Museo Valdese di Guardia Piemontese in Calabria, il racconto di un popolo nei secoli
Esodi, migrazioni forzate, persecuzioni sanguinose, stragi, è a tutta questa serie di drammi che ha dovuto e saputo resistere il popolo valdese, anche quello insediatosi in Calabria che adesso racconta con motivata fierezza la propria forza morale e culturale insieme ai suoi valori spirituali nel suggestivo Museo Valdese di Guardia Piemontese, in provincia di Cosenza, il quale ne traccia le vicende passate rappresentate da documenti e reperti, accostati a una fervida attività nel presente composta dalla valorizzazione dell’ambiente circostante e da una produzione di eccellenza assoluta nell’ambito dell’arte tessile.
Il museo è stato inaugurato nel 2011 in occasione del 450° anniversario della strage del 1561 e contiene un’esposizione permanente sulla storia dei valdesi di Calabria e sui sentieri dei loro percorsi, con una ricca sezione dedicata all’abito guardiolo e un laboratorio di tessitura, rientrando nella rete europea della Strade della riforma, con un saldo collegamento con il Centro Culturale Gian Luigi Pascale che lo ospita nelle prestigiosa sede di Piazza della strage, la quale ingloba la Porta del sangue.
L’allestimento parte dal criterio di snocciolare con precisione gli avvenimenti storici di questa comunità attraverso l’imprescindibile ausilio della visita guidata, sempre competente e appassionata…
… supportata da riproduzione di documenti, mappe, libri aperti per la parte della consultazione, cui si affiancano reperti etno-antropologici rappresentati da oggetti di vita quotidiana della civiltà contadina.
Il racconto orale coinvolge il visitatore nell’ascolto delle origini del valdismo fissate nel 1173 “quando un ricco mercante di Lione di nome Valdo decise di donare i suoi beni ai poveri, dedicandosi alla predicazione del Vangelo che si era fatto tradurre dal latino in occitano”, il germe da cui nacque la prima comunità valdese (da Valdo appunto) che però venne inizialmente chiamata con il nome I poveri di Lione.
Da lì l’abbrivio di un rapporto conflittuale con la chiesa Cattolica che porta perfino all’accusa di eresia che al tempo “voleva dire vivere in una situazione di emarginazione ed esclusione sociale, di costante persecuzione, col rischio altissimo della condanna a morte, anche collettiva, con l’intento di eliminare intere comunità in caso di rifiuto ad abiurare”.
Le prime persecuzioni comportarono anche gli originari spostamenti dalla Francia Meridionale alle valli piemontesi e quindi successivi viaggi lungo tutta l’Italia fino al sud, arrivando in Calabria in epoca Sveva nel XIII secolo, sistemandosi nei centri esistenti o fondandone direttamente uno come nel caso di Guardia Piemontese, in cui per alcuni secoli essi “vissero in tranquillità anche con le comunità cattoliche, dedicandosi all’agricoltura, alla pastorizia, alla coltura della canapa e dei bachi da seta”.
Almeno fino all’adesione dei valdesi al protestantesimo e nuove persecuzioni nel ’500, le quali però non scalfiranno il senso identitario di un popolo capace di far giungere fino a oggi le fondamenta dei propri usi e costumi.
Tra questi vi è la lingua, dato che l’occitano “parlato a Guardia Piemontese contribuisce a distinguere la sua comunità rispetto al contesto circostante in cui è parlata la lingua italiana e un po’ il dialetto calabrese”.
Altra caratteristica sociale è che i valdesi di Calabria erano abilissimi tessitori, soprattutto della seta, la cui produzione e il commercio sono documentati fin dal ’400. Qui l’arte tessile “sopravvisse alle repressioni messe in atto ai danni dei valdesi sopravvivendo fino a metà del secolo scorso”.
Tale attività “è oggi testimoniata dagli splendidi abiti da donna originali tipici di Guardia Piemontese, l’ultimo dei quali è stato indossato fino al 1991 da una anziana signora del posto”.
Altrettanto sviluppata la lavorazione della Ginestra, la quale necessita di lunghissime e faticose operazioni manuali che si concludono con la colorazione a base di pigmenti naturali.
Per tutelare questo patrimonio, sono sorte le attività del Laboratorio di arte tessile di Guardia Piemontese la cui visita “consente di approfondire la conoscenza sull’arte tessile dei valdesi di Calabria e sull’abito Guardiolo, vero e proprio esempio di arte tessile”, con lo scopo “di recuperare le complesse tecniche sartoriali usate in passato”.
Oltre al recupero dell’abito Guardiolo, il Laboratorio “è oggi un centro di produzione di manufatti tessili di alta qualità, realizzati attraverso l’impiego di telai manuali e fibre naturali come la canapa, il lino, la seta, il cotone e la ginestra”.
Si aggiunga il Progetto Alla Riscoperta dei Sentieri Valdesi in Calabria “finanziato dalla Chiesa Valdese attraverso i fondi Otto per Mille” per “ricostruire i sentieri di collegamento tra i principali luoghi storici in cui si insediarono i valdesi quando arrivarono in Calabria”, oggi oggetto di rinnovata attenzione “in quanto si snodano in un’area geografica ricca di biodiversità e interessante dal punto di vista geologico”.
Una visita che emoziona molto per l’intensità della narrazione come per la splendida accoglienza del gruppo che gestisce appassionatamente la struttura, un raro ma luminoso esempio di coinvolgimento in prima persona dei componenti di una comunità nelle attività culturali.
Un’esperienza importante per comprendere come una sensibilità religiosa possa avere applicazioni museali ecumeniche, capaci di aprire la mente del visitatore e di arricchirlo tanto intellettualmente quanto interiormente.
Info: https://www.valdesidicalabria.org/il-museo/