Olio, così la Toscana tutela gli IGP anche nel mondo
Sistema Toscana, non tutta ma quella che disciplina, tutela e promuove i territori del Consorzio, meno conosciuti come la Maremma e i Colli Fiorentini. La Toscana ha il maggior numero di cultivar, produce il 35 per cento dell’olio ma arriva a certificarne oltre il 40 per cento. Rappresenta 11mila soci, 300 frantoi, 600 imbottigliatori, vende il 60 per cento all’estero (75 per cento Usa).
E gli americani rappresentano una nicchia di massa di intenditori veri, come nel vino (i primi test scandalo dell’olio li ha fatti il New York Times).
Per qualità e controlli non siamo la Spagna che controlla con una sua multinazionale Carapelli, Bertolli e Sasso, al centro di un’inchiesta.
Il Toscano Igp è extravergine e l’assaggio di tre produttori di Castagneto Carducci, Arezzo e Siena, con i tre cultivar dominanti Frantoio, Moraiolo e Leccino, comuni peraltro anche in Umbria (Marche, Sabina) è stato illuminante.
Anche perché abbinato alla cucina di Deborah Corsi della Perla del Mare a San Vincenzo (Livorno), chef ospite al Priceless dei Jre. Una modulazione di amaro fruttato e piccante fino all’equilibrio senese, dovuto alle percentuali di Moraiolo e alla scelta di una raccolta precoce. Perché l’oliva è un frutto.
La cucina di Deborah, autodidatta appassionata che ha studiato, è semplice e decisa: pochi ingredienti, il mare e l’orto, un’intuizione tecnica coerente.
Ha scelto il Toscano di Arezzo per i magnifici ravioli trasparenti, solo farina, ai gamberi rossi su verdura e croccanti e caviale. La scaloppa di orata all’olio di cenere (rosmarino e odori tostati), salsa leggera all’aglio e cipollotti grigliati. Un dolce poetico che reinterpreta la tradizione. Bravissima. Vini Antinori e il gran Muffato della Sala.
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 14 novembre 2015