Necropoli di Anghelu Ruju ad Alghero, memoria della Sardegna preistorica
Se il modo di trattare la morte ci dice tantissimo sul modo di gestire la vita, allora più che mai presenta enorme interesse la necropoli di Anghelu Ruju situata nel territorio di Alghero, accreditata come “la più estesa e importante di età preistorica nella Sardegna settentrionale”.
Si trova “nell’entroterra di Alghero, a 9 km dal mare, in una fertile piana solcata dal Rio Filibertu”, dove fu scoperta nel 1903 e “scavata a più riprese ad opera di Antonio Taramelli (1904, 1908), Doro Levi (1936) ed Ercole Contu (1967)”.
Dal sito SardegnaCultura dell’Assessorato Beni culturali della Regione si apprende che “è costituita da 38 domus de janas scavate nell’arenaria e disposte in due nuclei di 7 e 31 unità; i picchi di pietra utilizzati per scavarle furono ritrovati numerosi all’interno delle tombe al tempo dello scavo”.
Si osserva che “le grotticelle, variamente orientate, sembrano disporsi in modo non preordinato”, hanno planimetrie articolate che possono arrivare a 11 vani e presentano prevalentemente soffitti tabulari, accessibili “attraverso un pozzetto verticale o un lungo corridoio (o dromos) discendente, talvolta di dimensioni monumentali, quasi sempre provvisto di gradini che immettono nel vestibolo.”
Invece le tombe a pozzetto, probabilmente più antiche, presentano spesso planimetrie irregolari e celle a pianta tondeggiante.
Questi ambienti raccontano gli elementi tipici della religiosità neolitica, attraverso i reperti di offerte e pasti funebri e alle “decorazioni architettoniche scolpite o incise che ricreano gli ambienti della casa dei vivi”, invece l’uso dell’ocra rossa “simboleggia il colore del sangue e della rigenerazione, mentre false porte di ascendenza orientale simboleggiano la porta dell’oltretomba”.
Riguardo i tipi di sepoltura, prevale il rito dell’inumazione, con tombe che “ospitavano da 2 a 30 individui, molti dei quali rinvenuti distesi in posizione supina : gli scheletri si riferiscono alle ultime fasi della necropoli e sono di tipo mediterraneo prevalentemente dolicocefalo”.
L’ampiezza dell’area funeraria è tale da trasformare l’esperienza di visita in una camminata che assume suggestioni spirituali, con valenze metaforiche aggiunte dal suo essere insediata in mezzo a una natura estesa quanto spoglia e quindi ieratica, portando l’osservatore ad attribuire significati profondi a ogni proprio passo, colmando le distanze tra una sepoltura e l’altra con i pensieri portati a indagare sul senso del destino e il correre del Tempo.
A tale intensità introspettiva contribuisce l’atto del doversi piegare per cogliere qualche dettaglio interno, portando a un’involontaria ma non incongrua quasi genuflessione del visitatore verso ogni singola ultima dimora terrena, in un omaggio ai defunti che stimola anche curiosità di approfondire tutto l’ordito di usi e costumi di chi ha dato luogo a tale area e l’ha utilizzata nei secoli.
Una visita i cui tempi seguono quelli del cuore di ciascun visitatore e della sua curiosità di comprendere i grandi temi in un angolo paesaggistico particolarmente caratteristico dell’isola.
Info: https://www.sardegnacultura.it/j/v/253?v=2&c=2488&t=1&s=20740