Museo Internazionale delle Torture, principale attrazione culturale di Grazzano Visconti (PC)
Le esposizioni incentrate sulle pene corporali inflitte come pene per delitti veri e presunti sono in continua espansione, segno di un crescente interesse, morboso o gnoseologico che sia: il migliore allestimento italiano di questa categoria è il Museo Internazionale delle Torture che rappresenta la principale attrazione culturale di Grazzano Visconti, scenografico borgo in provincia di Piacenza, perché è frutto di profonda ricerca storia, estrema serietà pedagogica ed efficace missione divulgativa.
Il museo è ospitato dal suggestivo Palazzo della Istituzione, fortemente voluto da Giuseppe Visconti di Modrone, fondatore del Borgo nato dalla sua “visione neogotica e rinascimentale” che ha portato alla costruzione di “edifici che sembrano usciti direttamente dal Medioevo”.
Il museo offre “una vasta gamma di strumenti di tortura che risalgono a diverse epoche storiche, ogni pezzo è esposto con dettagliate descrizioni sul suo uso e contesto storico”…
… come nel caso della rappresentazione del tormento imposto alla manzoniana Monaca di Monza, in cui si usano stilemi tra il cinematografico e il teatrale…
… ma “tra gli artefatti più noti e inquietanti ci sono la cosiddetta Vergine di Ferro e la Sedia dell’Inquisitore”.
Straordinaria per onestà intellettuale e rigore scientifico è l’invenzione di un fiocco che indica “quegli strumenti che possiamo denominare fake”, pertanto apposti a oggetti presenti nell’esposizione ma a titolo d’esempio, perché in realtà sono dei falsi, i quali sono stati accreditati dalla credulità popolare o da uno storytelling parecchio convincente sedimentato nel tempo.
Una pratica che “non solo educa i visitatori sulla complessità della storia della tortura ma invita anche a riflettere sulla differenza tra realtà e percezione storica, promuovendo un approccio critico verso la narrazione storica”.
Pertanto nella Sezione degli Strumenti Apocrifi “ci immergiamo nel mondo degli artefatti il cui uso storico non è supportato da documentazione affidabile, ma che sono emersi dalle fantasie popolari, soprattutto durante il periodo ottocentesco: questi oggetti, spesso descritti nei racconti dell’epoca o nelle esposizioni sensazionaliste, hanno alimentato miti duraturi riguardanti le pratiche di tortura medievale e rinascimentale, nonostante la loro autenticità storica sia dubbia”.
Tra gli artefatti esposti “troviamo la Cintura di Castità, presumibilmente utilizzata per garantire la fedeltà delle donne durante le assenze prolungate dei mariti, sebbene gli storici oggi ritengano che la maggior parte di questi oggetti sia stata fabbricata in epoca molto più recente per scopi decorativi o come curiosità per i turisti”.
Importante la filosofia che sta dietro questa scelta: “l’allestimento di questa sezione vuole non solo mostrare questi strumenti ma anche sfidare la nostra percezione della storia della tortura, evidenziando come la narrazione storica possa essere influenzata da miti e sensazionalismo; questa parte del museo invita i visitatori a riflettere criticamente su come la verità storica può essere distorta da leggende e intrattenimento, ponendo domande importanti sulla fonte delle nostre conoscenze e sulla rappresentazione del passato”.
Si impara tanto in questo museo di elevato valore antropologico e sociologico, dalle imprecisioni sulla vulgata dell’Inquisizione al focus sui martiri dei santi…
… passando per le persecuzioni nel Medioevo, i casi della caccia alle streghe e del processo a Galileo Galilei, fino al dolore echeggiato nelle carceri.
Fa riflettere la Sezione degli Strumenti di Pubblico Ludibrio in cui “esploriamo come la sofferenza e l’umiliazione venivano trasformate in uno spettacolo per il controllo sociale e l’intrattenimento pubblico: questi strumenti non miravano solo al dolore fisico ma erano principalmente destinati a degradare pubblicamente l’individuo, lasciando spesso un’impronta indelebile sulla sua reputazione e integrità morale”, un’autentica lezione morale che ogni visitatore dovrebbe fare propria nella vita di tutti i giorni.
I cimeli riferiti a questa ignominia includono “la Gogna usata per esporre i condannati in luoghi pubblici in posizioni scomode e umilianti, attirando scherno e disprezzo da parte degli spettatori, le Maschere di Infamia indossate per segnalare vizi o comportamenti moralmente riprovevoli, infine il Barile della Vergogna” che simboleggiava l’isolamento e l’esclusione dalla comunità.
Qui l’allestimento esercita maggiormente la propria funzione didattica, figlia del dichiarato obiettivo di “stimolare una riflessione critica sui metodi di giustizia e sulle implicazioni etiche e sociali del loro uso: attraverso quest’esplorazione, invitiamo i visitatori a considerare come la punizione e il controllo sociale siano stati percepiti e praticati attraverso le epoche, sollevando domande sulla loro efficacia e umanità”.
Dal punto di visto tecnico l’allestimento si pone a metà tra wunderkammer e quinta del palcoscenico, rivestendo le pareti di tessuti che sembrano volere creare un ambiente di meditazione isolato dal quotidiano corrente, al fine di favorire la concentrazione dell’osservatore e conferire all’ambiente una coerenza estetica pari a quella contenutistica.
I testi puntano evidentemente all’inclusione, riuscendo a essere esaustivi senza esagerare con le nozioni e puntando piuttosto sull’evocazione di atmosfere e problematiche, affrontando con coraggio e lucidità questioni solitamente affidate alla semplificazione del manicheismo che vengono invece restituite all’esercizio della ragione e alla severità dell’epistemologia.
Un museo che ha quindi un ruolo enorme sul piano dell’istruzione e della formazione della coscienza, tanto che dovrebbe essere visitato non soltanto da più persone possibile, ma anche e soprattutto dalle scolaresche, anche a costo di affrontare lunghi viaggi, perché è introvabile altrove tanto senso di responsabilità intrecciato con il dono impagabile della conoscenza critica. Un gioiello il cui merito va tributato alla preparazione e alla passione di colui che lo anima, Paolo Bossalini, il più brillante talento organizzativo che opera a Grazzano Visconti, le cui capacità professionali illuminano il borgo.
Per questo il Museo Internazionale delle Torture è la massima ragione per recarsi a Grazzano Visconti, dove le altre visite caldamente consigliate riguardano lo strepitoso museo Miti e Mostri e l’imperdibile Museo delle Cere, entrambi scaturiti dalla raffinata visione del coltissimo Stefano Frontini, l’altra eccellenza intellettuale del borgo, anche partner di Bossalini nella gestione del Museo delle Torture. Introvabile altrove un simile trittico di musei basato su rigore tecnico ed empatia con il pubblico, cui aggiungere anche la stimolante esperienza di Mariposa in cui si apprende giocando e ci si diverte pensando, tra illusioni ottiche e velocità di ragionamento, oltre a sollecitare partecipazione e condivisione.
Altre realtà rilevanti da segnalare a Grazzano Visconti sono il fantastico Ristorante del Biscione con la sua intelligente cucina tradizionale che offre anche il recupero di ricette antichissime, insieme alla bottega gastronomica Mondosalame con la sua formidabile selezione di salumi, formaggi e prelibatezze varie del territorio con gustose scoperte da fare.
Tanta offerta per vivere una giornata memorabile.
Info: https://www.museodelletorture.com/