Osteria Cipolla Rossa: la vera cucina di Firenze è contadina
Fino a quando ci sarà un personaggio come Nicola Schioppo, ci sarà speranza per la vera cucina italiana. Perché Schioppo è la perfetta antitesi di tutta la droga di massa inoculata da programmi televisivi beceri e guide inutilmente elitarie: personifica la gioia di stare in cucina con semplicità, senza grilli per la testa.
Uno che ha rispetto per tutti ma che va avanti per la propria strada, lastricata di tradizione, tanto che se gli chiedi un commento sul più importante stellato di Firenze ti dice che è “un gradissimo, ma fa un altro mestiere”.
Sì, perché il mestiere di Schioppo è il non arrendersi alla scomparsa dell’identità culinaria fiorentina: così ricerca incessantemente vecchie ricette, antiche preparazioni, assumendosi il ruolo di tutore dei beni culturali gastronomici della città.
Questo senza rinunciare all’eleganza (basti osservare l’arredo del suo locale), al savoir-faire (piace alla gente che piace) e alla conoscenza della modernità (non c’è giovane produttore enologico che non conosca).
Tutto ciò dentro un locale che ha un nome tutt’altro che ruffiano come Cipolla Rossa. L’Osteria si trova in via dei Conti 53/r, “nel cuore del centro storico fiorentino, nel quartiere del caratteristico mercato di San Lorenzo, a due passi dalla chiesa omonima e dalle famosissime Cappelle Medicee con le celebri sculture di Michelangelo”.
L’allettante programma del locale annuncia “innumerevoli conserve, tipo sott’aceti, sott’olii e marmellate varie, tutto rigorosamente preparato dalla nostra cucina”, un menù che “verte principalmente sui piatti tipici fiorentini, spaziando dai suddetti antipasti alla pasta fatta in casa con sughi della tradizione, per culminare con la regina della nostra cucina, che è la bistecca di femmina, tanto buona quanto rara da reperire”, mentre “la lista dei vini annovera circa un centinaio di etichette, di provenienza non del tutto comune”.
Ciò che trovi poi supera le promesse ed è perfino più di quanto si possa immaginare e desiderare. Perché da buon oste di una volta Schioppo è pronto a suggerirti deviazioni, divagazioni, scoperte, alla luce di quanto ha dettato la spesa del mattino e la stagionalità dei prodotti.
Già, i prodotti. Come quell’olio extra vergine d’oliva che fa capolino per primo in tavola: prodotto dal Frantoio Pruneti di San Polo, nel cuore del Chianti Classico, la sua potenza organolettica sospesa tra amaro e piccante è capace di esaltare al massimo sia la fettunta con i fagioli bianchi che la bruschetta. Non hanno bisogno di aggiunte invece gli eccezionali crostini con i fegatini.
Sono il viatico per una sbriciolona di miracolosa bontà, vellutata e carezzevole al palato. Il lardo di Colonnata si scioglie in bocca sprigionando fresca sapidità, mentre il salame del senese è autenticamente contadino.
Il prosciutto crudo di Scarpaccia arriva dal Casentino, “alta valle dell’Arno ricca di boschi che va dalla sorgente del fiume nel monte Falterona fino alle porte di Arezzo”, dove “i più anziani ricordano una razza locale di colore scuro adattata a vivere in allevamento brado o semibrado, rustica della quale se ne sono perse le tracce”, mentre “in un testo storico dell’Ottocento si citano prosciutti pregiati che erano spediti perfino in Germania e in Inghilterra” (www.cm-casentino.toscana.it): adesso è stata recuperata questa tradizione antica, il cui risultato è un salume delicato e aromatico, in perfetto equilibrio tra dolce e salato.
Intorno a questo trionfo di salumi, si ergono i sottaceti della mamma di Schioppo, Gabriella Righi: molto acetosi, ma di aceto vero parliamo, sono fragranti e sinceri, ma soprattutto golosi. Applausi alla signora Gabriella, casalinga che ha molto da insegnare all’industria professionale delle conserve.
Intanto scopriamo che alla Cipolla Rossa anche il pane è molto più buono della media cittadina, mentre la tavola viene illuminata da un Trebbiano di Capezzana del 2007: un bianco che si beve quasi come un rosso, molto minerale, ben sapido, denso, con una patina dolce meravigliosa.
Passando ai piatti caldi, si comincia con il zuppangolo, il quale varia ogni giorno: a noi, fortunatamente, tocca la minestra di lampredotto e cavolo nero con crostini di pane, sublime e ancestrale bontà, con la verdura che dà freschezza alla carne tenerissima.
Sotto quindi con le pappardelle al sugo di stracotto di guancia: commuove sapere che la lunghissima cottura è durata oltre sei ore, lasciata “a girare” affinché la carne inizi ad ammorbidirsi, fino a quando l’olio non viene tutto a galla annunciando che la pietanza è pronta. E’ una pasta che dà gioia alla masticazione, intrisa della densità estrema di un sugo clamoroso.
Con un piatto di questa importanza, entra in scena il Chianti Rodano del 2008: pepato al naso, sa di frutta matura e ha accenti balsamici, con un grande corpo che ne fa un vino da masticare.
Un simile nettare deve sostenere il capolavoro conclusivo di Schioppo, un maialino grigio, nato da un incrocio, cucinato con la cotenna: il grasso ai bordi, sgranocchiato, è una scala per il paradiso, su cui si sparge un persistente sentore di selvatico.
Ultimo tocco di classe, una cheese cake cruda: fantastica.
Corriamo a cercarlo tra cucina e sala, per farci spiegare cosa sia davvero la cucina fiorentina e come faccia a coltivarla nelle sue declinazioni più antiche.
Info: www.osteriacipollarossa.com