Oasi Grill, paradiso rustico del cibo genuino al centro della Basilicata
Ti appare all’improvviso mentre con l’auto stai facendo la serpentina tra incantevoli scorci montuosi, ondeggiando tra le curve, immerso tra il verde di rigogliosi boschi, nel centro esatto della Basilicata, proprio tra Matera e Potenza: è una sorta di baita, lunga e in perfetta armonia con l’ambiente circostante, dentro la quale ti senti immediatamente a tuo agio, come se il luogo ti fosse familiare da tempo.
Pareti e arredi in legno, camino sempre acceso, oggetti vintage, questa Oasi Grill risponde proprio al concetto di nomen omen, poiché ti abbaglia come un miraggio di rustica sincerità sempre più raro al mondo d’oggi.
Si trova sulla strada statale ss 407 Basentana, al km 26, in direzione Potenza, nel comune di Accettura, quindi in territorio della provincia di Matera ma in realtà davvero a un passo da quella potentina.
Un locale di ristoro alla maniera di una volta, come quelli che confortavano i viandanti con ricchi pasti caldi genuini, vino a volontà, tepore avviluppante.
Cui aggiungere grande e immediata socialità aggregante: all’interno abbiamo trovato un camionista e dopo un secondo sembrava che ci conoscessimo da sempre, mettendoci a parlare delle nostre vite, fini a quando non mi ha dispensato consigli su cosa gustare in questa Oasi.
E’ proprio il nostro nuovo amico a convincerci a fermarci a pranzare nel locale: c’è da fidarsi visto che lui qui ci pasteggia molto spesso e quando un consiglio sul mangiare bene arriva da un camionista sensibile e competente come questo che abbiamo appena cosciuto, c’è da fidarsi.
Avevamo già addentato una buona pizza in teglia, ma la vista di magnifici salumi casarecci appesi tra le stoviglie, ha subito rinfocolato l’appetito.
Qui entra più decisamente in scena il gestore, Giuseppe Sagarese, accogliente ma non melenso, gentile ma con il giusto distacco, disponibile a raccontarti tutto della sua offerta gastronomica ma senza essere mai logorroico, generosissimo nell’imbandire la tavola eppure per niente invadente, insomma l’oste perfetto, un miracolo di serietà e sereno equilibrio, tanto somigliante alla suadente austerità dell’ambiente circostante.
Ambiente che ti appare dalle grandissime finestre che danno sull’esterno, dove fortuna ha voluto che in una giornata fredda filtrasse un alito di Sole a regalarti un sorriso…
… con quel raggio che, forse non casualmente, va ad adagiarsi sui primi cibi che affiorano in tavola, quasi fosse un faro teatrale che illumina con rara grazia la messa in scena del desco.
A essere illuminata è la focaccia che da lì a poco scatenerà la nostra voracità, con la sua sapida ghiottoneria, sposandosi perfettamente con salumi e formaggi.
Salumi e formaggi che intervengono subito a scatenare la gioia di questa giornata memorabile.
Le due fettone di formaggio che occhieggiano tra le posate già inducono alla commozione. Il caciocavallo fresco sa ancora di latte appena munto e di pascoli veramente naturali, sprigionando freschezza floreale a ogni morso.
Il formaggio più stagionato, dall’intensa piccola occhiatura ben distribuita, lascia affiorare un’intensità che lascia basiti, una bontà inaudita che addentiamo con il rispetto dovuto a un simile capolavoro.
Con i salumi, scatta la commozione. Prosciutto crudo, coppa e pancetta, tutti rigorosamente prodotti in maniera artigianale dallo stesso gestore, uomo dalle mani d’oro.
Il prosciutto, tagliato al coltello e quindi dalla fetta spessa, è tenace a contatto con i denti, ma vinta la sua resistenza è un effluvio di dolcezza incredibile, con l’innesto salato di un grasso fantastico: non ricordiamo di avere mai mangiato un prosciutto simile, nemmeno tra i celebrati (a sproposito) Pata Negra, semmai il Suino Nero dei Nebrodi. Non a caso, perché anche questi salumi sono di suino nero, da antica razza lucana.
La coppa è di una golosità inenarrabile, mentre la clamorosa pancetta ha creato subito dipendenza.
Un piatto di salumi che già da solo vale il viaggio, anche a piedi, perché introvabile altrove in questi termini.
E non abbiamo ancora parlato del salame che il buon Giuseppe ci raccomanda caldamente, come fosse il suo figlio prediletto: inumidito dai liquidi di governo, ha la grana grossa tipica della lavorazione a coltello e l’altrettanto caratteristico sapore delle spezie lucane che donano anche un ammaliante colore rossastro. Magnifico.
Per contorno, ottime verdure sottolio, gustose anche da sole, accompagnate da un pezzo di pane.
Saremmo già pieni così, ma il nostro oste non vuole sentire ragioni e deve farci assaggiare il pezzo forte della casa: le fiamme stanno crepitando nel camino e pretendono che si metta carne al fuoco…
Non c’è scelta, perché anche se è ancora mezzogiorno, per il pranzo i (comprensibilmente) voraci clienti si sono già spazzolati tutto: quindi il titolare ci invita a fidarci e mette a cuocere due tagli di carne dall’ottimo aspetto, con a fianco delle patate, utilizzando un ingegnoso sistema che consente di cucinare su una piastra sospesa usando il calore del camino, mantenendo la giusta distanza dal fuoco e con la possibilità di allontanare a piacere il piano di cottura.
Ci arriva questa delizia caldissima nel piatto, la addentiamo e rimaniamo sbalorditi: ci era stata annunciata come maiale, ma ha caratteristiche da carni ben più nobili e pregiate, per la tenerezza fenomenale che la porta a sciogliersi davvero in bocca, ma anche per l’estrema dolcezza che farebbe pensare al vitello, mentre la trionfante marezzatura di un grasso sublime porta la mente a un agnello.
Confuso, chiedo lumi a Sagarese, chiedendo ironicamente e col sorriso sulle labbra “non mi prenda in giro, perché non può essere di maiale una carne così strepitosa…”. Lui non si scompone e con l’eleganza solenne di un oracolo delfico indica con il dito proteso una cornice appesa al muro, sentenziando “legga lì”: si tratta di un piccolo manifesto inscritto nel quadretto, nel quale appare la sagoma corvina di un suino sormontata dalla scritta “Antico Suino Nero Lucano”.
Strabuzzo gli occhi e gli chiedo lumi. Sagarese mi spiega così che da tempo immemore esiste questa antichissima razza locale, la quale ha rischiato l’estinzione, prima che si creasse una sensibilità per salvarlo, attraverso un’intelligente azione di salvaguardia e valorizzazione che vede coinvolta anche l’Università degli Studi della Basilicata.
Su tutto il pasto intanto ha retto adeguatamente un frugale vino rosso pugliese in bottiglia di plastica, “ottenuto prevalentemente da uve Primitivo”, distribuito da Giovanni Zullo di Santeramo in Colle (http://www.vinizullo.com/la-famiglia/), in provincia di Bari, titolare di una produzione di pregio ma che diffonde anche questo vino-base dalla beva sicura, facile e appagante.
Sinceramente emozionati per l’indimenticabile esperienza, non facciamo in tempo a ringraziare accoratamente Sagarese e mettere piede fuori dal locale che un nuovo graditissimo sobbalzo al cuore ci assale: scorgiamo un cucciolo di cane, un batuffolo canuto che ci osserva in un misto di timore e attrazione, tanto che si mette a giocare con noi a distanza, senza avvicinarsi troppo, muovendo una zampetta come se ci stesse salutando.
Mera suggestione? No, autentica magia di un luogo che rappresenta quello scorcio di mondo autentico e umano che vorremmo incontrare più spesso sulla nostra strada.
Bisogna viverlo, almeno una volta nella vita.
Di questo mondo abbiamo raccolto le immagini più belle, nel video sottostante.
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