Museo e Parco archeologico di Scolacium, strati di memoria a Borgia (CZ)
Lo splendore della costa ionica calabrese è inenarrabile e l’Uomo lo sa da sempre, tanto da avere colonizzato da tempo immemore i suoi scorci più lussureggianti, ritenendoli la migliore collocazione possibile per ambientarvi le fasi decisive della propria evoluzione socio-culturale: il Parco archeologico di Scolacium e l’annesso Museo raccontano proprio questo, attraverso copiose memorie dislocate nella località di Roccelletta di Borgia, a ridosso dei quartieri marinari del comune di Catanzaro.
Sull’apposita pagina del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (http://www.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=25) si narra che l’antica città di Scolacium sorse a presidio del Golfo di Squillace, in un territorio occupato “sin da età arcaica da insediamenti greci sorti su iniziativa di Crotone”, ma con tracce di antropizzazione millenarie.
Il sito di Minerva Scolacium, progetto finalizzato a valorizzare il parco archeologico offrendo “un set di informazioni molto ricco e a forte connotazione culturale per la fruizione del grande patrimonio disponibile”, pone poi l’accento sull’aspetto che immediatamente risalta allo sguardo del visitatore, la “valenza naturalistica e paesaggistica” che affianca “le notevolissime presenze archeologiche ed architettoniche”, in un Parco archeologico che si estende per ben 35 ettari “in gran parte occupati da un uliveto plurisecolare”.
Non a caso qui era impiantata un’azienda che produceva olio d’oliva e sempre non casuale è la presenza di un Museo del Frantoio posto tra l’esposizione archeologica e il parco, in cui osservare le macine per la frangitura delle olive…
… e i torchi per la loro spremitura…
… oltre agli strumenti per raccogliere il prezioso alimento liquido che caratterizza la cultura mediterranea.
La prima emozione della visita la regala la vista di ciò che rimane della chiesa abbaziale normanna di Santa Maria della Roccella, risalente al XII sec. d.C., dalla quale ha preso il nome la località che ospita il Parco.
Un perimetro di elevate mura di grande rigorosa eleganza architettonica che si sposa perfettamente con i cromatismi della natura circostante.
Gli interni svuotati dai crolli dovuti a fenomeni tellurici, sembra abbiano acquistato ancora maggiore fascino, lasciando lavorare la fantasia per intuire l’armonia delle sue forme…
… mentre le ferite che ne attraversano il corpo solido consentono fughe dello sguardo verso un infinito cui si frappongono improvvise volute edili e opere d’arte contemporanea in dialogo con età remote.
Il Museo snocciola il rosario dei reperti non soltanto per enunciare una scansione cronologica bensì anche per tessere trame tematiche che illustrino gli aspetti socio-antropologici che si evincono dai ritrovamenti.
Così, al fianco dei frammenti emersi nei “diversi affioramenti di materiale pre-protostorico”, supportati dai disegni delle possibili ricostruzioni degli oggetti rappresentati…
… ecco spuntare preziose monete che consentono una mappatura della circolazione monetaria tra l’età greca e quella romana repubblicana, trasmettendo all’osservatore l’entusiasmante avventura dei viaggi antichi, dei contatti tra i popoli e della costruzione della civiltà avanzata.
Se un’iscrizione pavimentale proveniente dal Foro mette la firma sulla dominazione più caratterizzante…
… schegge di monumentalità fanno intuire la grandiosità estetica di cui era piena l’area, quindi la sua pregnanza nel mondo antico.
Strumenti di lavoro consentono di illustrare produzioni e commerci in atto nelle epoche evocate…
… ma anche la religiosità del tempo e il culto dei morti.
La sezione dedicata alla statuaria evidenzia l’elevato diffuso livello artistico presente in questo genere di espressione…
… oltre a una formidabile attenzione per la fisiognomica che andava ben al di là di un mero intento ritrattistico, per sfociare in uno studio somatico che tracimava nella prossemica rivelatrice di tratti psicologici e nell’indagine socio-antropologica.
Si affida a una scenografia di tipo teatrale l’installazione che cristallizza una performance di musici ambulanti, saluto al tragitto più impregnato dal rigore gnoseologico.
Fuori, procedendo verso il Parco, ecco alternarsi il Foro, il Quartiere urbano, il Teatro, l’Anfiteatro e la Necropoli bizantina nel raccontare il succedersi tra “la greca Skylletion (VII-III sec. a.C.)” e “la romana e proto-bizantina Scolacium/Scylaceum (II sec. a.C.- metà del VII sec. d.C.)”.
Il primo ambiente che si incontra è il teatro in cui venivano rappresentate tragedie e commedie.
L’edificio svela l’osmosi con l’ambiente, visto che “utilizza la conformazione naturale del luogo per appoggiare le strutture della cavea, completate con parti in muratura della zona a valle”.
Utilissimi i pannelli che ne ricostruiscono l’aspetto originario, facendone comprendere le dimensioni e la fruizione.
La vista dell’anfiteatro rapisce per il suo slanciarsi verso una linea dell’orizzonte che si dispiega in un panorama di raro incanto…
… mentre la necropoli lancia il suo memento mori compenetrandosi con quella Natura alla quale si torna tutti, prima o poi…
… e il Foro sancisce come anche gli spazi di socialità non dimenticassero mai il ruolo decisivo della Bellezza nelle vicende umane.
La visita lascia un densa percezione dell’immensa nobiltà civile di questa terra, di cui il Parco mette in risalto le solide radici, le stesse che alimentano la nostra identità nazionale.
Un passaggio intenso da Scolacium chiarisce definitivamente da dove veniamo e ammonisce sul rispetto che si deve alla Calabria, come scrigno di tesori del passato ma anche quale spinta mnemonica a un’ipotesi di futuro inclusiva e responsabile.
Nel video che segue, una visita guidata per immagini di Parco e Museo.
Immagini realizzate su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Polo Museale della Calabria.