Opificio Nunquam, Prato: liquori cult, distillati storici e spiriti etruschi dal genio di Fabio Goti
Una produzione talmente eccezionale che si è tentati di scomodare il trascendentale per poterne dare una possibile spiegazione, come chi efficacemente ha azzardato il paragone con l’alchimia intesa nell’accezione positiva della capacità di trasformare ogni materia in oro, perché congruo è pensare a Fabio Goti come il Re Mida della liquoristica, capace con il suo Opificio Nunquam a Prato di tradurre ogni materia prima in gioia di bere con il suo tocco di sapiente artigiano che però con rigoroso afflato culturale sposta le istanze del settore dall’edonismo ludico del mixologism al territorio in crescita dell’approccio colto e consapevole agli alcolici di pregio.
Questo piccolo laboratorio delle meraviglie si trova in una frazione della città toscana chiamata Tavola, dove Fabio insieme a Cristina cura “personalmente tutte le fasi delle lavorazioni dei prodotti a cominciare dalla selezione e l’acquisto di erbe e spezie di assoluta qualità”.
Materie prime che occorrono “per aromatizzare in maniera totalmente naturale il Vermouth e i Liquori in generale, per continuare con la macerazione di queste erbe e spezie in un apposito contenitore d’acciaio (maceratore) insieme ad alcool neutro e nel caso del vermouth anche in un ottimo vino bianco toscano per il tempo necessario, il tutto assolutamente senza l’ausilio di nessun tipo di aroma naturale o coloranti aggiunti”.
Durante questo periodo “l’alcool e/o il vino vengono giornalmente rimontati in maniera sempre manuale, affinché le erbe e le spezie che tendono a venire in superficie entrino in contatto con la maggior parte possibile del liquido messo insieme per la macerazione; dopo la separazione dell’alcool (vino) aromatizzato dalle spezie ed erbe macerate, il tutto viene messo a maturare in ambiente idoneo con l’aggiunta di una giusta dose di zucchero: dopo alcuni giorni si passa alla filtrazione finale che deve essere assolutamente lenta per non traumatizzare il prodotto”.
Il continuo riferimento agli Etruschi nella produzione dell’Opificio non è una strategia di marketing, bensì il frutto di studi storici approfonditi e di un forte senso di radicamento identitario dei titolari.
Lo spiegano sul sito aziendale dove dopo avere ricordato che “la Toscana ha radici etrusche e non fa eccezione il territorio pratese che può vantare l’area del Monteferrato e soprattutto l’area archeologica di Gonfienti”, spiegano l’importanza di quest’ultima fondata nel VI secolo a.C. e per duecento anni “importante centro commerciale dell’Etruria, al punto da aver sviluppato anche un’attività tessile”, in questo modo anticipando “almeno 2500 anni la moderna attività di Prato”, circostanza nella quale vedono “dimostrazione di una forte continuità”.
Viene anche sottolineata la profonda conoscenza da parte degli Etruschi del mondo vitivinicolo, sapienza trasmessa anche ai Romani. Tra le pratiche enologiche etrusche vi era quella di aromatizzare e addolcire il vino come sarebbe accaduto ancora fino al periodo medievale “per coprire i difetti dovuti alle limitate tecniche produttive e di conservazione”.
Nell’abitudine rientrava l’aggiunta di “miele, erbe, fiori, spezie, resine, in pratica “erano state messe le basi per fare il Vermouth come lo conosciamo oggi”.
Tra i pregiati prodotti che rientrano nella Etrurian Premium Line (insieme a Camars, Evan e Masso delle Fate) c’è l’amaro Tifeo, dedicato al turbolento personaggio mitologico che per la tradizione greca ed etrusca personificava la Madre Terra.
Riferimento perfetto alle sensazioni terrose che regala e alla potenza di fuoco quasi ipogea del suo impatto alcolico. Il produttore dichiara l’intenzione di donare al palato “una sinfonia di note amaricanti, agrumate, speziate e dolci davvero suadenti” e riesce perfettamente nell’intento con “un raffinato e sapiente assemblaggio di liquori antichi quali China, Kola e Rabarbaro”, in cui si riscontrano anche sfumature linfatiche degli elementi vegetali che irrorano un pizzico di freschezza in un impianto organolettico destinato a un bevitore esperto e sensibile.
Sempre di riscoperta si parla per due dei Vermouth della casa.
In particolare per il commovente recupero del Vermouth Bianco di Prato, avvenuto nel 2007 utilizzando “le stesse modalità di lavorazione della ricetta originale del 1750”: è così stato salvato un elemento identitario della città “ormai scomparso da oltre sessanta anni dalle nostre tavole”.
Esso “risale a una tradizione contadina ormai scomparsa: veniva prodotto dalle massaie con uva bianca non ancora matura ed erbe raccolte nei campi e servito come aperitivo o digestivo durante le feste natalizie”.
L’approccio olfattivo all’apertura sembra tenue e delicato, in realtà nel giro di qualche istante incanta fino all’estasi con un sublime bouquet che intreccia alloro, gelsomino e tè verde capace di farti chiudere gli occhi e condurti al sogno.
La ricchezza degli ingredienti (Enula campana, genziana, galanga, cannella, calamo aromatico, chiodi di garofano, centaurea, assenzio pontico e romano, coriandolo, noce moscata, bucce di limone e di arancia dolce e amara) mantiene un incredibile equilibrio sul piano della speziatura gentile, traducendosi in un insieme di carezze al palato che dopo avere espresso il dolce-amaro e una punta di stuzzicante aspro confluiscono verso una chiara impronta umami, tale da rendere il sorso instancabile ed eclettico negli abbinamenti.
L’omologo che ci ha colpiti è l’Ippocrate, un vermouth particolare creato “seguendo un’antica ricetta lasciata dal nonno materno di Fabio”.
E’ dedicato alla nobile figura di Ippocrate (Kos, 460 a.C.– Larissa, 377 a.C.) non tanto in quanto padre della medicina moderna bensì quale inventore “del vinum absinthiatum (il vino ippocratico), ottenuto facendo macerare nel vino i fiori del dittamo di Creta e dell’artemisia absinthium”, praticamente “la ricetta base del Vermouth che si arricchì quando i mercanti veneziani prima e via via tutti gli altri, compresi i mercanti pratesi, portarono dall’India, dall’Indonesia e dall’Africa Orientale spezie e droghe”. Questo prima di secoli di evoluzioni e trasformazioni che condurranno alla versione moderna del Vermouth.
Nel caso dell’Opificio questa creazione è ottenuta “con la macerazione di ben 15 tipi diversi di erbe e spezie” (vino bianco toscano [trebbiano, vermentino, roussanne, chardonnay], alcool neutro, zucchero, amarasche selvatiche, enula campana, cannella, calamo aromatico, centaurea minore, coriandolo, genziana, assenzio pontico, assenzio romano, galanga, chiodi di garofano, noce moscata, scorze di limone, scorza di arancia dolce, scorza di arancia amara), mentre l’aggiunta delle visciole “ha conferito al prodotto una nota aromatica, fruttata ma ben integrata nell’equilibrio complessivo del prodotto”.
Qui l’impatto è più sostenuto, soprattutto sotto il profilo aromatico, dove effettivamente si assiste a un trionfo della ciliegia, tanto al naturale (al naso) quanto al palato (come fosse nel suo sciroppo), nonché all’affermarsi di un deciso carattere zuccherino che punta alla seduzione senza mezzi termini, sfoggiando spudoratamente aromi agrumati cui è impossibile resistere.
A questo punto confessiamo l’innamoramento totale per la linea Citrus & Co., impressionante sequenza di soli capolavori da porre ai vertici assoluti della liquoristica mondiale.
Rappresentavano nella loro concezione il più probante banco di prova per Goti, poiché qui spariva la possibilità di mescolare le essenze fino al raggiungimento di prodigiosi equilibri dettati da numerosi elementi, per passare invece a una terribile sfida diretta con il dominio assoluto di un singolo ingrediente, nella fattispecie sempre un frutto di grande personalità difficilissimo da governare.
E’ proprio qui che sconvolge la mano di Goti, miracolosa nell’estrazione non soltanto dell’esatta quantità necessaria di oli essenziali per fare vibrare di piacere la gola, bensì con il talento metafisico di acquisirne l’essenza più profonda di elemento vegetale, come applicando la maieutica socratica tanto al frutto quanto al suo spirito.
Così il Citrus Limon rinvigorisce i sensi con la zampillante freschezza dei suoi toni golosamente aspri, trasportando il degustatore in una limonaia in piena fioritura e in un trionfo di zagara…
… il Citrus Sinensis Liquore di Arance Toscane invece ci fa scoprire la sorprendente intensità vitaminica di questi frutti autoctoni di una regione che non si pensava potesse essere a essi vocata;
… il Citrus Bergamia Liquore di Bergamotto poi arrivi a sentirlo sulla pelle perfino nel suo aspetto cosmetico, così preciso nel raffigurare ciò che emette la sua buccia appena grattata o lo spicchio che ti stravolge al primo morso…
… ed è davvero frutto della passione il Passiflora Edulis che con la sua consistenza densa, cremosa e quasi masticabile ti porta in bocca una sorta di composta di maracuja dove il frutto è praticamente vivo, con la sua monumentale acidità aromatica che manda in visibilio.
Entriamo nel dettaglio con Lavinia Goti nel video che potete trovare subito qui di seguito.
Info: https://opificionunquam.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/opificio-nunquam/