dei Beni Culturali, mentre occhieggia da una parete il simbolo dell’associazione Les Hènokiens che riunisce nel mondo aziende che esistano da almeno duecento anni e siano ancora gestite dalla famiglia che le ha fondate, nella quale Pina Amarelli ha ricoperto il ruolo di Presidente.
Il successo di pubblico del museo è pari alla sua enorme qualità espositiva: per averne una dimensione, basti ricordare che il Quotidiano del Sud di Cosenza nel settembre 2014 informava sul record di presenze del Museo Amarelli, riportando che “in 13 anni di attività sono state superate le 600mila visite”. Ancora oggi Amarelli è in assoluto tra i musei d’impresa più visitati d’Italia.
Al termine della visita, l’heritage aziendale si trasforma in eredità esperienziale che si sedimenta nel ricordo del visitatore, con uno straordinario ribaltamento psicologico, perché è come se il prodotto scaturisse dal racconto e non viceversa come di consueto.
Si percepisce infatti la prevalenza dell’aspetto umano su quello materiale, dell’afflato ideale sul pur meritorio pragmatismo, in modo che il prodotto finale viene vissuto come diretta e inevitabile conseguenza di un virtuoso ordito di visione, progettualità, operosità, determinazione, fiuto, talento, ma anche di etica del lavoro e di responsabilità sociale d’impresa.
Il prodotto esposto appare così quale frutto dell’epico racconto secolare scandito dal museo.
Nel video che segue, alcuni appunti visivi raccolti con la nostra telecamera durante la visita al museo.