Museo Mandralisca a Cefalù (PA), l’erudizione eclettica per tutti
Pinacoteca, archeologia, collezione naturalistica, malacologia, antiquariato, biblioteca, tutto riunito in un unico museo: è la prova del gusto eclettico per tutte le sfumature della cultura attuato dal museo Mandralisca di Cefalù, l’unico di questo noto centro turistico della provincia di Palermo.
E’ nato per conservare tra le antiche mura di un bel palazzo in via Mandralisca 13 “il patrimonio artistico, ma anche l’eredità di memorie, di Enrico Pirajno di Mandralisca”.
La fondazione che lo gestisce lo definisce come “museo interdisciplinare”, visto che comprende la “pinacoteca, una notevole collezione archeologica, uno splendido monetario, una raccolta malacologica tra le più ricche d’Europa, nonché mobili ed oggetti di pregio già appartenuti alla famiglia Mandralisca”.
L’esposizione è nota per la presenza di un capolavoro della storia dell’arte come il noto dipinto Ritratto d’Uomo di Antonello da Messina, celebre anche “per il romanzo di Vincenzo Consolo, Il sorriso dell’Ignoto Marinaio che ad esso è ispirato”. E’ un olio su tavola realizzato tra il 1465 e il 1476, da sempre in grado di irretire l’osservatore con i suoi dettagli fisiognomici che sfidano alla comprensione delle intenzioni psicologiche del misterioso soggetto ritratto, a partire dall’enigma celato dietro il sorriso increspato affiorante sotto uno sguardo sardonico.
Secondo quanto si narra, sembra che Enrico Pirajno abbia scoperto e acquistato l’opera a Lipari, dove era custodita “nella bottega di uno speziale”.
E’ il pezzo forte di una Pinacoteca in cui “non molte sono le opere che rispecchiano la cultura artistica isolana, più numerose quelle che indicano come anche il collezionismo ottocentesco privilegiasse i generi pittorici così come si erano andati configurando fin dal Seicento: scene di battaglia, nature morte, soggetti sacri, quadri di fiori, quasi tutti di piccolo formato data la loro iniziale destinazione ad un uso privato”.
A esso, è affiancato il San Giovanni Battista di Giovanni Antonio Sogliani, artista cinquecentesco che brilla più per la rappresentazione luministica che per quella anatomica, ma capace di fare trasudare la tela di humana pietas.
L’opera che più ci ha colpiti per l’eleganza estetica è l’Ultima cena attribuita al pittore spagnolo Johannes de Matta, attivo proprio in questa zona, tra Palermo e le Madonie, nella prima metà del ’500: un gioco quasi musicale sul tema delle rotondità, quelle perfette e luminescenti delle aureole e le altre rubiconde quasi fino al grottesco dei volti dotati di straniante espressività.
Si staglia nella memoria anche il volto bitorzoluto della Vecchia con brocca e prosciutto attribuito al napoletano Francesco De Maria vissuto nel ’600.
La disposizione delle opere non ha carattere cronologico, trasmettendo la sensazione di ispirarsi a criteri emotivi, in sintonia con lo spirito collezionistico del fondatore.
La sezione archeologica invece ha impostazione rigorosamente pedagogica, essendo stata concepita da Pirajno “con una precisa esigenza scientifica e didattica e realizzata con un approccio metodologico nuovo e rivoluzionario per i suoi tempi, con l’annotazione sistematica dei luoghi di provenienza e dei contesti dei ritrovamenti”, il cui nucleo “è costituito dai reperti degli scavi che il Mandralisca effettuò a Lipari, in contrada Diana”, mentre “altri pezzi provengono da scavi condotti a Tindari e a Cefalù”.
Tra i reperti si distinguono crateri attici, vasi italioti e configurati, terrecotte figurate, lucerne e un mosaico pavimentale di pregevole fattura.
Di grande valore “il cratere siceliota a figure rosse su fondo nero detto del Venditore di tonno”, con le sue figurazioni che oggi sembrerebbero parto della mano di un fumettista di valore, dato che sembra ravvisarvi barlume di ironia, sui volti dei protagonisti come in alcuni particolari che tendono all’esagerazione nelle proporzioni.
La collezione numismatica comprende “monete provenienti dalle più importanti zecche antiche della Sicilia e della vicina Lipari, con monetazione greca, romana e siceliota, ed è considerata la seconda al mondo per completezza delle serie”.
Ci sono invece studi di Enrico Pirajno approdati anche alla pubblicazione alla base della raccolta malacologica che “oltre agli esemplari siciliani” vede “la cospicua presenza di specie esotiche, sia marine che terrestri”, testimonianza dell’intensa attività del barone Mandralisca con naturalisti di tutto il mondo.
La collezione naturalistica “si compone di circa 130 esemplari, per la maggior parte di provenienza madonita, mentre un coccodrillo ed un iguana sono di chiara origine esotica”, ma va sottolineato che “molti degli uccelli imbalsamati sono stati introdotti in epoca successiva alla scomparsa del barone”.
Il Palazzo Mandralisca esibisce anche numerosi oggetti d’arte come consoles intarsiate del XVIII secolo, lampadari di cristallo di Murano, preziosi suppellettili di arredo, una maestosa porta lignea policroma del XVIII secolo e “un prestigioso stipo monetiere datato 1630”.
Viene fatto notare come il Museo mantenga “in parte ancora oggi l’intima atmosfera di un ambiente domestico e l’impronta di un privato luogo di memorie”. Aggiungiamo la capacità di offrire ragioni d’interesse a tutti i possibili visitatori, proprio in virtù della grande varietà espositiva del museo.
Una ricchezza dimostrata dalle immagini che abbiamo raccolto nel video sottostante.
Info: http://www.fondazionemandralisca.it/mediacenter/FE/home.aspx