Nei mandarini di Slow Food usano la cosmetica: è “giusto”?
La ceratura è un mero artificio estetico per imbellettare la frutta, gli agrumi in particolare. Non è opera della Natura, bensì dei commercianti che vi ricorrono con l’intento di fare apparire più bella la frutta, per invogliare la gente a comprarla. Come avviene per l’uso del trucco estetico, è un modo per alimentare la capacità seduttiva agli occhi di chi dà più importanza all’aspetto esteriore che alla sostanza. Inoltre è un costo di produzione in più, del tutto evitabile, il quale ovviamente incide sul prezzo finale e quindi sulle tasche dei consumatori
E’ allora ammissibile che tale azione cosmetica sia sostenuta da Slow Food? E’ coerente ritrovare questa pratica decorativa prettamente mercantile in un prodotto presidiato da un’associazione che si arroga di essere paladina del “buono, pulito e giusto”?
A scatenare questo dubbio, l’aver trovato, nella catena di supermercati dell’Esselunga, il Mandarino Tardivo di Ciaculli, presidio Slow Food, totalmente ricoperto dalla cera, per rendere i frutti più luminosi. Che senso ha abbellire in questo modo un prodotto così nobile? E’ rispettoso della sua storia contadina e della sua natura?
Si tratta di un raro e pregiato agrume tipico della zona intorno a Palermo, proveniente dalla cosiddetta Conca d’Oro, “la pianura che circonda la città fino alla metà del secolo scorso […] un unico, grande giardino che accoglieva nel verde dei suoi agrumeti i viaggiatori che qui concludevano il Grand Tour: un luogo mitico, raccontato da poeti e scrittori, che andava da Villabate a Sferracavallo” (www.fondazioneslowfood.com), come si racconta sul sito di Slow Food.
Più in là si legge che si tratta di “un mandarino con pochissimi semi, dolcissimo, succoso e dalla buccia fine che si diffuse in modo rapido tra i coltivatori della zona: il tardivo oggi è la produzione più prestigiosa del consorzio che riunisce 65 piccoli coltivatori – proprietari complessivamente di circa 80 ettari – tutti quanti sostanzialmente biologici (il tardivo è resistente e non necessita di trattamenti particolari)”. Ma se “non necessita di trattamenti particolari”, perché ricoprirlo di cera? Non sono sufficienti il suo pregio organolettico e il prestigio agroalimentare di cui gode, per spingere il consumatore ad acquistarlo?
Secondo un coltivatore di agrumi biologici della provincia di Catania da noi interpellato, la ceratura è un’azione che non ha nulla a che fare con la cultura del cibo, bensì appartiene soltanto al marketing aggressivo del commercio al dettaglio.
Lo stesso coltivatore da noi ascoltato sottolinea la necessità di educare gli acquirenti a scegliere i prodotti per la loro naturalezza e bontà, non per l’aspetto.
Come fa allora Slow Food a educare al “buono, pulito e giusto” se incoraggia la pratica della ceratura?
In attesa di trovare risposta a queste domande, potete dire la vostra sulla pagina Facebook del nostro giornale digitale: www.facebook.com.
Intanto rileviamo che nella zona di produzione del Mandarino Tardivo di Ciaculli “le proprietà sono molto parcellizzate: dati i guadagni ridotti, il potenziale ricavo dato dalla vendita dei terreni oggi è ancora superiore al reddito agrario derivante dalla vendita degli agrumi; i coltivatori sono scoraggiati e di questo passo, entro dieci anni, potrebbero abbandonare gli agrumeti rimasti”.
Esprimendo la massima solidarietà ai produttori, incoraggiamo all’acquisto di questa squisitezza, chiedendo ai consumatori di sceglierli per il gusto e non per la lucidità della superficie. A riflettere devono essere i produttori e gli acquirenti, non i frutti.
Prima pubblicazione: 22 gennaio 2016