Al Museo del Mare di Marettimo, la Cultura vale meno di una partita di calcio?
Può una partita della nazionale di calcio essere più importante di un museo? Può la ricorrenza dei Mondiali di football mettere in secondo piano il desiderio di cultura? Può una partita trasmessa in televisione essere una buona ragione per perdere dei potenziali visitatori di un’esposizione?
Ci siamo posti questi quesiti in seguito a un episodio accaduto lo scorso mese di giugno durante la realizzazione del nostro reportage su Marettimo.
Protagonista della vicenda, il Museo del Mare, delle attività e delle tradizioni marinare e dell’emigrazione di Marettimo, “in cui sono esposti attrezzi da pesca, foto e memorie di giornalisti e scrittori con racconti della gente di mare dall’inizio del novecento” (it.wikivoyage.org), oltre a una raccolta malacologica con decine di esemplari di conchiglie del Mediterraneo.
La mancanza di un sito dedicato tuttavia rende difficoltoso informarsi preventivamente sulla struttura. Dopo un po’ di ricerche si risale all’Associazione CSRT Marettimo, ma nessuno ci ha mai risposto ai numeri che si rinvengono in Rete.
Insistendo nella ricerca, si evince che a gestire i museo sono i titolari del locale Al Carrubo, in particolare Vito Vaccaro che risulta essere socio fondatore del CSRT. Unico modo per tentare di visitare il museo nel mese di giugno era proprio accordarsi con lui per farsi aprire la struttura. Dopo ripetuti tentativi, ci ha risposto il 20 giugno, pochi minuti prima delle ore 18.
Non avevamo considerato che a quell’ora sarebbe stato fischiato il calcio d’inizio dell’incontro Italia-Costarica valido per la prima fase dei Campionati del Mondo di calcio. Ingenuamente, abbiamo chiesto di potere visitare il Museo: ci è stato risposto di no, “perché c’è la partita dell’Italia”.
Dunque, a causa di una partita di calcio, viene negata a dei turisti la possibilità di visitare un luogo che si propone come culturale.
Però questo luogo si definisce “museo”, con tutto il carico di responsabilità pubblica e sociale che si porta dietro il termine, a volte usato con leggerezza. Secondo lo statuto dell’International Council of Museums infatti tale definizione può essere attribuita soltanto a “un’istituzione permanente” che sia “al servizio della società e del suo sviluppo”, sottolineando che debba trattarsi di luogo “aperto al pubblico”, in cui le sue “testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente” vengano comunicate e quindi esposte “a fini di studio, educazione e diletto”.
Come ci si può allora definire museo se si abdica a tutto ciò in nome di quattro pedate a un pallone trasmesse in tv?
Ci hanno rimandato al giorno successivo, quando ormai avremmo dovuto lasciare l’isola. Abbiamo quindi dovuto desistere: il Museo del Mare di Marettimo non siamo riusciti a vederlo e pertanto non possiamo raccontarvelo.
Facendo una nuova verifica nel mese di agosto, abbiamo riscontrato che il museo in questo periodo avrebbe aperture più organizzate ma non regolari, legate alla disponibilità di “una ragazza” che permette di visitarlo sporadicamente nel pomeriggio e certamente dopo cena, come ci è stato riferito dalla moglie del responsabile.
Pertanto, se doveste avere voglia di visitare questo museo in periodo non di altissima stagione, abbiate cura di verificare prima che non ci siano eventi sportivi in corso…
Per la cronaca, quel pomeriggio di giugno, visto che eravamo impossibilitati a visitare il museo del mare, la partita abbiamo dovuto guardarla anche noi: abbiamo così assistito allo spettacolo indecoroso di un pugno di giovani milionari italiani in mutandoni che disonoravano la maglia azzurra, facendosi battere meritatamente dai volenterosi ragazzi del Costa Rica.
Quel pomeriggio a Marettimo l’Italia ha perso, su tutti i fronti.