Museo di Storia dell’Agricoltura di Cesena, gioiello di narrazione agreste
Un luogo capace di circoscrivere l’infinità dell’orizzonte pur lasciandolo libero, di concentrare al chiuso ciò che è libera materia aperta, di rendere vivido al presente ciò che altri danno per esausto al passato, tutto grazie alla forza del racconto e all’intensità dell’impegno: supera ogni ossimoro con lo slancio dell’entusiasmo il Museo di Storia dell’Agricoltura di Cesena, grazie a una gestione appassionata che ne tutela i reperti e ne alimenta la narrazione, tra imperdibili visite guidate e una successione di brillanti iniziative.
Lo chiamano Bene Comune “inteso come spazio di emozioni e incontri straordinari fra persone e idee”, ma è anche fucina di sperimentazione e laboratorio didattico attivo tutto l’anno, quello ambientato nella prestigiosa Rocca Malatestiana, dove tra le attività spicca la cura virtuosa di questo museo, allocato all’interno del Palatium.
E’ proprio il sito della gestione della Rocca a spiegare come il museo sia nato “grazie all’acquisizione, da parte dell’Amministrazione Comunale, della collezione di proprietà del pittore Mario Bocchini agli inizi degli anni Settanta” (http://www.roccamalatestianadicesena.it/media2017/CIVILTACONTADINA.pdf).
Una raccolta composta da “attrezzi da lavoro, oggetti di uso quotidiano e mezzi di trasporto” che intende raccontare “la storia del mondo contadino romagnolo, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento”.
Il criterio espositivo evoca i cicli produttivi “che, fin dai tempi più antichi, hanno caratterizzato l’economia locale: il grano, con gli aratri e le tavole di legno per trebbiare”…
… “il mais, la canapa con i tipici arnesi per la filatura e i grandi telai”…
… “i mestieri della campagna, la vite e il vino con le casse di pigiatura, i torchi e tutto ciò che serviva per i lavori della cantina”…
… “l’allevamento”, con il suo corredo di simboli identitari e oggetti di ispirazione apotropaica.
Di forte e credibile impianto scenografico le due sale del piano terra che ricostruiscono “gli ambienti della casa colonica romagnola”…
… in cui si evidenzia la perizia scientifica della riproduzione della cucina…
… come della camera da letto…
… con ordinato e al tempo stesso suggestivo dipanarsi di “utensili e strumenti legati alle tradizioni e ai modi di vita della civiltà contadina”.
Per quanto la visita guidata sia impareggiabile, valido supporto per orientarsi nel “percorso attraverso le stanze del museo” arriva da pannelli efficaci per sintesi e capacità divulgativa che fanno uso mirato di immagini e testi, per amplificare la “capacità evocativa degli oggetti” e fungere al tempo stesso da documentazione degli “aspetti più significativi della storia economica, politica e sociale del territorio cesenate”.
Ben funzionale l’idea di riportare i nomi dialettali degli oggetti o intere definizioni nell’idioma locale, non soltanto in funzione di sedimentazione della memoria semantica, bensì anche come lampo di poesia bucolica, in cui il vernacolo si fa onomatopea del cuore lirico del genius loci.
Dal sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=153264&pagename=153264) si sottolinea poi come il patrimonio del museo sia stato “integrato da donazioni di collezionisti locali” e consista “in oltre duemila oggetti per lo più provenienti dal territorio cesenate e da altre zone della Romagna, cronologicamente ascrivibili alla fine del secolo scorso ed alla prima metà del Novecento”.
Ci trova concordi il rilievo dato alla ricchezza iconografica dell’esposizione, generosa nell’offrire “disegni, dipinti e fotografie”.
Sono proprio le immagini fotografiche a donare sussulti: poche ma precise e ben selezionate, restituiscono idilli di un tempo perduto in splendide declinazioni di tutti i possibili contrasti del bianco e nero…
… tra sfumature ocra che contano il tempo trascorso e chiaroscuri che fissano la Memoria del faticoso divenire.
Fino a quando la tenerezza domestica non fa capolino nello sguardo, ricordandoci la parte più nobile e indifesa del nostro animo .
La nuda architettura della struttura muraria diviene quinta di questa fedele rappresentazione della Vita…
… mentre il passo del visitatore è mantenuto incerto dalle rustiche pavimentazioni che tengono ancorati alla realtà fenomenica, oggi come allora…
… giusto ingentilite qui e lì da lingue di legno che sospendono chi passa a qualche centimetro dallo sterrato, quali linee guida innervate nel caos calmo.
E non mancherà di stupire il richiamo ai dettami di Guatelli nella disposizione di oggetti da lavoro che cita l’eleganza compositiva dell’arte contemporanea.
Nel video che segue, l’atmosfera vissuta nel corso della nostra visita al Museo.