Non digerite la pizza? Ecco perché e come evitarlo…
Quante volte dopo una bella pizza avete passato il pomeriggio a lottare con la digestione, fiacchi e appesantiti? Quante notti vi siete dovuti alzare dal letto per andare a bere?
Siamo sicuri che sia successo a tutti, almeno una volta.
Questo accade perché sempre più spesso mangiamo pizze preparate con farine troppo ricche di proteine, glutine, amido resistente, additivi e stabilizzanti.
Farine pensate per le esigenze di conservazione e lavorazione dei pizzaioli e non per quelle dell’intestino di chi andrà a mangiarle.
Per questo vengono letteralmente infarcite di componenti aggiuntivi, compresi polisaccaridi come il glucano o enzimi come l’isolmaltasi.
Se il tempo della lievitazione e maturazione dell’impasto non è adeguato, durante la cottura ad alte temperature si ha la reazione di Maillard con formazione di proteine glicate: unione di glucosio con un aminoacido delle proteine della farina.
Le proteine glicate sono molecole aggressive contro le pareti intestinali e se assorbite nel sangue, possono danneggiare il sistema vascolare e la matrice extra cellulare. Inoltre nella pizza è presente l’amido resistente, chiamato “resistente” proprio perché non digerito dagli enzimi dell’intestino tenue.
Le parti della pizza che non vengono digerite nel tenue transitano quindi nel colon, dove vengono mangiate da miliardi di batteri con produzione di gas (meteorismo), comparsa di disturbi intestinali e il richiamo di acqua dal sangue all’interno dell’intestino, con la relativa comparsa della famigerata sete assassina!
Questo perché il lavoro degli enzimi si conclude solo quando gli amidi della farina diventano zuccheri semplici. Se non si sono raggiunti i tempi di maturazione della pizza, il loro lavoro continua semplicemente nel nostro apparato digerente, dove cercheranno acqua trasformandoci in perfetti aspiranti cammelli.
La qualità e la salubrità della pizza dipendono quindi dalle farine usate, dal tempo di lievitazione/maturazione e dalle temperature di cottura, oltre ovviamente dagli ingredienti utilizzati per farcire la pizza stessa.
Ma che differenza c’è fra lievitazione e maturazione?
Con la lievitazione l’impasto aumenta di volume grazie all’azione fermentativa del lievito che trasforma gli zuccheri disaccaridi in monosaccaridi, liberando acqua e anidride carbonica che rimanendo intrappolata nella struttura proteica del glutine fa lievitare l’impasto.
Contemporaneamente a questo processo avviene però la maturazione, fase in cui gli enzimi idrolitici (amilasi e proteasi) presenti nella farina e attivati dall’acqua aggiunta all’impasto, scompongono gli amidi e il glutine.
Mentre la lievitazione avviene generalmente in tempi rapidi, la maturazione ottimale è condizionata da diversi fattori tra cui le caratteristiche della farina (forza, composizione proteica e amidacea), la temperatura ambiente e il tempo di lievitazione.
Una farina forte può anche necessitare di giorni e giorni per essere perfettamente matura, ma quanti pizzaioli aspettano tutto questo tempo?
Esatto, pochissimi!
In IGPizza facciamo lievitazioni/maturazioni di minimo 48 ore e le nostre farine non contengono alcun tipo di enzima aggiunto, miglioratore o conservante. Soltanto cereali macinati a pietra naturale che vengono impastati con acqua di fonte, sale integrale delle saline di Trapani e lievito naturale. La perfetta digeribilità per noi non è un optional ma un imperativo categorico!
Purtroppo invece l’abbinamento farina fortissima (solitamente Manitoba) più quintalata di lievito di birra, è tristemente diffusa in molte pizzerie. E’ l’escamotage per ridurre al minimo i tempi di lievitazione e annullare la maturazione, ottimo per il pizzaiolo che risparmia tempo e fatica ma drammatico per il povero consumatore/cammello.
Info: Pagina Facebook “IGPizza”