Nelle vigne del Paradiso di Frassina, il concerto divino di Mozart
Viti che crescono cullate dalla musica di Mozart, per mano di un vignaiolo che scrive libretti d’opera: se ormai è assodato il valore culturale del vino, con il Paradiso di Frassina bisogna affermarne anche la valenza artistica.
Grazie al talento visionario di Giancarlo Cignozzi, uomo dai mille interessi e dalla tante vite.
Faceva l’avvocato a Milano.
Ma dopo trentacinque anni ha deciso che il paradiso non poteva attendere e così è andato a cercarsene uno ai piedi della collina di Montosoli, nel cuore verde della provincia di Siena.
Un paradiso in terra di Montalcino, terra sacra per gli amanti del vino, per quel suo rosario di viti che danno vita a un miracolo chiamato Brunello.
Qui ha fondato la sua tenuta, nel 2000, intorno a un podere dell’anno mille.
Ha potuto così capitalizzare l’esperienza maturata nello stesso territorio di Montalcino dal 1972, creando aziende vitivinicole (la Tenuta Caparzo su tutte) e operando nel Consorzio del Brunello.
Non era abbastanza, però, per Cignozzi, affascinato dal pensiero dell’amico Luigi Veronelli, con cui ha condiviso l’amore per i piccoli vignaioli e il loro rapporto con il terroir, all’insegna del rispetto della Natura quanto della Storia atavica delle viti.
Sfoderando una coltissima vis polemica sostenuta da ottime letture e ancora migliori pratiche, Cignozzi è diventato il più coraggioso e appassionato sostenitore della purezza culturale del Brunello, lottando tanto per la tutela genetica dell’autoctono Sangiovese Grosso quanto per il lavoro umile e prezioso dei piccoli produttori tradizionali.
Come i grandi rivoluzionari, non di solo furore ideologico si nutre Cignozzi, ma anche di sensibilità umana, la quale lo porta a ideare la coltura delle viti immergendole in un’atmosfera musicale.
Tra i filari, sono stati piazzati tantissimi altoparlanti che diffondono continuamente la musica di Mozart. Non un’utopia, bensì un serio esperimento scientifico, seguito dalle università e sostenuto perfino dalla Bose, incuriosita dall’originalità dell’idea.
Il risultato più clamoroso è il Flauto Magico, un portentoso cru di Brunello invecchiato per quattro anni in botte e affinato per un altro anno in bottiglia.
Un vino materico che è un canto della terra, con tutta la vigoria suadente di cui è capace la grande Madre. La musica di Mozart lo accompagna dall’inizio alla fine, in vigna come in botte e in bottiglia, quale materno abbraccio.
Medesima fonte di ispirazione per il Brunello di Montalcino D.O.C.G. chiamato Moz Art Wine che rispetto al precedente offre differenti sfumature minerali e originalissime nuance fiorite.
Per andare alla radice di questi grandissimi vini, bisogna provare il Gea, Sangiovese grosso in purezza che il minore invecchiamento rende più immediato e nudo alla degustazione. Si avverte dalla sua freschezza organolettica la pulizia del lavoro agricolo per coltivarlo, mentre il palato si rallegra con tutto uno zampillare di frutti a piena maturazione.
Non è un caso che stiamo parlando di vini biologici rigorosamente certificati.
Poi ci sono i vini con cui Cignozzi ama giocare da alchimista enoico, mettendo insieme accostamenti di vitigni di varia estrazione, alla pura ricerca dell’estasi gustativa.
Il Frassina Rosso è un blend di Sangiovese (35%), Cabernet Sauvignon (30%), Syrah (25%) e Ancellotta (10%), tutti strumenti accordati alla perfezione per intonare una sinfonia di sensazioni il cui ricordo rimane a lungo in bocca.
Ed ecco la provocazione del 12 Uve: sei vitigni italiani e sei francesi messi insieme per ricreare in bottiglia la querelle tra uve autoctone vs alloctone. Uno modo per “farle incontrare e scontrare, per vedere almeno chi è più forte, chi vince” in questa sfida appassionante che infiamma gli appassionati di vino. Impegnati nella battaglia dei toscani contro bordolesi, due cloni di Sangiovese (25%), Cabernet Sauvignon (20%), Cesanese d’Affile (10%), Syrah (10%), Petit Verdot (8%), Merlot (6%), Ancellotta (6%), Alicante Bouschet (5%), Cabernet Franc (4%), Tannat (3%), Canaiolo (3%).
Una volta nel bicchiere, è un vero divertimento inseguire un vitigno o l’altro, nel tentativo di riconoscerne una venatura, o almeno una suggestione. Esperienza unica e imperdibile per chiunque ami il nettare di Bacco.
La stessa anima agit prop di quest’ultimo vino la si ritrova nella condotta intellettuale di Cignozzi, approdata anche su prestigiosi palchi con lavori teatrali e la recente opera buffa Barbatelle ovvero Una di vino commedia, in cui la musica di ispirazione mozartiana diretta dal premio Oscar Luis Bacalov sostiene emotivamente l’appassionante racconto distopico della rivolta delle barbatelle italiche contro l’oppressione violenta delle viti d’Oltralpe.
Una metafora in forma di favola morale che non sarebbe dispiaciuta a Esopo, con i suoi contenuti etici espressi da personaggi vegetali antropomorfi.
Nel libretto Cignozzi ha espresso con efficace intensità divulgativa il suo schieramento a favore della biodiversità territoriale, sorta di eccezione culturale (concetto tanto caro ai francesi…) in base alla quale ogni zolla di terra vitata deve coltivare le uve che da secoli ne contraddistinguono il paesaggio e i sapori, perché l’impianto di viti straniere in campi italiani è una forma di violenza contro la Storia, giustificata soltanto dalla becera bramosia di profitto di certe aziende vinicole.
Dopo la trionfale anteprima di Barbatelle all’Auditorium di Milano nei mesi scorsi, abbiamo chiesto a Cignozzi di esprimere la sua filosofia davanti alla nostra telecamera.
Info: www.alparadisodifrassina.it