Osteréa dè la Anetì, la vera cultura gastronomica di Bergamo
Una vera grande osteria che rappresenta non soltanto un’esperienza ludica, ma anche storica e antropologica: l’Osteréa dè la Anetì in via Pinamonte da Brembate 10 a Bergamo è un’istituzione culturale importante quanto l’Accademia Carrara, tutelando l’identità bergamasca con il recupero delle sue tradizioni alimentari ancestrali.
Come nel caso di un piatto commovente come la Polenta e latte, antico pasto povero della sera che qualunque lombardo proveniente dal mondo contadino ricorda ancora ma che si era perduto: non potendo usare – a causa delle ridicole fisime dei salutisti e delle leggi sanitarie liberticide – il latte appena munto, se ne ricrea la cremosità aggiungendo al latte intero “un pizzico di mascarpone e un goccio di panna fresca”.
Se ne può gustare anche la pazzesca versione gelato, prodotta dalla Gelateria Pan di Zucchero a Villa d’Alme…
… servita con l’aceto invecchiato bergamasco, il Balsamo degli Angeli, elisir più delicato di quello emiliano e quindi in grado di sposarsi bene con i cibi senza coprirne il sapore.
Nel “menu bergamasco” l’apertura è affidata a formaggi e salumi della zona. L’arte casearia che ha reso Bergamo capitale europea con nove dop, qui è ben rappresentata dallo strepitoso Strachitunt, potente erborinato, quindi dagli ottimi Branzi, Formai de Mut, formaggella della Val di Scalve e dal re Taleggio.
Tra i salumi, troneggia la Bresaola Orobica, insieme a un delizioso prosciutto crudo, al lardo e all’archetipico salame bergamasco.
Stessa intensa ricerca nei primi.
Immancabili i Casoncelli alla bergamasca (i più buoni in città)…
… meno scontato trovare un’antica pasta ripiena povera proveniente dalla piccola località di Parre, gli Scarpinòcc, dal ripieno di pane e formaggio.
Ci siamo fatti raccontare questo “menu bergamasco” dell’Osteréa dè la Anetì da Silvia Verzeri e Paolo Gherardi.
Tra le altre specialità, molto apprezzati gli Gnocchi della Anetì: “l’impasto è quello classico, noi però li teniamo abbastanza più consistenti e grossi”, mentre “il condimento è una fonduta con un nostro mix di formaggi, con aggiunta di panna fresca, crema di radicchio e nella mantecatura una spolverata di grana padano”.
Curatissima e mirata la selezione dei vini e delle birre artigianali, tutti dei dintorni. Quella dell’Anetì è una cucina che chiama vini rossi e quelli della Locatelli Caffi non tradiscono, soprattutto l’equilibrato I Filendri, taglio bordolese di Merlot (50%) e Cabernet Sauvignon (50%).
Dopo pasto da affidare certamente alla Pòta! Che Grappa prodotta nel comune di Mapello per conto delle Distillerie di Sarnico da “vinacce prodotte e vinificate da aziende vitivinicole della provincia di Bergamo”, sul cui sito si afferma che “questa grappa è l’unica distillata in provincia di Bergamo”, dal 1897.
Buone anche le grappe di Locatelli Caffi.
La Anetì è una delle osterie più rigorose e appaganti di tutta Italia, a partire dall’uso dell’idioma bergamasco per il menu e il sito: scandaloso che non sia stata inserita nella guida di Slow Food, forse in assoluto la più grave delle mancanze sempre più numerose di questa pubblicazione un tempo maggiormente attendibile e oggi in sensibile calo.
Per fortuna i clienti ne capiscono più dei collaboratori delle guide e affollano questo locale, tributandone un meritato trionfo.
La parola a due dei quattro soci di questo gioiello della ristorazione italiana, per descriverci davanti alla telecamera la filosofia del locale.
Info: www.aneti.it